venerdì 1 novembre 2013


400 soldati da Herat a Chiomonte, Val Susa terra di conquista?

alpini-scudati-2Con un’intervista su La Stampa, Claudio Graziano, capo di stato maggiore dell’Esercito, parla della prossima missione di guerra dell’esercito: la ValSusa.
Dopo i Vespri Siciliani, quando l’esercito controllava il territorio dopo gli attentati mafiosi, e l’Afganistan, dove l’esercito italiano partecipa a una guerra, ecco che il capo di stato maggiore, guidato dal solito fan del militarizziamo/hanperso/schiacciamoli/arrestatelitutti Numa, parla della misisone in Valle come se niente fosse, come se fosse normale avere 400 soldati in missione in uan parte del territorio italiano.
I soldati che assumono compiti di polizia, esattamente come in un paese in guerra, che “operano in perfetta sintonia con le altre istituzioni dello Stato presenti in Valsusa, con i carabinieri e la polizia”.
«Abbiamo destinato alla tutela del cantiere quattrocento soldati. I militari hanno acquisito le funzioni della polizia giudiziaria, con la possibilità di fermare persone che abbiano tenuto un comportamento illegale. Sono tutti uomini di grande esperienza, che hanno prestato servizio all’estero, in Afghanistan, in altri scenari internazionali, alle prese con situazioni complesse e delicate. Ovviamente operano in perfetta sintonia con le altre istituzioni dello Stato presenti in Valsusa, con i carabinieri e la polizia, per tutte quelle funzioni connesse all’obiettivo da raggiungere, cioè la tutela del sito e la sicurezza di chi ci lavora »
Quindi tutto normale? 400 soldati a difendere quello che un territorio intero non vuole, 400 soldati armati di tutto punto per difendere il bancomat della politica.
Ricordiamo che in Afghanistan, nella provincia di Herat, il rapporto è di 1 soldato ogni 517 abitanti.
A Chiomonte su 931 residenti ci sono 415 soldati.


Quattrocento soldati
da Herat a Chiomonte

Alpini della Taurinense
Attualmente sono 200 gli uomini della brigata Taurinense impegnati nel controllo del cantiere dell’Alta Velocità

Intervista a Claudio Graziano, capo di stato maggiore dell’Esercito: ”Ma servono ancora più risorse”
Il generale Claudio Graziano, torinese, 60 anni, da due capo di Stato maggiore dell’Esercito, ripete da tempo che le forze armate hanno bisogno di risorse certe. 
«È in corso una trasformazione dell’Esercito che deve garantire la capacità operativa propria delle Forze Armate - spiega - Senza la certezza delle risorse è impossibile mantenere l’addestramento e la formazione del personale su livelli adeguati».  
Pensa ai futuri comandanti ai quali si è rivolto, ieri mattina, inaugurando l’anno accademico della Scuola di Applicazione ?  
«Ho detto a questi ragazzi che frequentano istituti d’eccellenza di essere protagonisti attivi della trasformazione sociale che si sta verificando nel Paese, alla quale l’Esercito sta dando un mano importante, ottimizzando e razionalizzando le risorse attraverso un processo riorganizzativo che porterà ad un taglio di 40 mila uomini». 
Si corre il rischio che la spending review condizioni pesantemente questa trasformazione?  
«Dico semplicemente che dobbiamo essere messi nelle condizioni di svolgere adeguatamente le missioni, considerando che queste non solo una spesa, ma un investimento perché è importante che ci sia un fermo riconoscimento delle esigenze della preparazione dei nostri militari».  
Non rischiate di avere troppi fronti aperti con bilanci sempre più stringati?  
«Oggi riusciamo a far fronte a tutti gli impegni a cominciare dall’Afghanistan,dove stiamo trasferendo i poteri alla polizia e all’esercito locale, per arrivare al cantiere Tav in Valsusa: stiamo lavorando a un modello di difesa molto più snello rispetto ma che richiede investimenti in tecnologie sempre più sofisticate». 
Questo significa tagli drastici compresa la sparizione di brigate come la Pozzuolo del Friuli ?  
«La riduzione ipotizzata sarà assolutamente graduale.Anche sulla soppressione dei reparti la discussione è aperta: ripeto la razionalizzazione deve avvenire tenuto conto delle risorse certe messe a disposizione dal bilancio dello Stato. Un capitolo a sè riguarda le infrastrutture, un patrimonio davvero notevole per l’Esercito». 
L’Esercito è anche impegnato nel cantiere della Torino-Lione di Chiomonte?  
«Abbiamo destinato alla tutela del cantiere quattrocento soldati. I militari hanno acquisito le funzioni della polizia giudiziaria, con la possibilità di fermare persone che abbiano tenuto un comportamento illegale. Sono tutti uomini di grande esperienza, che hanno prestato servizio all’estero, in Afghanistan, in altri scenari internazionali, alle prese con situazioni complesse e delicate. Ovviamente operano in perfetta sintonia con le altre istituzioni dello Stato presenti in Valsusa, con i carabinieri e la polizia, per tutte quelle funzioni connesse all’obiettivo da raggiungere, cioè la tutela del sito e la sicurezza di chi ci lavora » 
Lo stesso modulo adottato per Chiomonte verrà applicato anche nei cantieri della Tav, a Susa e Bussoleno?  
«Non abbiamo ancora ricevuto ordini o disposizioni in tal senso dagli organismi governativi. Quando sarà il momento, affronteremo anche queste situazioni». 
Generale, c’è un nesso storico tra le operazioni di Chiomonte e le pattuglie interforze che da anni controllano i quartieri a rischio come Porta Palazzo?  
«Certo. L’Esercito ebbe il plauso di Caselli, allora procuratore a Palermo, nell’operazione “Vespri Siciliani”. Poi l’intervento in Sardegna e “Strade Pulite”. Ho la speranza che vengano confermate le risorse economiche anche per questi importanti contributo che l’Esercito dà, nel segno del rigoroso rispetto del dettato costituzionale». 

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