martedì 19 giugno 2012

Accordi Italia_Libia: nulla muta



Ricominciare da Gheddafi. Nessuna discontinuità con il precedente governo nella politica di lotta all'immigrazione clandestina dell'esecutivo Monti. Sembra questo il senso dell'accordo sottoscritto lo scorso 3 aprile dal Ministro Cancellieri con il Ministro dell'Interno Libico Fawzi Al Taher Abdulali, di cui le organizzazioni per i diritti umani, assieme a Repubblica.it3, avevano ripetutamente chiesto i contenuti. Un testo che ricalca in molti punti le vecchie intese sottoscritte con il dittatore da Berlusconi, in particolare quella sui respingimenti in mare, che erano stati condannati a febbraio dalla Corte dei diritti umani di Strasburgo.  

Accordi legalmente inapplicabili. "Adoperarsi alla programmazione di attività in mare negli ambiti di rispettiva competenza, nonché in acque internazionali, secondo quanto previsto dagli accordi bilaterali in materia e in conformità al diritto marittimo internazionale", si legge alla voce Monitoraggio dei Confini. Voce ampiamente contestata da Amnesty International 4, per la quale non solo "Non è chiaro quali siano gli accordi bilaterali in materia, citati nel testo", ma "nella situazione attuale è da escludere che possano applicarsi in conformità con le norme internazionali sui diritti umani". 

I rischi di gravi violazioni. Secondo l'Organizzazione, infatti, con la Libia di oggi, un paese nel quale lo stato di diritto è assente, in cui i cittadini stranieri languono in carcere alla mercé delle milizie che dirigono i centri di detenzione, sottoposti a maltrattamenti, sfruttamento e a lavoro forzato, un accordo sul contrasto dell'immigrazione illegale comporta rischi di gravi violazioni dei diritti umani. Il documento - processo verbale della riunione delle due delegazioni - parla inoltre di "Programma di addestramento da parte dei nostri funzionari in favore di ufficiali di Polizia libici in vari settori della sicurezza tra cui tecniche di controllo della polizia di frontiera (confini terrestri e aeroporti)" e della costituzione di un "centro di individuazione di falso documentale" e un "centro di addestramento nautico" presso la nostra ambasciata di Tripoli. L'Italia si impegna inoltre a fornire mezzi tecnici e attrezzature al governo libico.

Il punto che preoccupa di più. Quello che preoccupa maggiormente però è il punto che parla della costruzione di un "centro sanitario a Kufra, per garantire i servizi sanitari di primo soccorso a favore dell'immigrazione illegale". La cittadina a sud della Libia è infatti uno dei principali varchi a cui approdano i flussi di migranti e profughi provenienti da Egitto, il Sudan, il Ciad e diretti verso il miraggio europeo. Secondo Amnesty, "Kufra non è mai stato un centro sanitario, né tantomeno un centro di accoglienza, ma un centro di detenzione durissimo e disumano. I cosiddetti centri di accoglienza di cui si sollecita il ripristino, chiedendo collaborazione alla Commissione europea hanno a loro volta funzionato come centri di detenzione, veri e propri luoghi di tortura. Ciò, nella situazione attuale, significa che l'Italia offre collaborazione a mettere a rischio la vita delle persone che si trovano in Libia". 

Nessuna distinzione fra migrante e rifugiato.
 Il paese nord africano infatti non ha mai sottoscritto la Convenzione di Ginevra del '51 sullo status di rifugiato politico e non facendo distinzione tra richiedente asilo e migrante, nonostante tra coloro che approdano sul suo territorio ci siano persone che fuggono da conflitti e persecuzioni, come eritrei, etiopi e somali. Nulla è cambiato dunque rispetto al pre-rivoluzione del 17 febbraio? Archiviata la guerra, i nostri rapporti con l'ex colonia sembrano non aver cambiato passo, nonostante il Paese non abbia ancora né un Parlamento regolarmente eletto né una costituzione che dovrebbe uscire dalle elezioni del prossimo 7 luglio. Intanto, il deputato del Pd Jean-Leonard Touadi ha chiesto al Ministro Cancellieri di riferire in Parlamento i termini dell'accordo fino ad oggi rimasto blindato.

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