Emergenza male comune. Il caso Filippine
di Domenico Chirico
Un terribile ciclone si è abbattuto sulle Filippine causando migliaia di morti. Secondo alcuni scienziati è una delle drammatiche conseguenze del cambiamento climatico. In ogni caso, di fronte alle devastazioni, è subito partito il circo mediatico e l’emergenza umanitaria.
Di Filippine in Italia si sa poco. C’è lo stereotipo dei collaboratori familiari, presentato dal conduttore Bonolis in tv, con una volgarità rara visto il momento e la tragedia del ciclone. Poi qualcuno forse ricorda le bellissime foreste del film Apocalypse Now, che, a dispetto dell’ambientazione, fu interamente girato nelle Filippine.
Pochi sanno che stiamo parlando del 32simo paese al mondo per PIL, di una crescita annua intorno al 6,6%. Per capirci l’Eritrea, da cui provengono molti dei migranti e richiedenti asilo arrivati in Italia, è al 169simo posto. Nel caso filippino parliamo invece di un paese con una ampia diffusione della lingua inglese, con un sistema pubblico e privato relativamente efficiente, tanto da far impiantare le sedi centrali di molte compagnie internazionali trasferitesi in Oriente. Parliamo di un paese che, sicuramente tra molte diseguaglianze, vive una crescita sociale ed economica continua da parecchi anni.
Il primo sintomo di queste capacità è stata la guerra dei numeri. L’ONU ha voluto esagerare o ha fornito stime in eccesso, il Presidente del paese le ha ridotte del 50% dato che controlla la protezione civile e l’esercito. Le cifre servono a mobilitare gli aiuti, il mondo umanitario e mediatico è in fermento. In pochi giorni si è lasciato da parte l’emergenza siriana, così faticosa da capire, per dedicare ogni sforzo alle filippine. Convogli di aiuti in partenza per i campi profughi dove vivono i siriani sono passati in secondo piano, nonostante l’inverno in Medio Oriente sia freddo e sia alle porte. Ogni attenzione è verso le filippine.
Chiaramente è necessario aiutare i filippini in base alle richieste del governo locale. Storia un po’ diversa è costruirci su un’altra tragedia ad uso e consumo dei media e delle varie multinazionali umanitarie. Vero è che lo Tsunami risultò essere una delle tragedie più redditizie della storia, facendo dire ad un’organizzazione internazionale seria di fermare le donazioni, perché non avrebbero potuto utilizzarle. E quindi dopo quella tragedia ogni disastro naturale in Asia gode di un’attenzione enorme. I media italiani hanno subito rilanciato le campagne (sms solidale, etc) di alcune organizzazioni umanitarie che sono partite per le Filippine, anche senza esserci mai state prima.
Certamente saranno fondi aggiuntivi e d’aiuto. Sicuramente sono più facili da raccogliere milioni di euro per i filippini che altrettanti per far fronte all’inverno siriano, che coinvolge 8 milioni di persone nel paese e tre milioni di rifugiati solo nei paesi confinanti. Ma i conflitti sono un spettacolo che stanca alla lunga, troppa violenza, troppo sangue, troppa cattiveria dell’uomo e domande da porsi sulle cause. Mentre gli alluvionati sono più accattivanti ed hanno a che fare solo con l’ineluttabilità delle catastrofi naturali. C’è sempre un occhio un po’ coloniale che da occidente guarda a questi fenomeni. Mentre è ormai chiaro a molti che è l’Oriente il nuovo padrone del mondo, da almeno 10 anni.
Nel caso delle Filippine si spera che questa nuova emergenza, ed i relativi fondi, servano anche a fare serie campagne ed azioni di informazione/prevenzione sul cambiamento climatico. A costruire con i media percorsi di conoscenza seri dei paesi di tutto il mondo, fuori dagli sguardi coloniali, in modo, anche, da evitare le offensive gag della televisione italiana. Si spera che questi fondi privati, mobilitati anche grazie alla enorme e generosa com-passione degli italiani, servano a far conoscere la ricchezza e la bellezza delle Filippine che non sono un paese del quarto o quinto mondo, e per questo saranno capaci in tempi brevi di riprendersi dalla catastrofe naturale. Anche senza la nostra carità.
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