È morto Franco Sartorio uno
dei fondatori della «Dea»
MARINA CASSI GIUSEPPE LEGATO
È stato un pioniere. Così il mondo dell’impresa
ricorda Franco Sartorio, il manager morto ieri dopo una lunga malattia. A
lui e all’ingegno di un manipolo di giovani ingegneri si deve la
nascita negli Anni Sessanta della meccatronica, quel comparto
industriale che unisce meccanica e elettronica e che oggi è uno dei
settori più promettenti dell’economia italiana.Sartorio - nato nel 1932 e laureato a soli 22 anni in Ingegneria Elettrotecnica - è stato il più giovane dirigente Fiat, dove inizia la sua avventura lavorativa. Ma ben presto lascia l’azienda e fonda, nel 1965, con Giorgio Minucciani e Luigi Lazzaroni la Dea a Moncalieri.
Sotto la guida di Sartorio e con il supporto finanziario di Lazzaroni, che aveva fatto fortuna negli Anni 60 importando e noleggiando i mitici flipper e altri giochi elettronici, la Dea inventa la «Macchina di misura» che diviene in pochi anni uno standard di mercato internazionale. E macchine Dea vengono vendute in oltre 40 Paesi del mondo a clienti prestigiosi quali Boeing, Mercedes, Ford, Gm, Toyota.
Negli Anni 70 la Dea ha tra i suoi dipendenti una straordinaria concentrazione di giovani talenti che poi daranno vita a molte imprese, tra cui Fidia, Prima Industrie.
Con un fatturato di oltre 200 miliardi a fine Anni 70 e 1300 dipendenti, di cui 1000 a Torino e oltre 300 nelle filiali in Usa, Germania, Francia, Regno Unito e Giappone, la Dea è stata un esempio di multinazionale tascabile nel settore dell’alta tecnologia. Oggi opera nello stabilimento di Grugliasco e fa parte del gruppo svedese Hexagon Technologies.
Sartorio lascia la Dea nel 1977 e fonda, con un gruppo di amici e collaboratori, la Prima Progetti da cui poi nascerà negli Anni 80 Prima Industrie che guiderà fino a metà degli Anni 90.
L’attività della fabbrica di Moncalieri terminò molti anni dopo. Lo stabilimento di strada Torino era un vero e proprio gioiello dell’elettronica applicata agli strumenti di precisione. «Per noi - ricorda oggi il sindaco di allora Carlo Novarino - fu un vanto poterla annoverare sul territorio. La sua incidenza sulla vita e sull’immagine di Moncalieri, e non solo, fu altissima e di grande pregio». E ancora: «L’impatto fu prima di tutto qualitativo: insomma la Dea era famosa in tutto il mondo, veniva citata come esempio di ricerca e livello tecnologico e di produzione. Più che una fabbrica avevano realizzato una perla architettonica. Forse abusando del riflesso della loro gloria ci sentivamo anche noi la città dell’innovazione».
Oggi la struttura della Dea è abbandonata. I terreni sono stati acquisiti da alcune società immobiliari. Due anni fa si parlò di una mega intervento edilizio caratterizzato da un mix sociale di case di pregio ed edilizia popolare. Non se ne fece nulla. La Regione fermò tutto per colpa di alcune incongruenze con le fasce di rispetto: gli alloggi sarebbero nati troppo vicini al cimitero che sorge di fronte. Quasi un segno del destino: quel gioiello non andava cancellato.
http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cultura/articolo/lstp/455741/
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