Gli Stati Uniti della Kailasa hanno tentato di acquisire i territori di due popolazioni indigene, che poi hanno capito l’equivoco: non è la prima volta che succede
Alla fine del 2024 i rappresentanti di alcune popolazioni native della Bolivia, in Sudamerica, hanno firmato degli accordi con gli Stati Uniti della Kailasa, una setta induista, per concedere loro l’affitto perpetuo delle loro terre. In seguito gli accordi sono stati annullati, come successo in altre occasioni: gli Stati Uniti della Kailasa sostengono senza alcun fondamento di essere uno stato indipendente, e provano da anni a stringere accordi con governi e amministrazioni locali per essere legittimati nelle proprie attività o per ottenere terreni in cui stabilirsi. Questi accordi vengono regolarmente annullati una volta che si scopre che la setta non è un vero stato.
La notizia relativa alla Bolivia è apparsa sui giornali in queste settimane. I terreni coinvolti dai contratti si trovano in gran parte nella foresta amazzonica: la popolazione Baure ha firmato un contratto “perpetuo” (in realtà della durata di mille anni) per la cessione di 600 chilometri quadrati di terreni alla setta in cambio dell’equivalente di circa 100mila euro annui. I Cayubaba hanno ceduto 310 chilometri quadrati in cambio di 50mila euro all’anno, e gli Ese Ejja 390 chilometri quadrati in cambio di più di 25mila euro annui. Gli accordi prevedevano la concessione completa della sovranità dei territori agli Stati Uniti della Kailasa, inclusi i diritti di sfruttamento di tutte le risorse naturali, e anche che le popolazioni avrebbero difeso in tribunale la setta e protetto le sue attività da eventuali minacce esterne.
A marzo il giornale boliviano El Deber, che ha potuto vedere i documenti delle cessioni, ha reso noti i tentativi degli Stati Uniti della Kailasa di acquisire i terreni, assieme ai nomi delle persone coinvolte: una volta che hanno scoperto che effettivamente l’organizzazione non è un vero stato le popolazioni indigene hanno annullato i contratti, accusando i rappresentanti della setta di aver negoziato in malafede. Gli Ese Ejja, per esempio, hanno accusato la setta di aver sfruttato le loro difficili condizioni economiche per ingannarli promettendo grossi guadagni e accordi di cooperazione internazionale.
Il 24 marzo il governo boliviano ha detto di aver espulso 20 persone straniere collegate agli Stati Uniti della Kailasa che avevano tentato di ottenere i terreni indigeni dopo essere entrate nel paese con visti turistici. Fra loro c’erano cittadini indiani, britannici, statunitensi e cinesi.
Gli Stati Uniti della Kailasa prendono il nome da una montagna sacra per l’induismo che si trova in Tibet. Furono fondati nel 2019 da Swami Nithyananda, un guru e truffatore indiano che fuggì dall’India dopo essere stato accusato di stupro e rapimento di bambini. Nithyananda è nato nel 1978 in India e possiede decine di santuari e luoghi di culto nel paese: si presenta come una figura divina dotata di poteri soprannaturali, fra cui ritardare l’alba e far parlare gli animali in tamil e sanscrito, e capace di trasmettere questi poteri ai suoi seguaci.
La setta definisce lo stato che vorrebbe creare come «la Santa Sede dell’Induismo» e l’unico paese induista al mondo: Nithyananda rivendica come suoi cittadini tutte le persone che praticano questa religione. La setta ha diffuso informazioni abbastanza assurde: dice di avere una sua banca centrale (che serve a raccogliere donazioni dai fedeli induisti) e una valuta, oltre a vari ministeri e oltre 16mila “ambasciate spirituali” in giro per il mondo. Nithyananda prova spesso a inviare delle delegazioni che rappresentino l’organizzazione in vari contesti ufficiali per tentare di ottenere legittimità: i suoi esponenti si sono introdotti per esempio in due riunioni delle Nazioni Unite a Ginevra.
In certi casi la setta ha detto di voler assumere una forma simile all’Ordine sovrano di Malta (che è diverso dalla Repubblica di Malta, il paese parte dell’Unione Europea), un’organizzazione umanitaria cristiana a cui in alcuni limitati contesti viene riconosciuta una forma di sovranità pur non avendo un territorio. In altri casi però sembra che gli Stati Uniti della Kailasa abbiano cercato di ottenere un territorio su cui stabilirsi: secondo il diritto internazionale, per essere considerato come sovrano uno stato deve avere una popolazione permanente, delle istituzioni di governo, la capacità di instaurare relazioni con gli altri paesi e un territorio definito.
Molti giornali internazionali hanno scritto che nel 2019 la setta avrebbe acquistato dal governo dell’Ecuador un’isola su cui avrebbe fondato il suo stato. Non è chiaro dove si trovi di preciso l’isola, né se l’acquisto sia effettivamente avvenuto: anche se così fosse il governo dell’Ecuador non ha detto di aver ceduto i diritti di sovranità sul suo territorio alla setta, che quindi al massimo potrebbe gestire l’isola come un normale terreno privato.
Nel 2023 aveva stretto prima un accordo di gemellaggio con la città di Newark, negli Stati Uniti, e poi un accordo di collaborazione con il Paraguay, che aveva portato alle dimissioni del capo di gabinetto del ministero dell’Agricoltura del paese. In entrambi i casi gli accordi erano stati rapidamente annullati una volta venuta alla luce la vera natura dell’organizzazione.
Con il tentativo di acquisire i terreni in Bolivia è possibile che i rappresentanti della setta abbiano cercato di sfruttare le particolari forme di proprietà collettiva riconosciute dalla legge boliviana ad alcune popolazioni native, che garantiscono un ampio grado di autonomia. Come detto i contratti sono stati immediatamente cancellati una volta scoperto che l’organizzazione non è quello che dice di essere, e in ogni caso non è scontato che i diritti concessi alle popolazioni native sarebbero stati trasferiti alla setta.
https://www.ilpost.it/2025/04/08/stato-induista-kailasa-terre-nativi-bolivia/?utm_source=firefox-newtab-it-it
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