Il tentativo della giunta Alemanno di vendere buona parte di Acea, la ex municipalizzata romana; la volontà da parte di molti comuni del nord-est di creare un'unica grande multiutility, simile ad una multinazionale privata, che gestisca energia, acqua e rifiuti. È sempre più evidente la distanza delle istituzioni dalla volontà espressa dai cittadini italiani con i referendum. Come riattivarsi a un anno dal referendum.
di Andrea Degl'Innocenti - 19 Giugno 2012
La campagna di obbedienza civile è un modo concreto con cui i cittadini possono pretendere il rispetto degli esiti referendari
Così inizia il comunicato diffuso dal Forum italiano dei movimenti per l'acqua, principale promotore dei referendum dello scorso anno. È piuttosto avvilente dopo un anno trovarsi di nuovo a scrivere, per l'ennesima volta, che nulla è cambiato o che, laddove è cambiato, lo ha fatto in peggio. Che l'acqua è ancora in mano ai privati in gran parte del territorio italiano; che le loro quote, invece di diminuire fino ad estinguersi, stanno aumentando; che nessuna amministrazione locale ha eliminato quel 7 per cento di profitti garantiti per il gestore del servizio.
Pochi giorni fa, il 13 giugno, si è celebrato il primo compleanno della vittoria referendaria. A Roma, gli attivisti del Coordinamento romano acqua pubblica (Crap) lo hanno “festeggiato” con facce che andavano dal triste all'arrabbiato, davanti al Campidoglio, cercando di impedire che la giunta Alemanno portasse a termine l'ennesima svendita di Acea.
Il
tentativo di cessione del 21 per cento di Acea da parte della giunta
Alemanno ha scatenato le proteste degli attivisti del Crap
Per diversi giorni gli attivisti del Crap, appoggiati dall'opposizione, si sono presentati alle sedute del consiglio comunale cercando di impedire l'approvazione dell'emendamento. Talvolta la protesta è sfociata negli scontri fisici, come testimonia il video qui sotto, girato durante la seduta dell'11 Giugno.
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