La ricetta è antichissima ma non sono in molti a conoscerla. C’è una strana medicina che al dominio della finanza sulla vita delle persone fa molto più male di una bastonata allo sportello del bancomat. Si chiama Mutua Autogestione, noi abbiamo fatto il pane con quella di Roma. Perché il pane? Ma è ovvio: per divertirci insieme e per capire come colpire al cuore il sistema che umilia la dignità delle persone e la sottomette all’astrazione delle relazioni sociali dentro le cose, cose così come il denaro
Quando avranno inquinato l’ultimo fiume, abbattuto l’ultimo albero, preso l’ultimo bisonte, pescato l’ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter mangiare il denaro accumulato nelle banche (1)
di Comune*
Sul tavolo ci sono un paio di recipienti con la pasta madre, una brocca d’acqua, un barattolo con il sale. Poco più in là, alcune posate in legno e dei grembiuli, un contenitore con il malto d’orzo, una piccola bilancia e tre sacchetti, le cui etichette dicono: farina bio di grano tenero e di grano duro, semola integrale. Accanto, su un altro tavolo, qualche penna e dei fogli, un registratore e una macchina fotografica. La mensa di Scup, spazio occupato romano nel quartiere di San Giovanni, è molto luminosa e oggi ospita una conversazione tra noi che facciamo Comune e Cinzia Cimini ed Erika Lombardi. Loro, insieme a diversi altri coraggiosi, da ormai otto anni danno un volto a Mag Roma. Germano, invece, che di anni ne ha solo cinque, oggi non è andato a scuola. Ha detto a mamma Erika che aveva una gran voglia di restare con lei, a imbiancarsi le mani con le farine.
Il fatto è che “Facciamo il pane insieme”, il nuovo dossier-laboratorio, noi l‘abbiamo preso piuttosto sul serio. Questa con Mutua per l’autogestione (Mag ) è solo la prima delle conversazioni che inventeremo mentre facciamo il pane. Non è la stessa cosa conversare mentre si scarabocchia un blocco notes e mentre si ammassa. Per fare il pane, suggerisce Annarita, servono delicatezza ed energia. E, come nella vita, sono la qualità dell’amalgama e le proporzioni delle dosi a fare la differenza. Ivan Illich raccontava che il suo metodo di ricerca continua era fondato su gruppi di amici che si incontravano per affrontare discussioni intorno alla tavola, magari davanti a un piatto di spaghetti e un buon vino. Alle spalle, loro, avevano il conforto di una ricca biblioteca. Qui c’è una biblioteca a cui tengono molto e ci sono pure la palestra popolare e moltissime altre cose. Noi siamo proprio di fronte alla cucina, la postazione ideale per capire che la qualità del pane sfornato dipenderà anche dalla qualità della nostra chiacchierata.
Spacciare pasta madre
Annarita ha contribuito in diversi modi a fare Comune, fin dall’avvio di questa nostra nuova avventura. Tra le altre cose, promuove i laboratori di autoproduzione e spaccia pasta madre, il lievito naturale. “La pasta è ricca di vita – dice a Cinzia, Erika e Germano mentre affondano le mani – e ha bisogno di molta cura”. Per le nostre amiche, questa è la prima volta ma, salta subito agli occhi, non sarà certo l’ultima. E, come accade spesso in questi casi, finiranno per chiedere un po’ di lievito da trasformare in pane nei prossimi giorni. “A me il pane piace proprio così com’è, naturale, senza niente sopra. Oppure con un po’ d’olio”, dice Erika. L’olio, glielo regalano alcuni ulivi delle colline umbre di cui da qualche anno ha imparato a prendersi cura. Per Cinzia, invece, l’autoproduzione del cibo è prima di tutto la pasta fatta in casa. Un classico che non delude mai.
La conversazione prende a scorrere fluida e pian piano trascina i movimenti delle dita: ci sarà un nesso tra l’autoproduzione di ciò che ci è direttamente indispensabile e l’autogestione del denaro, cioè il cuore della mission di una Mag? Forse possono dirsi entrambe espressioni di quel ribellarsi facendo che sempre più spesso rimbalza tra le pagine web di Comune fin quasi a disegnarne il profilo. Non divaghiamo, siamo qui con le mani in pasta e i minuti sfrecciano lesti. “Il lievito che utilizziamo pesa 120 grammi, sufficienti per fare una pagnottina con 240 grammi di acqua e 400 grammi di farine – spiega Annarita – Il lievito naturale va rinfrescato almeno una volta la settimana: quello che vi lascio pesa 80 grammi, basta aggiungere 80 grammi di farina e 40 grammi di acqua. Queste sono le proporzioni da rispettare per il rinfresco: farina stesso peso della pasta madre, acqua per la metà”. Ora l’impasto deve riposare, coperto, per mezz’ora. La conversazione può allargarsi, cercare uno spazio autonomo, poi però vira e ritorna sui suoi passi, nel solco ampio che abbiamo tracciato tra la mollica soffice e il risparmio più interessante, quello del tutto privo di interessi.
Il pane e il denaro
Farsi il pane da sé e autogestire il denaro significa “fare politica”, su questo siamo tutti d’accordo. Il valore aggiunto, tuttavia, starebbe nel farla a partire dall’esistenza quotidiana. E’ soprattutto l’assoluta mancanza di questa relazione con la vita di ogni giorno che, a un certo punto, ha fatto sgonfiare come bignè rinsecchiti idee nobili che parevano eterne. Da dove si comincia? Per decidersi a fare il pane, potrebbe anche bastare il profumo, ma cosa spinge una persona a regalare il suo tempo a una cosa apparentemente difficile come una Mag? Cinzia, che della cooperativa è presidente ma lavora con il mondo non profit anche in un suo studio commercialista, racconta: “Ho seguito i lavori per i primi finanziamenti di Banca etica a Roma: era evidente che mancava un operatore di prossimità, qualcuno in grado di accompagnare le persone nell’universo della finanza critica, qualcuno che pensi prima di tutto a ricomporre relazioni sociali. E’ questo che cerchiamo di fare oggi con la Mag”.
“Il denaro è una convenzione, è spesso il modo con il quale lo usiamo che nasconde le relazioni che ci sono tra le persone”, replica Erika alla nostra suggestione marxiana. Adesso sta insegnando lettere in una scuola media superiore, un’esperienza forte ma assai diversa dagli anni trascorsi nell’ufficio di Autopromozione sociale del Comune di Roma e con l’associazione Lunaria, dove si è occupata a lungo di formazione per le organizzazioni del terzo settore. “La Mag – continua a spiegare – ti aiuta a svelare quelle relazioni e a scoprire che ci sono diversi modi per utilizzare il denaro. Non sono mai stata attratta dai numeri e né dal lavoro di tipo amministrativo. Vengo da un mondo, quello dei centri sociali, dove persiste una sorta di tabù nei confronti della gestione del denaro. Ecco, la nostra cooperativa, la Mag, cerca di mettere in discussione, ovunque possibile, quel tabù”.
Non vogliamo vedere il 730
Uno dei problemi che incontriamo, spiegano Erika e Cinzia, è che finanziatore e finanziato tendono spesso a ripetere lo stesso spartito: occorrono grande tenacia e spiccata creatività per cambiare. “Negli ultimi mesi abbiamo gestito un caso esemplare: un prestito di 8 mila euro a un’azienda agricola familiare che ha scelto l’agricoltura biologica e la vendita diretta. La fase istruttoria – ricorda Cinzia – è stata assai difficile. Abbiamo discusso a lungo della fideiussione necessaria, ma atipica, perché la Mag non chiede il modello 730 al garante fideiussore. La Mag verifica invece se esiste una relazione vera con il destinatario del prestito. ‘Perché anche voi volete il garante?’, chiedevano i coniugi responsabili della piccola azienda, alle prese con altri debiti da restituire e dunque con rapporti standard con le banche e le finanziarie. ‘I garanti aiutano a mantenere il patto della restituzione’, abbiamo spiegato: quando ci sono difficoltà dobbiamo trovare insieme le soluzioni. La Mag, che resta una piccola cooperativa, non è sufficiente, serve una rete amicale da coinvolgere in diversi modi”.
Nel caso della piccola azienda agricola, nel momento di difficoltà, i garanti sono diventati clienti stabili dell’azienda. Non solo: dal momento che i garanti facevano parte di un Gruppo di acquisto solidale hanno fatto conoscere l’azienda ad altri Gas. Anche i soci della Mag, si sono impegnati a fare la spesa di frutta e verdura presso l’azienda. Gli incontri per affrontare insieme il problema hanno portato buoni frutti.
Intrecciare il glutine
La mezz’ora di riposo di quello che sarà il nostro pane è volata. A Germano, invece, è sembrata un po’ lunga. Punti di vista che uno sciocco orologio non potrà mai appiattire. Tutti però sono ansiosi di riprendere l’impasto. È il momento delle pieghe, che servono a intrecciare il glutine. Diamo una forma tonda all’impasto, poi, sopra, si può aggiungere un disegno fatto con la punta del coltello. Naturalmente, tocca a Germano. Ricopriamo il tutto e lo mettiamo nel forno spento, con una ciotola d’acqua accanto. Tra quattro ore, minuto più minuto meno, la pasta madre sarà pronta, la sua massa sarà raddoppiata. Basteranno quaranta minuti di forno (prima a 230 gradi poi a 180). Dice Annarita: “Per la cottura, ricordate che ogni forno fa una storia a sé, non resta che provare, provare e ancora provare…”.
Per il microcredito della Mag è un po’ come per i forni, ogni storia è diversa dalle altre. Le ragioni che hanno spinto duecentoventi soci ad aderire sono differenti. I soci sono persone singole, i destinatari del microcredito sono invece associazioni, cooperative o anche piccole imprese individuali. Oltre trenta i progetti finanziati, 120 mila euro i risparmi raccolti. Gli interessi considerati sono soltanto quelli legati al tasso di inflazione. La fiducia e la partecipazione restano le priorità, segnano la rotta: i consigli d’amministrazione della cooperativa sono sempre aperti, anche ai non soci, così come i gruppi di lavoro.
Quelli che spaccano il bancomat
Negli ultimi mesi, dentro la Mag si sta discutendo di come raccogliere più risparmio, ma si discute anche in quali casi e in che modo il risparmio potrebbe essere destinato a persone singole. Spiega Cinzia: “Non bisogna mica esser ricchi per scegliere di mettere sul conto della Mag mille euro per qualche anno, magari con il prelievo automatico mensile del Rapporto interbancario diretto, il famoso Rid. Per questo possiamo e dobbiamo fare di più. Stiamo valutando anche se la quota minima di adesione deve restare o meno di 50 euro”. Di certo la Mag funziona se è un salvadanaio sostenuto da tanti con piccole quote. Quanto ai finanziamenti, “abbiamo privilegiato esclusivamente quelli di picole imprese territoriali, per lo più legate all’altra economia, che però oggi non più così in salute”. Le richieste di singoli sono state quasi sempre per situazioni di emergenza, quando non ci sono i soldi per pagare i mutui o le bollette. “Forse dovremmo pensare a soluzioni diverse per il futuro. Di certo, sono aumentati i tempi di restituzione dei crediti” aggiunge Cinzia.
Mag Roma è in rete con le altre Mag, a cominciare da Mag 6 di Reggio Emilia, che ha appena festeggiato i suoi venticinque anni di attività. Auguri. Negli incontri della rete si scambiano informazioni ed esperienze, qualche volta per finanziare progetti comuni, ma soprattutto per individuare strumenti di difesa contro normative nazionali che fanno l’impossibile per non lasciare spazio alla finanza mutualistica. “Non siamo e non vogliamo essere semplici operatori di microcredito, ma istituzioni e istituti di credito parlano proprio un’altra lingua”, conclude Cinzia.
“Sì, la Mag è un salvadanaio ma non può essere solo questo, no? Dobbiamo trovare altri, nuovi, diversi modi per stare tra le persone, dobbiamo far conoscere questa nostra possibilità, e dobbiamo raccogliere più risparmio. Chissà, magari alla prossima manifestazione “agitata”, potremmo metterci accanto ai bancomat e spiegare, sia a quelli che vogliono spaccarli che a chi pensa che farlo sia inutile o dannoso, che c’è un’altra possibilità: svuotarli dei nostri soldi e provare a immaginare un percorso con la Mag. Cominciamo a utilizzare il denaro insieme in modo diverso, cominciamo a rendere i bancomat sempre meno frequentati e indispensabili”. In fondo, a pensarci bene, come per molte altre cose, perfino l’astratto e intoccabile dominio delle banche sulle persone dipende dai risparmiatori che si lasciano dominare.
.
* Alla conversazione con Mag Roma hanno partecipato: Marco Calabria, Riccardo Troisi, Gianluca Carmosino e Annarita Sacco. L’incontro non sarebbe stato possibile senza l’accoglienza di Scup.
(1) Alcune fonti, come wikiquote, attribuiscono la citazione a Tȟatȟaŋka Iyotȟaŋka, Toro Seduto in ligua lakota; altre al capo Noah Sealth, noto per la bellissima lettera inviata al presidente degli Usa Franklin Pierce. Proprio a quella lettera dovrebbe essersi ispirato il gruppo musicale Kelly Family cui il testo citato alla lettera sembra invece proprio doversi attribuire. http://www.youtube.com/watch?v=85aG5USqMSg
Nessun commento:
Posta un commento