mercoledì 1 agosto 2012

E-MAIL PER STRISCIA:





Sono l'ex-moglie del noto calciatore Totò Schillaci. Nell'anno '92, durante i miei problemi coniugali con mio marito, conobbi una donna che sembrava essere un'amica; si comportava come una sorella e costituì un vero conforto per me, dopo la separazione da mio marito.
Tuttavia, non potevo sapere che, alle mie spalle, questa signora stava tramando ed organizzando un qualcosa, senza alcun limite d'immaginazione, per la quale avrei subito delle conseguenze giudiziarie, inenarrabili ed inaudite, per le quali sono ancora coinvolta da più di 20 anni!!!
Si occupava di gioielli, mi portava sempre con lei dicendomi che con la mia immagine avrei attirato la clientela nell'ambito calcistico.
In occasione di una fiera, andai con lei a scegliere della merce; dovevo solo accompagnarla, senza influire in alcun modo, ma, comunque, dandole un po' di notorietà e pubblicità perché ero una persona famosa e quindi riconoscibile da tutti. Quel giorno, però, a mia insaputa, mi presentò ai gioiellieri titolari di Ditte come sua socia, ma io non me ne ero resa conto, sia perché non l'avevo sentita mentre lo dichiarava e sia perché all'età di 24 anni, priva di esperienze, non potevo pensare alle conseguenze giuridiche gravissime che un giorno, vi sarebbero state nei miei confronti per essere sembrata una socia della mia amica gioielliera.
Quello fu solo un particolare che poi diventò un cavillo legale da cui poi nacquero tutti i miei problemi giuridici e processuali.
Nonostante, la mia amica avesse già ordinato prima della fiera tutta la merce, che avrebbe dovuto arredare ed inaugurare l'apertura della sua nuova gioielleria in Torino, quel giorno mi portò alla fiera col preciso intento di presentarmi agli altri come sua socia e quindi diventare oggetto di alcuni articoli di riviste scandalistiche di cronaca rosa. 
La mia ex amica, appoggiandosi letteralmente alla mia immagine, senza che io me ne rendessi conto, alla fiera esternò un rapporto societario totalmente inesistente e sfornito di qualsiasi prova, alla cui base vi era un ordine di merce effettuato prima della mia partecipazione alla fiera. Inoltre, tale ordine fu accettato da tutte le ditte, in stretto rapporto lavorativo con lei, che le fornirono tutta la merce, comprendente gioielli ed arredi ma senza alcuna garanzia di pagamento. 
Io non ho mai partecipato ai suoi affari in alcun modo, sono sempre stata estranea e non ho mai firmato niente. Non c'è mai stata alcuna attestazione del mio fittizio ed apparente rapporto societario, che mi è stato poi, successivamente imputato. 
Non trascorse molto tempo, dall'apertura del negozio, che avvenne nello stesso un furto in cui scomparve misteriosamente tutta la merce precedentemente ordinata e mai pagata.
Nell'anno '96 sono stata dichiarata fallita quale socia apparente, della mia ex amica, dichiarata lei stessa fallita, unitamente alla sua società. Nell'anno 2000, la dichiarazione di fallimento nei miei confronti venne revocata grazie alla causa d’opposizione instaurata dai miei avvocati. Fu proprio nel medesimo anno (2000) che una delle ditte presenti, in quella fiera avvenuta anni fa, cercò di rivalersi su di me per farmi pagare i famosi gioielli ordinati da quella mia amica e mai pagati, iniziando così con un nuovo iter giudiziario pazzesco nei miei confronti con varie cause qui a Palermo, di primo e secondo grado nonché d’esecuzione forzata ed in Cassazione: alcune delle quali tutt'ora ancora in corso ed a causa delle quali ho subito  un forte dispendio di denaro per pagare gli avvocati, energie e sofferenze per cercare di difendermi dall’ingiustizia perpetrata nei miei confronti.
La Ditta di gioielli a cui ho fatto riferimento, mi ha chiesto il pagamento dei danni provocati dal comportamento illecito della mia amica in cui anch'io sono stata coinvolta in qualità di socia apparente, nonché vittima della predetta.
Oggi mi ritrovo alle spalle con una sentenza di primo grado del Tribunale di Palermo ed un’altra della Corte D'Appello che mi hanno condannato a pagare oltre € 300.000,00.
In entrambi i processi non sono stati ascoltati i miei testimoni che comprendevano gli esponenti delle altre ditte che erano consapevoli del fatto che io non ero mai stata socia della signora in questione. La ditta ha, invece, avuto la meglio presentando come testimoni dipendenti o suoi collaboratori che non potevano far altro che avvallare la tesi del datore di lavoro. 
Mi rivolgo a Voi per ottenere una specie di rivalsa morale, dopo tutti i danni che ho subito, morali, economici e finanziari, e che tutt'ora sto pagando rischiando l’unico bene in mio possesso e cioè la casa nella quale abito con i mei figli, tra l'altro l'unica che il mio ex-marito mi ha lasciato e nella quale abito da quando ci siamo separati. Per tutto ciò è tutt'ora in atto un procedimento in Cassazione, nel quale i miei avvocati credono pienamente, oltre ad una causa di espropriazione immobiliare.
Parallelamente, infatti, il Tribunale di Palermo, su istanza della ditta di gioielli, nei confronti della quale sarei debitrice per un importo di oltre euro 300.000,00, sta procedendo nell'espropriazione coatta del mio immobile che presto verrà venduto all'asta e, sicuramente, ad un prezzo molto inferiore di quello che è il vero valore di mercato.
Io ed i miei figli chiediamo giustizia, una reale giustizia, ma attraverso i lunghi tempi della Cassazione rischio che, una volta assolta dalle domande di pagamento della controparte, non avrò più la possibilità di riavere da quest’ultima né il denaro pagato né l'immobile che verrà svenduto se non pagherò prima e che non riuscirò più a ricomprare.
Pertanto vorrei che la Corte di Cassazione anticipasse i tempi del procedimento instaurato per i gravi errori di giudizio commessi dalla Corte d'Appello e dal Tribunale di Palermo che mi hanno condannato non solo su di una scorretta interpretazione e violazione delle norme giuridiche ma anche sulla base delle prove orali dei testi indicati dalla mia creditrice e per la quale lavoravano.
Preciso anche che, per tentare di essere cautelata, dai lunghi tempi della Corte di Cassazione, sono state già presentate  delle istanza, che però sono state respinte alla Corte d'Appello di Palermo per sospendere l'esecuzione della sentenza d'Appello che mi condanna al pagamento dell'ingente somma che potrebbe essere revocata dalla successiva sentenza di Cassazione.
Inoltre, la Corte d'Appello non ha fornito una spiegazione logico-giuridica della reiezione dell’ inibitoria, visto che risulta evidente che, una volta pagato il mio presunto debito o con la vendita della casa o con altro denaro, io non potrò più recuperarlo in quanto la ditta di gioielli creditrice risulta, da ricerche che ho effettuato, di non avere alcunché ma anzi praticamente di non esistere più poiché acquistata da un’altra società, e il titolare è deceduto l’anno scorso e i figli hanno rinunciato all’eredità del padre.
La mia richiesta è non solo per sensibilizzare ed ottenere un'abbreviazione dei tempi processuali della Corte di Cassazione e quindi non perdere per sempre la mia abitazione che riveste un notevole valore affettivo per me e per i miei figli, ma anche per evitare che altre persone, per aiutare un' amica come ingenuamente ho fatto io all'età di 24 anni, si trovino immischiati e senza saperlo e senza aver mai firmato atti societari in una situazione di mera apparenza che può avere conseguenze dannosissime, come il fallimento e le richieste (interminabili) di pagare debiti mai contratti!!! La mia notorietà infatti, dovuta al cognome di mio marito è stata usata, nonché sfruttata, dai creditori della mia ex amica, come valido capro espiatorio dal quale ottenere il pagamento delle forniture di gioielli effettuate.       
RISVOLTRI NUOVI: Il rappresentante della ditta (creditrice) è deceduto il 27 Dicembre2009, la cui società risulta inesistente, chiusa dal 2004. Queste non sono supposizioni ma i documenti che abbiamo in mano parlano!!!!!

Rita Bonaccorso


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