Se c'è un gaijin (straniero) tra i più amati dal popolo giapponese, quello è senza ombra di dubbio l'ottava meraviglia del mondo, André the Giant.
Ma, contrariamente a quanto cantavano i gloriosi Alphaville, c'era ben poco di "Big in Japan" per il lottatore di Grenoble, che affrontava ogni viaggio come una vera e propria tortura.
Già dalla partenza, sul volo, il gigante aveva bisogno di almeno due, se non tre posti per potersi sedere in un modo se non comodo, almeno in grado di essere un pochino sopportabile.
All'arrivo, le cose non sarebbero migliorate, anzi.
Il wrestler Bill Eadie (che abbiamo conosciuto nella telecronache di Tony Fusaro come il mascherato Masked Superstar ed in quelle di Dan Peterson come il membro dei Demolition, Ax) raccontò di essere il suo personale complice per poter prendere anche solo un taxi. Bill chiamava il taxi, poi, facendo finta di legarsi le scarpe mentre discuteva della tariffa con il conducente, André entrava nell'auto di soppiatto (beh... si fa per dire!), tra le urla del conducente impaurito che sapeva dire solo "No! No! No!". Ma ormai il francese era in auto, e levarlo da lì sarebbe stato impossibile.
Trovato il passaggio all'arena, il povero André doveva sopportare gli sguardi attoniti del pubblico giapponese, ammutolito e meravigliato da cotanta visione, malcelando una tristezza per non essere mai stato "uno dei tanti".
Poco prima del match, un giro di almeno 5/6 bicchieri di cognac, per darsi la carica e quindi dritti sul quadrato, dove poteva affrontare Hulk Hogan o il grande Antonio Inoki (come in questa foto, l'unico che abbia mai fatto cedere per sottomissione il gigante). Al ritorno nello spogliatoio, altri bicchieri di cognac, per riscaldarsi in vista dell'uscita con i colleghi e per "una birretta" (meglio venti) con i compagni di viaggio.
In albergo, spesso, gli striminziti ascensori dell'epoca mal permettevano ad i suoi 200 e passa kg di stare in pace. Ma qualche scherzo, ogni tanto, capitava. Ce ne racconta uno Ted DiBiase (The Million Dollar Man), che si trovò suo malgrado chiuso con l'amico mentre ad ogni piano qualche giapponese entrava e lo spazio diminuiva. Ad un certo punto, André sganciò uno dei suoi famosi "peti atomici", dalla durata indescrivibile (DiBiase pensò che non finisse mai!), rumore roboante ed odore nauseabondo. Dietro il gigante, un povero ospite dell'albergo si trovò proprio all'altezza del.... avete capito, e quasi tramortì senza sensi.
La situazione in camera appariva spesso drammatica: letti piccoli, poco spazio per muoversi e toilette non adatti a deretani di quella misura. Una sera in albergo, chiamò il suo amico Hulk Hogan perché, non potendo farla nel gabinetto, appoggiò dei giornali e pensò bene di chiamare l'amico per fargli vedere quale capolavoro avesse prodotto! Un pò meglio andava con le sue "groupies", che nell'ordine di due o tre spesso passavano la notte con lui per provare il brivido di una nottata di fuoco con una simile leggenda (sempre Hogan ne andava di mezzo, povero lui, che veniva chiamato al telefono per fargli sentire le urla di piacere delle ragazze in camera!).
Il ritorno in aereo, la solita storia: pochi posti, scomodi, per un gigante come lui.
Ecco perché, una volta a casa, il nostro André amava raggiungere la tranquilla cittadina di Ellerbe, un posto che aveva scoperto per caso nel 1970. Solitario, tranquillo, senza sguardi indiscreti.
Lì, aveva comprato un ranch, dove allevava bufali ed aveva fatto costruire una apposita sedia gigante per riposarsi.
In quella serenità, amava osservare i suoi dolci animali, perché, come disse all'amico Billy Crystal, "loro non somigliano due volte me".
Quella piccola oasi era l'unico posto, l'ultimo avamposto dove poteva sentirsi quello che fuori, nel mondo esterno, non riusciva ad essere.
Semplicemente normale.
Alla sua morte nel 1993, i suoi amici sparsero le sue ceneri proprio là, dove amava stare. Oggi, nel suo ranch, quella enorme sedia non esiste più. Ma la sua leggenda, invece, rimane ancora forte e vivida nel cuore di coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere "l'ottava meraviglia del mondo".
Il Vostro Sempre (poco) Umile Maestro Zamo
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