«Sotto i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°8
di Thierry Meyssan.
La diffusione su internet degli estratti del film L’innocenza dei musulmani
ha scatenato manifestazioni rabbiose nel mondo, una delle quali è
degenerata a Bengasi. L'ambasciatore degli Stati Uniti in Libia e membri
della sua scorta sono stati uccisi. A prima vista, il caso si situa
lungo una lunga serie che va dai Versetti satanici di Salman
Rushdie ai roghi del Corano del pastore Terry Jones. Tuttavia, questo
nuovo attacco si differenzia dagli altri in quanto il film non è
destinato al pubblico occidentale, ma è stato concepito unicamente come
uno strumento di provocazione indirizzato ai musulmani. In termini politici, questo caso può essere analizzato in due modi a seconda che lo si osservi sul piano tattico come una manipolazione anti-Usa o sul piano strategico come un attacco psicologico anti-musulmano.
Il film è stato
prodotto da un gruppo composto da ebrei sionisti con doppia cittadinanza
israelo-statunitense e da un copto egiziano. Era pronto da diversi mesi
ed è stato utilizzato al momento voluto per provocare disordini rivolti
contro gli Stati Uniti. Agenti israeliani sono stati dispiegati in
diverse grandi città, con il compito di guidare l'ira della folla contro
obiettivi statunitensi o copti (mai israeliani). Non sorprendentemente, l'effetto massimo è stato raggiunto a Bengasi.
La popolazione di
Bengasi è nota per ospitare dei gruppi particolarmente reazionari e
razzisti. Ricordiamo che, nel caso delle vignette su Maometto, i
salafiti avevano attaccato il consolato danese. In ottemperanza alla
Convenzione di Vienna, il governo libico di Muammar el-Gheddafi aveva
dovuto schierare dei soldati per proteggere la rappresentanza
diplomatica. La repressione della rivolta aveva causato numerose
vittime. In seguito, gli occidentali che volevano rovesciare il regime
libico avevano finanziato pubblicazioni salafite che accusavano il
colonnello Gheddafi di aver protetto il consolato danese perché sarebbe
stato lui stesso lo sponsor delle caricature. Il 15 febbraio 2011, i salafiti avevano organizzato a Bengasi un evento commemorativo della strage, nel corso del quale scoppiò una sparatoria, che segnò l'inizio della rivolta in Cirenaica spianando la strada per l'intervento della NATO.
La polizia libica arrestò tre membri delle forze speciali italiane, che confessarono di aver sparato dai tetti sia sui manifestanti sia sulla polizia per creare confusione.
Tenuti prigionieri nel corso di tutta la guerra, furono liberati in
occasione della presa della capitale da parte della NATO e furono
esfiltrati verso Malta su una piccola barca da pesca nella quale mi trovavo con loro.
Questa volta, la
manipolazione della folla di Bengasi da parte di agenti israeliani aveva
lo scopo di assassinare l'ambasciatore statunitense, un atto di guerra
senza precedenti, dai tempi del bombardamento della USS Liberty
da parte della marina israeliana nel 1967. Inoltre, questo è il primo
assassinio dal 1979 di un ambasciatore degli Stati Uniti nell'esercizio
delle sue funzioni. E in questo caso è ancora più grave il fatto che in
un paese in cui il governo è una pura finzione giuridica,
l'ambasciatore USA non è un semplice diplomatico, ma ricopre la funzione
di governatore, di capo dello Stato de facto.
Nel corso delle ultime settimane, i più alti responsabili militari degli Stati Uniti sono entrati in conflitto aperto con il governo israeliano.
Hanno moltiplicato le dichiarazioni che attestano la loro volontà di
rompere il ciclo di guerre iniziate con l’11 settembre (Afghanistan,
Iraq, Libia, Siria), mentre gli accordi informali del 2001 ne prevedono
altre ancora (Sudan, Somalia, Iran ). Un primo colpo di avvertimento si è
materializzato con l'attacco missilistico contro l’aereo del Capo dello Stato Maggiore congiunto delle forze armate statunitensi, il generale Martin Dempsey. Il secondo avvertimento è più brutale.
Per altro verso,
se si considera questa vicenda in termini di psicologia sociale, appare
come un attacco frontale contro le credenze dei musulmani. In questo,
non è diversa dall’episodio in cui le Pussy Riot
violavano la libertà di culto nella cattedrale ortodossa di Cristo
Salvatore e dalle varie esibizioni di pornografia concettuale che ne
seguirono. Queste diverse operazioni mirano a desacralizzare le società che resistono al progetto di dominazione globale.
Nelle società
democratiche e multiculturali, il sacro si esprime soltanto nella sfera
privata. Tuttavia, un nuovo spazio sacro collettivo si sta formando. Gli
stati dell'Europa occidentale hanno leggi della memoria che
hanno trasformato un evento storico, la distruzione degli ebrei d’Europa
da parte dei nazisti, in un fatto religioso (la «Shoah»,
secondo la terminologia ebraica, o l’«Olocausto» secondo il vocabolario
evangelico). Tale reato viene allora elevato al rango di evento unico a
scapito delle vittime di altri massacri, incluse le altre vittime del
nazismo. La messa in discussione del dogma, vale a dire,
l'interpretazione teologica del fatto storico, è passibile di sanzioni penali come un tempo lo era la bestemmia. Allo stesso modo, nel 2001, gli USA, gli Stati membri dell'Unione europea, e molti dei loro alleati hanno imposto per decreto a tutta la loro popolazione un minuto di silenzio in memoria delle vittime degli attentati dell'11 settembre. Questa iniziativa si accompagnava a un’interpretazione ideologica delle cause della strage.
In entrambi i
casi, l’essere stati uccisi in quanto ebrei o perché statunitensi
conferisce uno status speciale alle vittime davanti al quale il resto
dell'umanità è invitato a inchinarsi.
In occasione delle
ultime Olimpiadi a Londra, le delegazioni israeliana e statunitense
hanno cercato di estendere questo spazio sacro imponendo un minuto di silenzio durante la cerimonia di apertura,
l'evento televisivo più seguito al mondo. Si sarebbe trattato di
celebrare la memoria delle vittime prese come ostaggi in occasione delle
Olimpiadi Monaco. In definitiva, la proposta è stata respinta,
poiché il Comitato Olimpico si è accontentato semplicemente di una
discreta cerimonia distinta. In ogni caso, la sfida è quella di creare
una liturgia collettiva che legittimi l’impero globale.
Così, L’innocenza dei musulmani
è sia un mezzo di pressione per richiamare all’ordine Washington,
tentata dall’allontanarsi dal progetto di dominazione sionista, sia un
mezzo per perseguire tale progetto attraverso l’offesa nelle loro
credenze di coloro che gli resistono.
Thierry Meyssan, 16 settembre 2012.
Traduzione a cura di Matzu Yagi.
http://www.tzetze.it/2012/09/la-tattica-della-bestemmia.html
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