L'ex portiere prodigio si confessa dopo una carriera che non è mai sbocciata
Angelo Pagotto a un certo punto fu considerato uno dei portieri più promettenti del calcio italiano, al livello di Gigi Buffon: raggiunse l'apice della sua carriera nella stagione 1995-1996 quando, pur ancora molto giovane, ottenne le chiavi della porta della Sampdoria e della nazionale Under-21 con cui vinse l'europeo; ciò gli permise la stagione successiva di vestire la maglia del Milan. «C'è stato un periodo in cui io e Buffon eravamo i portieri più forti d'Italia. L'ho sentito da poco, gli ho fatto i complimenti per il nuovo ruolo in Nazionale. 'Ti devo ringraziare perché sei l'unico che mi ha fatto vincere un Europeo", scherzava. Quell'U21 era fortissima, c'erano lui come secondo portiere, Totti, Nesta, Panucci e Cannavaro, che ancora oggi mi chiama Big Jim per la pettinatura che avevo allora», spiega oggi Pagotto al Corriere della Sera.
Arrivato al club rossonero da grande promessa, cominciò come titolare, ma fu poi relegato in panchina a vantaggio del veterano Sebastiano Rossi e non riuscì ad affermarsi, anche a causa dell'annata della squadra, rimasta la più negativa dell'era Berlusconi.
Nel 2007 però la sua carriera ebbe una svolta negativo, la squalifica per 8 anni: cocaina. «Per me era evasione - racconta in un'intervista al Corriere della Sera -, soprattutto quando non avevo obiettivi. In quel momento ero al Crotone, giocavo poco, la mia carriera era finita. Ho conosciuto tante brutte persone a cui non ho saputo dire di no. La droga mi distaccava dalla realtà. Credevo che risolvesse i problemi, ma non era così. Ne sono stato dipendente per tre anni e ho sofferto di depressione. Per sei mesi non mi sono alzato dal divano, prendo ancora gli psicofarmaci. Ho provato a smettere diverse volte, non ci sono mai riuscito».
Nel 2000, al Perugia in serie A, Pagotto era già stato squalificato per lo stesso motivo. «Ma fu un'ingiustizia - sottolinea lui -.
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