ROMA COCATA, NAZIONE INFETTA - A ROMA L’ASSALTO AI PALAZZI DEL POTERE PARTE DALLO SPACCIO E DAL RICICLAGGIO: NELLA CAPITALE CAMORRA E ’NDRANGHETA HANNO SCALZATO TUTTE LE MAGGIORI HOLDING IMMOBILIARI E IMPRENDITORIALI
Mentre Carminati e i suoi davano l’assalto ai palazzi del potere, dal Campidoglio alla Regione Lazio, i clan della capitale iniziavano la loro scalata per infiltrarsi nel tessuto amministrativo partendo dal basso -La «corruzione» è la nuova arma che le varie mafie stanno imparando ad usare per fare scacco matto allo Stato...
Guido Ruotolo per “la Stampa”
Il
loro quartiere generale era un distributore di benzina a corso Francia,
zona Nord della città, vicino all’Olimpico. È qui che «Mafia capitale»
elaborava i suoi progetti criminali e Massimo Carminati decideva le
strategie. La Roma bene dei Parioli, di Vigna Clara, del Flaminio
rappresentava il loro guscio.
i consumatori di cocaina al mondo sono oltre venti milioni
Anche
qui ha circolato e circola tanta «polvere bianca». Se ne vende più che a
Milano. La cocaina non conosce distinzioni di etnie, quartieri,
professioni. Tutti la comprano e la consumano.
San Basilio è la «Scampia» romana delle mille piazze di spaccio. Era un quartiere dormitorio di periferia, a Sud di Roma, sulla Tiburtina, che negli Anni Settanta ha vissuto una sua stagione di lotta per la casa, con occupazioni e scontri violenti con le forze di polizia. Oggi è diventato un grande supermarket di cocaina, hashish e marijuana. Due grandi famiglie di spacciatori si sono spartiti piazze e angoli di strada, occupando il territorio con la loro presenza.
Ma
qui a San Basilio e al Casilino c’è anche la famiglia dei Romagnoli, un
gruppo locale che si è federato con la famiglia di ’ndrangheta dei
Gallace. Non sono gli unici clan locali «adottati» dalle famiglie
calabresi o siciliane. Il litorale di Anzio-Nettuno è delle famiglie
Fasciani-Spada e Triassi, legate a loro volta dai clan di Cosa nostra
dei Caruana-Cuntrera di Siculiana.
E a Ostia si è consumata una guerra di mafia, anzi di ’ndrangheta, per il controllo delle rotte del traffico di cocaina. Nel gennaio del 2013 fu ammazzato Vincenzo Femia, rappresentante su Roma della cosca Nirta di San Luca, Aspromonte. Ad ammazzarlo un commando sempre di San Luca, però trapiantato a Roma, che tentava di piazzare la «sua» cocaina nella capitale.
È
un gioco degli specchi, questo nuovo romanzo criminale della Roma di
oggi. Mentre Carminati e i suoi davano l’assalto ai palazzi del potere,
dal Campidoglio alla Regione Lazio, i clan della capitale iniziavano la
loro scalata per infiltrarsi nel tessuto amministrativo partendo dal
basso. La Mobile di Renato Cortese, lo «sbirro» che a Palermo ha
arrestato Bernardo Provenzano, ha arrestato un ex direttore tecnico del
Municipio di Ostia, che faceva vincere appalti pubblici a imprese
amiche. Come l’affidamento della gestione di uno stabilimento balneare a
una società legata alla famiglia Spada.
Appalti, droga, estorsioni. E tanta usura. Soprattutto gestita dalle famiglie Casamonica e Senese. È solo nella zona Sud-Est di Roma, dal clan di Vittorio Di Ganci. Sono questi gli affari della criminalità romana. Ma con gli arresti di Carminati e soci, sembra di essere tornati a un passato oscuro, nero, fatto di eversione di destra e apparati deviati, di organizzazioni mafiose e mondi collusi della finanza e delle imprese. Roma non sembra essere in grado di reagire, di prendere le distanze, di cacciare il «corpo estraneo». Non lo è perché, in realtà, in questi anni, ha subito una «colonizzazione» senza rendersene conto.
E
nel paesaggio urbano questa presenza si è consolidata. Un dato
colpisce. Come al Nord la ’ndrangheta sembra essersi trasformata in una
grande banca in grado di finanziare l’economia, a Roma, camorra e
’ndrangheta hanno scalzato tutte le maggiori holding immobiliari e
imprenditoriali. «Solo nel 2014 - denuncia nei convegni il procuratore
di Roma, Giuseppe Pignatone - abbiamo sequestrato beni per un miliardo
di euro, il 700% in più rispetto all’anno precedente».
Ricordate la scoperta che il «Café de Paris» di via Veneto era stato comprato dalla ’ndrangheta? O tutte le maggiori catene di pizzerie napoletane dalla camorra? E poi ci sono alberghi, ville e appartamenti. E società, aziende. Un mondo solo apparentemente «parallelo».
Anche
le inchieste degli ultimi anni della Mobile rivelano che qui «le mafie
operano in regime di pacifica convivenza con la criminalità locale
facendo della capitale un vero e proprio centro di riciclaggio di
reimpiego di capitali di origine illecita, provenienti dal traffico di
droga, di armi, dalle estorsioni, dall’usura». Ma è la «corruzione» la
nuova arma che le varie organizzazioni criminali stanno imparando ad
usare per fare scacco matto allo Stato. E anche per garantirsi
impunità.
È vero, questa Roma criminale ricorda quella degli Anni Settanta. Ma oggi, a differenza di allora, i suoi cantori non sono solo gli scrittori o i registri. Ma le retate e le inchieste di un tribunale non più «porto delle nebbie».
https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/roma-cocata-nazione-infetta-roma-assalto-palazzi-potere-parte-89940.htm
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