Oggi sono stata ad Ascoli Piceno. Volevo portare la mia solidarietà a Lorenza Roiati, la fornaia antifascista alla quale è stato chiesto di identificarsi.
Da antifascista, da senatrice, volevo esserle accanto, prima di andare a incontrare in prima persona i rappresentanti del potere sul territorio. Per chiedere spiegazioni su quanto accaduto il 25 aprile.
La faccio breve.
Il sindaco non mi ha ricevuto, perché “non ho richiesto un incontro formale”. Abbiamo parlato solo al telefono, alla presenza dei suoi collaboratori.
Durante il colloquio ho sentito diverse teorie, compresa una che mi rimarrà impressa: i vigili sarebbero intervenuti per l’identificazione perché lo striscione costituirebbe una pubblicità commerciale, un modo scorretto per promuovere la vendita dei prodotti del forno. Lascio a voi i commenti.
Aggiungo che ho scoperto, al termine della chiamata, di essere stata registrata. Come se per me fosse un problema. Anche qui, lascio giudicare a voi.
Il prefetto e il questore, invece, mi hanno ricevuto. Ne ho apprezzato la disponibilità al confronto, cosa evidentemente non scontata di questi tempi. Ho chiesto di fare il possibile per accertare le responsabilità sui fatti del 25 aprile, incluse le ignobili scritte che qualche camerata cuor di leone ha voluto esporre con il favore del buio.
Un agguato vigliacco a Lorenza, e ai nostri stessi diritti. Che oggi corrono un pericolo di cui dobbiamo essere tutte e tutti consapevoli.
Sì, perché la verità è che oggi, ad Ascoli Piceno, in Italia, le antifasciste sono state costrette a chiedere spiegazioni, dopo che una di loro è stata identificata dalle autorità. Autorità che, a tutti i livelli, avrebbero dovuto esprimere solidarietà a Lorenza. E che invece hanno lasciato, al posto della vicinanza, un grande silenzio.
Quello che rimane della democrazia, quando le parti si ribaltano
Ilaria Cucchi

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