giovedì 4 aprile 2013

L'Afghanistan visto dagli italiani → Lavorare come infermiere in Afghanistan. Parte 1

Luca Di Trani


L’Afghanistan nell’obiettivo di Alberto Alpozzi
Scaricare l'audio
L’Afghanistan nell’obiettivo di Alberto Alpozzi
© Foto Alberto Alpozzi
Da Mosca “La Voce della Russia!”
Ben ritrovati in una nuova puntata del nostro ciclo “L’Afghanistan visto dagli italiani”, creato in vista del possibile ritiro delle truppe occidentali nel 2014! Oggi riscopriremo il paese degli aquiloni attraverso gli occhi di Federico Martoglio, infermiere specializzato in pronto soccorso emergenza che ha potuto conoscere da vicino questa realtà.


Scaricare l'audio


Corrispondente:Ci parli della sua esperienza in Afghanistan: Quando e per quanto tempo è stato lì? Di cosa si occupava concretamente?

Martoglio: Sono arrivato in Afghanistan nell’agosto del 2009, la mia permanenza è durata un anno e mezzo e sono stato il direttore della missione AISPO per conto del S. Raffaele di Milano; missione indetta dal Ministero degli Affari Esteri italiano. Mi occupavo della direzione dell’ospedale pediatrico in collaborazione col personale afghano ed in particolare, vista la mia specializzazione, del pronto soccorso e della terapia intensiva pediatrica. Era di particolare importanza la necessità di migliorare la qualità delle cure che, in Afghanistan, presentano un livello molto basso, forse peggio che in Africa.

Corrispondente:Quali sono state le maggiori difficoltà che ha incontrato nel corso del suo lavoro?

Martoglio: Sicuramente le differenze culturali e la diffidenza della popolazione verso lo straniero, soprattutto verso chi non condivide la religione musulmana. Questo ha creato dei problemi nello svolgimento del mio lavoro, in particolare quando dovevo visitare delle bambine anche in condizione di emergenza. E’ successo di dover dire al padre che qualora non avessi potuto visitare sua figlia sarebbe dovuta morire, riuscendo così, grazie all’amore paterno, ad ottenere il permesso di poter lavorare. Particolari difficoltà le ho avute anche nel momento in cui dovevo parlare con le mamme che, sentendosi controllate dagli altri uomini afghani, abbassano continuamente il burqa e lo sguardo. E’ stato quindi necessario studiare la cultura afghana prima di recarsi sul posto.

Corrispondente: Siete quindi aiutati da personale femminile per poter operare le donne?

Martoglio: Assolutamente sì! Nel mio ospedale avevo tre dottoresse e tre infermiere afghane. L’ospedale era diviso in due ale: una riservata al solo accesso femminile e l’altra al solo accesso maschile. Nella parte femminile noi ovviamente passavamo a vedere i bambini ma quando c’era la necessità di effettuare procedure più invasive ci affidavamo al personale femminile afghano. In quei casi noi ovviamente ci facevamo da parte poichè se il mullah fosse venuto a conoscenza della nostra presenza in tali operazioni ci avrebbero dato molti problemi.

Corrispondente: Chi vi dava le risorse ed i materiali per poter offrire i vostri servizi?

Martoglio: Le risorse in generale venivano offerte del Ministero degli Affari Esteri. In parallelo io e la mia squadra cercavamo delle risorse sul territorio afghano. Il punto fondamentale per me è trovare il necessario sul luogo, sia per non dover dipendere dall’aiuto esterno e sia per avere delle attrezzature e dei meteriali adatti alle conoscenze pregresse del personale locale. Cercavamo inoltre di utilizzare i fondi non solo per le apparecchiature ed i medicinali ma anche per poter migliorare l’accesso ai nostri servizi; abbiamo infatti creato un sistema gratuito di navette affinché i bambini potessero recarsi al nostro ospedale che si trovava a quindici chilometri dal centro di Herat. Il servizio è risultato estremamente necessario, soprattutto per i meno abbienti.

Corrispondente:Crede che la situazione sanitaria in Afghanistan sia migliorata successivamente all’intervento militare? Se sì, come?

Martoglio: E’ una domanda a cui è davvero difficile rispondere: di per se la presenza italiana ha sicuramente migliorato le cose, ma non ha cambiato il sistema afghano che resta impenetrabile e soprattutto a livello sanitario affetto da una corruzione allucinante. I militari italiani hanno fatto dei miracoli grazie soprattutto alla lora assistenza aerea. Purtroppo il limite della loro presenza è la loro provvisorietà; cosa succederà quando non ci saranno più? Per me questo è un grande punto interrogativo. Ulteriori problemi, come abbiamo detto, sono causati dalla corruzione del Ministero, spesso per avere dei servizi bisogna scendere a patti. Vogliono avere tutti i resoconti dei soldi che entrano in Afghanistan sperando sempre di tenersene una parte per loro. Penso quindi che la situazione non cambierà. Sicuramente abbiamo creato nei medici la fiamma della passione per la medicina ma a livello strutturale la situazione non ha subito reali cambiamenti.
Avete ascoltato la prima parte dell’intervista rilasciata a Luca Di Trani da Federico Martoglio. Aspettiamo con impazienza i vostri commenti e le vostre impressioni sul tema afghano.
A presto sulle nostre onde!

Nessun commento:

Posta un commento