“IL FERRAGOSTO A ROMA È UN TRIONFO DI SMUTANDATI CHE SI AGGIRANO COI TELEFONINI IN MANO ALLA RICERCA DELLA DESTINAZIONE” – ENRICO VANZINA CELEBRA I 60 ANNI DEL “SORPASSO” DI DINO RISI RIMANENDO NELLA CAPITALE IL 15 AGOSTO: “È STATO UN FILM CENTRALE NELLA MIA CARRIERA. LA SCENA CHE PREFERISCO È IL FINALE. PERCHÉ È INASPETTATO E STRAORDINARIO” – “L’ESTATE ITALIANA È CAMBIATA POCO. È PIÙ AFFOLLATA, CI SONO ALTRE MACCHINE, MA QUELLO SPIRITO CACIARONE DI FOLLIA E DI FUGA È RIMASTO. L'ESTATE È COSÌ IMPORTANTE PERCHÉ CHI VA IN VACANZA ENTRA IN UN ALTRO PERSONAGGIO: CHI È SPOSATO NEGA DI ESSERLO, CHI È POVERO FINGE DI ESSERE RICCO…” – VIDEO
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Luca Giampieri per “La Verità”
Ferragosto. Una Lancia Aurelia spider azzurra, modello B24, attraversa a velocità da sanzione una piazza del Popolo deserta, spettrale sotto il sole a picco di mezzogiorno. Roma è altrove.
L'Italia è altrove. In vacanza. È il grande esodo del boom economico: dei commendatori, delle donne a servizio, degli studenti piccolo borghesi, dei fanfaroni che il boom lo inseguono in una tensione di classe spasmodica, spudorata, a tratti patetica. È l'Italia affrescata ne Il sorpasso, capolavoro di Dino Risi, giunto al suo sessantesimo anniversario.
In quell'estate del 1962, Enrico Vanzina, 13 anni, si trova in villeggiatura con la famiglia a Castiglioncello (Livorno), all'oscuro di un paio di dettagli non da poco. Anzitutto, che lì Risi girerà alcune scene iconiche del film con Vittorio Gassman e Jean Louis Trintignant. «Castiglioncello era la località di mare dove si riuniva tutto il cinema italiano», ricorda Vanzina.
«Frequentavo quelle spiagge e frequentavo Risi, perché i miei migliori amici d'infanzia sono stati i figli Claudio e Marco». Altra cosa che lo sceneggiatore capitolino ignora è che 15 anni più tardi, insieme al fratello Carlo, raccoglierà il testimone di quella generazione indimenticata di cineasti, caricandosi sulle spalle onori e oneri che l'eredità della commedia all'italiana porta con sé.
Facendo un parallelo, qual è la Castiglioncello di oggi?
«Non esiste. Quello era un luogo la cui storia partiva da lontano: i Macchiaioli, Pirandello, la famiglia D'Amico. Una tradizione culturale dal tasso elevatissimo impossibile da ritrovare oggi. Qualunque posto è meta di tour o di arricchiti».
Immaginare oggi una Roma svuotata come quella del Sorpasso, anche a Ferragosto, più che da commedia all'italiana è materia da fantascienza.
«Un po' day after, sì. Però io me la ricordo benissimo. E fino a 20 anni fa era così, non è uno scenario così preistorico. Ho ritrovato quella situazione durante il lockdown; spaventosa, eppure meravigliosa nei suoi scorci monumentali. Un'atmosfera metafisica à la De Chirico».
Le capita sovente di trascorrere il 15 nell'Urbe?
«Quest' anno, per esempio. È un trionfo di smutandati che si aggirano coi telefonini in mano alla ricerca della destinazione. Talvolta sbattono contro un palo. Attraversano Roma senza vedere nulla. C'è una storiella che raccontava sempre mio padre Steno, la considerava il paradigma dell'umorismo romano».
Sentiamo.
«In una Roma vuota da Sorpasso, con un caldo terrificante, un turista tedesco si aggira in piazza Colonna col suo zainetto. Vedendo un'edicola aperta, si avvicina. Dentro c'è un edicolante rintanato come un geco, immobile nel suo gabbiotto bollente. Il turista, pimpante, domanda: "Dove essere fontana di Trevi?". L'edicolante alza la testa e, guardandolo, fa: "Lo so, ma nun me va de dirlo"».
Ricorda la prima volta che vide Il sorpasso?
«Sì, al cinema Etoile di piazza in Lucina, credo che all'epoca si chiamasse Corso Cinema.
Partì malissimo. Però allora tra gli esercenti c'erano dei signori che amavano il cinema e, avendolo visto prima, dicevano: resisto perché secondo me piacerà. E così fu. Oggi, nei Multiplex, se cali di 10 euro d'incasso ti spostano di sala e poi ti levano».
Lo riguarda spesso?
jean louis trintignant vittorio gassman il sorpasso
«Abbastanza. Insegnando anche cinema, da anni ripeto che Il sorpasso è il film più importante della commedia all'italiana. Anzitutto, perché declina tutto ciò che è il senso del genere: un tema drammatico trattato in maniera lieve (questo finisce con una morte, più drammatico di così). Mio padre mi diceva: "Finita la guerra, un gruppo di persone si è rimboccato le maniche e ha cercato di riportare il buonumore nel Paese. Sapendo, però, che dietro c'era il dramma". E poi per la semplicità disarmante: c'è il Ferragosto, una macchina, due amici, il senso della vita».
catherine spaak jean louis trintignant il sorpasso
Con lo sguardo e l'esperienza di oggi, cosa la colpisce maggiormente?
«È stato un film centrale nella mia carriera. Quando con Carlo, dopo una serie di successi comici, potemmo imporre ciò che volevamo, girammo Sapore di mare, ispirato a due pellicole di Risi: L'ombrellone e Il sorpasso. Dino ci diceva: "La musica serve a contestualizzare il film nel momento esatto". Con quella colonna sonora lui ti fa capire in che momento siamo dell'Italia».
lancia aurelia b24s del film il sorpasso foto di bacco
Mi rendo conto che sia come chiedere se vuole più bene alla mamma o al papà, ma c'è una scena del film che preferisce?
«Il finale. Perché è inaspettato. È straordinario come è girato, l'espressione sul volto di Gassman. Quella scena fu molto tormentata, poteva non vedere la luce. Dopo una settimana di maltempo, Risi e il produttore, Mario Cecchi Gori, fecero un patto: se nel giorno in cui si doveva girare il finale il meteo fosse stato avverso, il film si sarebbe concluso con i due che sfrecciavano sull'auto verso un futuro radioso».
Catherine Spaak Vittorio Gassman - Il Sorpasso
Riflettevo sul fatto che, in questo sessantesimo, abbiamo perso due protagonisti: Catherine Spaak e Jean Louis Trintignant.
«Il destino delle vite talvolta è curioso. Mio fratello è nato lo stesso giorno in cui è morto mio padre. Le date si incrociano in maniera beffarda».
Crede in queste cose?
«No, le registro perché sono un sentimentale».
Forse è la persona giusta per chiarire un mistero sulla genesi del film. Lo spunto iniziale fu di Risi o nacque dalla penna di Rodolfo Sonego?
«So solo che, per tutta la vita, Risi ebbe il desiderio di fare un film intitolato Il giretto (che poi doveva essere il titolo del Sorpasso). Ogni tanto andava dai produttori e diceva: "Ho una bella idea per un film, si chiama Il giretto", con quella erre da avvocato Agnelli».
Il personaggio di Bruno Cortona andò a Gassman dopo che Alberto Sordi lo rifiutò.
Avrebbe avuto la stessa forza con Sordi?
«I film hanno sempre un loro destino. Quando capitano dei cambi in corsa, spesso sono più favorevoli delle intenzioni originali. Lo stesso Trintignant fu scelto all'ultimo. Io ho una passione sfrenata per Sordi, ma la sbruffonaggine che ci mette Gassman è inarrivabile».
Quant' è lontana l'estate italiana dipinta da Risi rispetto alla nostra? Siamo cambiati tanto per non cambiare affatto?
trintignant gassman il sorpasso 1
«È cambiata poco. È più affollata, ci sono altre macchine, ma quello spirito caciarone di follia e di fuga è rimasto. L'estate è così importante perché chi va in vacanza entra in un altro personaggio: chi è sposato nega di esserlo, chi è povero finge di essere ricco.
È una commedia reale alla quale gli italiani non rinunciano. Il caso del Sorpasso, poi, è curioso perché allora c'era la villeggiatura, con dei personaggi stanziali. Gassman e Trintignant invece fanno un viaggio modernissimo: due giorni. È il tempo che si è contratto, ma lo spirito è rimasto lo stesso».
UN GIORNO IN PRETURA STENO CON CARLO ED ENRICO VANZINA
Il cartello «Camera deputati» appiccicato come un lasciapassare sul parabrezza dell'auto, per esempio, non è una smargiassata attualissima?
«Altroché».
A proposito di deputati, non ha mai la sensazione di essere seduto sul sedile passeggero di una Lancia Aurelia guidata da una classe politica di Bruno Cortona?
«I Bruno Cortona, alla fine, ci sono sempre stati».
Forse la differenza è che oggi, invece che su una spider, viaggiamo su un'utilitaria.
«Forse anche su un motorino».
Da sceneggiatore, la indispone l'idea che battute magari un po' triviali, ma fondamentalmente innocue come quella di «Occhiofino», nella società contemporanea sarebbero oggetto di polemica?
«Non è che chi scrive o interpreta un film è per forza portatore di quel pensiero. Quella è un'osservazione del pensiero di persone che nella realtà esistono. Viviamo da una parte con un mondo di regole e di imposizioni sul politicamente corretto, poi sali su un autobus e vedi un popolo di animali che non sanno più l'italiano, che bestemmiano. Il cinema deve mostrare la realtà senza censurarla, anche per farti pensare: ma io sono così? Ragiono così? Non voglio essere così».
Lei ha avuto modo di lavorare a contatto con Risi.
«Conobbi Dino che ero molto piccolo e lo vedevo spesso, si andava in vacanza a casa sua al Circeo in una villa che si era fatto coi guadagni di Vedo nudo. Poi, quando mio padre morì, durante il funerale uscì fuori da dietro una colonna e mi disse: "Se hai bisogno di un vice papà, io ci sono". E lo è stato.
Da quel momento siamo stati insieme in tantissime cose, sul set e fuori. Quando me ne andai di casa, mi trasferii nel residence dove viveva; ci vedevamo tutte le sere e mangiavamo il "risottino" (imitando la erre di Risi, ndr) che cucinava».
C'è un trucco del mestiere che ritiene di avergli «rubato»?
«La semplicità. Anche nella vita. Nei lunghi anni vissuti al residence Aldrovandi, lui teneva solo pochi libri e qualche foto attaccata al muro. Però aveva un quaderno dove appuntava pensieri, spunti anche piccoli che potevano diventare un film. Si nutriva di queste osservazioni quotidiane». Un episodio al quale ripensa col sorriso? «Una volta a Parigi, dove lui era un mito, mi disse: "Qui posso fare qualsiasi cosa, piaccio sempre". E citò una critica a un suo film, pubblicata sulla rivista Le point, che non era piaciuto granché al recensore, il quale lo aveva liquidato così: "Tra un capolavoro e l'altro, Dino Risi si prende una pausa di riflessione"». (sorride). «Non era riuscito neanche a dire che gli aveva fatto schifo».
Mi dica la lezione più importante che le ha insegnato.
«Ad avere il controllo del film. Aveva una visione totale. Lui che passava per essere un po' cinico, distaccato, mi diceva: "Per fare un film, lo devi amare. Tu che lo fai, lo devi difendere"».
Scelga una sola battuta dal Sorpasso.
trintignant gassman il sorpasso
«"Ma non core 'sta machina?"».
CATHERINE SPAAK IL SORPASSO SPIAGGE DA FILM
https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/ldquo-ferragosto-roma-trionfo-smutandati-che-si-320692.htm
Costanzo71
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