sabato 7 agosto 2021

Addio a Mohamed Mashally, il medico dei poveri. Ce ne fossero di persone così

  

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Pochi giorni fa veniva a mancare un signore conosciuto come “Doctor of the poor”, al secolo Mohamed Mashally, egiziano. Verrebbe da dire un signore d’altri tempi ma non sarebbe corretto. Più giusto dire: un signore oltre i tempi ed oltre la cultura di provenienza. Oltre gli stereotipi del bene e del male, oltre comodi schemi che vorrebbero semplificare catalogando le persone. Mashally è stato un medico che ha interpretato il Giuramento di Ippocrate come più non si potrebbe. La sua storia ricorda quella dell’italiano Giuseppe Moscati, anche lui “Medico dei poveri” e per certi aspetti, ricorda le scelte di vita di un uomo particolarmente coerente, José Mujica, il 40° presidente dell’Uruguay. Ma questa è un’altra storia. Torniamo al dottor Mohamed Mashally.

Si era laureato in medicina nel lontano 1967. Aveva una sua struttura di ricovero e cura aperta a tutti, in particolare a coloro che non potevano permettersi di pagare una parcella e i farmaci. Molti pazienti erano bambini perché la sua specializzazione era in pediatria. Andava avanti con donazioni e come poteva. Non aveva un’automobile, né un telefono cellulare. La sua vita era scandita dalle cure e dalle attenzioni verso i suoi pazienti e null’altro. Per sé non ha trattenuto nulla se non, forse, la soddisfazione di aver restituito a molti salute, fiducia e speranza. Tutto questo per mezzo secolo, anche da pensionato, fin quanto ha potuto.

É una di quelle vite che non dovrebbero andarsene mai, ma Mohamed è uscito dal mondo a 76 anni, interamente vissuti da giusto. Non è difficile dire che è un bell’esempio di generosità, bontà, sensibilità. Un esempio concreto di umanità. Non è difficile sentirsi dalla sua parte, eticamente, moralmente, filosoficamente. Tuttavia, è ben difficile essere come lui. Non per egoismo, non per interesse, non per indifferenza. Semplicemente, è difficile. É difficile dedicarsi davvero agli altri, difficile farlo con disinteresse, disincanto, senza aspettarsi nulla in cambio. Difficile fare una scelta di totalità, di abnegazione, di amore incondizionato. Semplicemente difficile. Ed è difficile anche rendersene conto.

Dovremmo riguardare, con il faro Mohamed, il nostro lockdown. Dovremmo ricordare quell’onda emotiva che faceva pensare ad un nuovo umanesimo, la riscoperta autentica di valori e principi. Molti comprendevano, finalmente, il non senso della “vecchia” normalità, certi di un mondo che stava reimpostando coordinate più degne, fatte di attenzioni e sensibilità per un vivere pieno di sostanza, quella vera. Insomma, per dirla con Fromm, l’Essere più che l’Avere. Non mancavano le buone intenzioni, non sono mancate le giuste interiorizzazioni, eppure… Eppure, tutti abbiamo visto il dopo. A gabbie aperte (e mi si perdoni l’espressione, ma è inevitabile usarla) l’unica corsa che c’è stata è quella di dimenticare subito quanto appreso.

Abbiamo dimenticato i cieli puliti, senza smog e senza polveri sottili, abbiamo dimenticato che gli animali si spingevano incuriositi fin nelle città, abbiamo dimenticato che per vivere bene basterebbe poco, davvero poco, se solo ci fossero una concreta semplicità e il senso solidale, se non dovessimo gareggiare in apparenza e opulenza, se non dovessimo esercitare una qualche forma di potere per dare all’inconscio la sensazione di un’autostima che tutto è fuorché stima consapevole. Abbiamo visto il peggio, nell’aggressività verbale e anche fisica, negli egoismi e stoltezze comportamentali (quante mascherine per terra in tutte le strade!). Lo vediamo nell’eclettico popolo dei social che non cerca di capire ed eventualmente perdonare, ma si scaglia contro a prescindere.

Basta estrapolare dalle frasi quello che si vuole per motivare opinioni date un tanto al chilo. Così è, ormai. Lo vediamo ovunque, in una certa politica, nella quotidianità e in una parte della stampa.  Meglio tornare al dottor Mohamed, alla sua esile figura, il volto con le sue belle rughe date dagli anni, la postura un po’ ingobbita, torniamo ai suoi silenzi e alla generosità autentica. Ce ne fossero di persone così, in ogni ambiente, ogni lavoro, ogni nucleo familiare. Immagino tanti semi per una umanità da venire, un’umanità che cresce a fatica ma che riesce a trovare una strada di autenticità.

http://www.ilgraffio.online/2020/08/04/addio-mohamed-mashally-medico-dei-poveri-ce-ne-fossero-persone-cosi/

Kissinger71 

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