Chiede di sapere se il superiore ha fatto il concorso per essere assunto nei ruoli della Pa, come prevede la legge. L'ente prima non risponde poi la sanziona (verrà condannato per questo). Dopo anni di guerra legale la donna si rivolge al giudice e in un'aula di tribunale denuncia: "Questo rischia chi pretende trasparenza e rispetto delle leggi: hanno preso 10 anni della mia vita, non deve accadere ad altri"
“C’è una funzionaria che da cinque anni viene pagata per non far nulla, ma proprio nulla cagionando un danno erariale di almeno 200mila euro. E quella funzionaria, signor giudice, sono io”. Aula 5 del Tribunale di Crotone, a parlare così – sotto giuramento – è Maria Teresa Arcuri,
funzionario direttivo presso la sede provinciale Inps del capoluogo
calabro. Interviene perché si celebra il processo contro ignoti che
hanno violato il suo ufficio prelevando documenti di servizio. Scorrono
le immagini delle telecamere. Ma il momento clou dell’udienza è quando
il giudice chiede del suo impiego presso l’ente ed è lì che la
funzionaria denuncia se stessa e racconta una storia kafkiana che
anticipa, a suo modo, la legge sul whisteblowing appena approvata dal Parlamento.
Chi conosce la signora Arcuri, per primo il suo legale Gian Paolo Stanizzi, sa che non sarebbe mai arrivata a tal punto se non fosse stata presa e messa in un angolo “per pura rappresaglia”. E perché mai? Perché la signora Maria Teresa, un giorno, ha deciso di vederci chiaro sul contratto del suo diretto superiore,
dubitando che avesse i titoli per l’assunzione nei ruoli della pubblica
amministrazione, non avendo svolto alcun concorso come vuole la legge.
Circostanza mai negata da tutti i soggetti investiti del caso che, nel
Paese dei concorsi truccati, segnerebbe un ulteriore passo verso il
baratro: il posto si ottiene senza neppure sporcarsi le mani, perché il
concorso da aggirare neppure serve più. Evaporato, puff.
La signora Arcuri inizia a pensarlo a maggio 2011, scorrendo il cv del suo “capo” sul sito dell’Inps. Così pone la questione all’interno dell’ente e mal gliene incolse, perché il 23 gennaio del 2013 viene rimossa da direttore dell’agenzia di Cirò Marina. “Per sanzioni prive di fondamento e mirate ad ottenere la mancata reiterazione di richieste scomode alle quali l’INPS non ha voluto rispondere”, racconta l’avvocato Stanizzi. “A questo punto ritengo che non possa esserci più dubbio alcuno sulla veridicità di quanto sostiene la signora Arcuri. Come risulta chiaramente dal curriculum la stessa dirigente non ha dichiarato di aver superato alcun concorso per diventare tale. E allora, da sempre, ci chiediamo come abbia mai fatto l’Inps a nominarla”. Ma mentre la signora lo chiede a mari e monti succede qualcosa che è poi il cuore della storia. E’ ancora l’avvocato a parlare: “Da allora – come la stessa funzionaria mi ha riferito, per le ragioni che difendo – lei che è dipendente effettiva poiché titolare di pubblico concorso viene demansionata, isolata, sottoposta ad inferiori, costretta all’inattività, privata della stanza direzionale e delle procedure, anche quelle basilari”. Tutto per aver chiesto tramite accesso agli atti di sapere se il superiore gerarchico aveva i titoli per stare dove sta. Dubbio poi confermato da una relazione dalla Guardia di Finanza con annotazione trasmessa alla Procura di Crotone che “ipotizza la truffa perpetuata in danno dello Stato, nonche’ statuito dalla Sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, Sezione lavoro”. Riavvolgiamo la storia.
Nel 2010 il superiore viene nominato direttore della sede provinciale dell’Inps di Crotone. Tra lei e la sottoposta Arcuri i rapporti degenerano presto. Quest’ultima dubita delle capacità del “capo” al punto da domandarsi se abbia poi le qualifiche per la mansione che svolte, si fa lo scrupolo di verificarlo. Dopo un anno, è il maggio 2011, si decide a scrivere alla direzione delle risorse umane presso la sede centrale di Roma allegando una richiesta di accesso ai dati concorsuali della “capa” ma la richiesta viene rigettata adducendo la “mancanza di interesse diretto, concreto e attuale”. La funzionaria prende carta e penna e scrive al magistrato della Corte dei Conti che svolge funzioni di controllo e anticorruzione interno all’Inps nonché al collegio dei sindaci. Passa un altro anno e mentre le risposte latitano si materializzano procedimenti disciplinari per chi poneva le domande: l’11 luglio 2011 la dirigente del personale, pur informata del sospetto, non lo approfondisce ma sanziona con un rimprovero chi lo denuncia, anche alla Procura di Crotone. Ne nasce un contenzioso che in ultimo, lo scorso marzo, sarà ribaltato in favore della dipendente dalla Corte d’Appello di Catanzaro che condannerà l’Inps a pagare 11,500 euro di spese legali. Ma la vita si fa dura per la dipendente che bussa ad altre porte come l’Anac che archivia la segnalazione non trovando elementi per l’anticorruzione e tuttavia manda un fascicolo all’Ispettorato per la funzione pubblica di cui non si ha più notizia. Nel frattempo è la dirigente accusata di occupare illegittimamente il posto a lanciare la controffensiva: nel 2011 sporge querela contro chi la accusa, denuncia che – raccontano i legali – finirà nel nulla “perché non riuscirà effettivamente a dimostrare di aver superato un concorso pubblico per l’immissione nei ruoli dei dirigenti pubblici”. Possibile?
Nel 2001 la dirigente aveva superato solo un concorso interno in un consorzio-azienda speciale della Provincia di Crotone (Copross) per la gestione di servizi sociali per poi transitare nei ruoli dirigenziali del Mef a giugno 2005 e dell’Inps nel 2009, secondo un percorso di cessione dei contratti a tempo determinato non proprio lineare, se anche un’informativa della Guardia di Finanza ipotizza la truffa aggravata e lo stesso Tribunale di Crotone rileva possibili reati contro la pubblica amministrazione. “Quel che è certo – scrivono nell’ultima sentenza – è che rilevanti profili di illiceità emergono dalla vicenda che l’istanza di accesso atti dell’odierna appellante mirava a chiarire. E che il diniego opposto dall’Istituto, prima e, addirittura, la sanzione disciplinare inflittale, poi, miravano oggettivamente ad occultare. Ragione per la quale (essendo l’autorità inquirente ordinaria già a conoscenza della vicenda) si disporrà, con missiva a parte, la trasmissione degli atti di causa alla competente procura contabile, per valutare i profili di danno erariale eventualmente emergenti”.
A detta informativa, spiegano i legali della signora Arcuri, non seguono però azione penale o di responsabilità erariale. Il senatore M5S Nicola Morra nel 2015 interroga il ministro della Funzione pubblica che risponde che la vicenda è stata effettivamente approfondita nel 2012 dall’ufficio per l’organizzazione e il lavoro pubblico che non ha riscontrato criticità nel passaggio dell’interessata da un amministrazione dello Stato all’Inps, dato che le “le verifiche, le valutazioni e le conseguenti determinazioni per l’attuazione di trasferimenti di personale in mobilità volontaria sono rimesse alle amministrazioni direttamente coinvolte”. Insomma, se sta bene agli enti che problema c’è? L’Inps, sollecitata sul caso, non fornisce prova del possesso del titolo abilitativo (il concorso superato) ma si limita a riprodurre quella risposta contro la quale la signora battaglia da anni pagando anche alti prezzi, fino alla autodenuncia di se stessa, in un’aula di giustizia. “Hanno preso 10 anni della mia vita, non deve accadere ad altri”
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/11/29/crotone-funzionaria-inps-si-autodenuncia-da-5-anni-sono-pagata-per-non-far-nulla-la-dirigente-non-ha-titoli-puniscono-me/3982738/
Cassese71
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