Le SS lo bruciarono vivo. A lui e all’ing. Vassallo, compaesano che lo aveva aiutato ad ottenere ciò che i tedeschi stessi gli avevano chiesto: la restituzione di due ostaggi catturati dai partigiani.
Don Giuseppe Bernardi, parroco di Boves, aveva accettato di fare da mediatore per salvare i suoi concittadini. Ma aveva chiesto al comandante tedesco di mettere per iscritto che se fosse riuscito a far restituire gli ostaggi, loro non avrebbero fatto del male ai civili. “La parola di un ufficiale tedesco vale più di cento firme italiane”, gli rispose stizzito l’SS.
E così quando tornò in paese, assieme a Vassallo fu messo nella piazza centrale ad assistere all’eccidio. Le SS ammazzarono quasi trenta persone, tutti vecchi, invalidi, donne e bambini. Tra loro anche il vice parroco di Bernardi, il ventitreenne Antonio Ghibaudo, che venne ammazzato mentre dava l’assoluzione a un anziano che stava morendo, ferito da un tedesco.
Quando l’eccidio terminò, portarono Don Bernardi e Vassallo a vedere il paese bruciato e i corpi esamini a terra. Poi gli spararono e diedero loro fuoco, facendoli morire tra le fiamme mentre ancora respiravano.
La parola di un tedesco vale più di cento firme italiane. Con queste parole iniziò il 19 settembre del 1943 l’eccidio di Boves, il primo eccidio nazista in Italia. Ne seguiranno molti altri, con migliaia di morti innocenti.
A loro, il ricordo di tutti noi.
Leonardo Cecchi
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