Melissa ha dieci mesi. Ha le guance paffute e la sua mamma le pettina i capelli con due codini. Quando aveva sei mesi e 28 giorni le hanno diagnosticato la Sma di tipo 1, la più grave forma di atrofia muscolare spinale. Colpisce le cellule nervose della spina dorsale impedendo progressivamente la capacità di deglutire, camminare e respirare. Ne è affetto un bambino su 80mila, l'esordio avviene nei primi sei mesi di vita e riduce le aspettative di sopravvivenza a pochi anni. Una malattia terribile per la quale una cura - una speranza - esiste. Si chiama Zolgensma, meglio conosciuto come il farmaco più costoso al mondo: 1,9 milioni di euro per una sola dose. Prodotta da Novartis, è una terapia genica che con un'unica iniezione può ribaltare il destino di Melissa. Un gene artificiale che si va a sostituire a quello malato ripristinando - se iniettato in tempo - le normali funzioni dei motoneuroni.
Ed è stato proprio il tempo a tradire Melissa: in Italia il farmaco è fornito gratuitamente dal SSN dallo scorso novembre, ma solo nei bambini al di sotto dei sei mesi d'età.
Questione di 28 giorni e oggi Rossana, la mamma di Melissa, starebbe
raccontando un'altra storia. Ma anche questione di parallelo. Negli
Stati Uniti e in alcuni Paesi europei come Germania e Francia il limite
d'età è stato abolito, tanto che bambini fino a cinque anni hanno a oggi
beneficiato della terapia a patto di rientrare nei 21 chilogrammi di
peso.
Quello di Melissa non è un caso isolato. Come lei ci sono Federico, 17 mesi. Rosy, di 16 mesi. Nicolò, 10 mesi. E ancora Marco, Stefano, David, Leonardo, Paolo, Andrea, Angelo, Luca, Amy, Lorenzo. Alle loro spalle ci sono mamma Rossella, Tina, papà Mattia. Famiglie disperate e ormai disposte a tutto purché ai loro figli venga concessa l'opportunità di un futuro dignitoso. I loro appelli si susseguono sui social, da oggi raggruppati sotto l'hashtag #esefossetuofiglio e si rivolgono al ministro Speranza e al Direttore generale Aifa Nicola Magrini: «Abbiamo il diritto di curare i nostri figli in Italia. Approvate la terapia anche oltre i sei mesi. Ci sono le prove che funziona». L'alternativa? Organizzare raccolte fondi milionarie e volare all'estero.
Maria Grazia Cucinotta ha scelto di metterci la faccia e
combattere affianco alle famiglie dei bambini affetti da Sma. Come è
venuta a conoscenza della lotta per la somministrazione di Zolgensma
anche dopo i sei mesi di vita?
«Grazie a mia figlia Giulia.
Mi ha mostrato il link della raccolta fondi per aiutare Melissa e non ci
ho pensato un attimo a condividerlo sui miei social».
Da
quel momento è diventata la loro madrina, portando alla ribalta la
questione anche in programmi tv come Storie Italiane su Rai1.
«Mi
ha contattato Rossana, la mamma di Melissa, per ringraziarmi. Mi ha
parlato di altri bambini nelle stesse condizioni e ho proposto di
riunire le famiglie in una chat su Whatsapp in cui scambiarsi
informazioni».
Come si chiama il gruppo?
«Lottiamo
tutti insieme. Al momento ci sono quattordici famiglie ma sono già
molte se si considera l'incidenza della malattia. Colpisce un bambino su
diecimila nati all'anno».
Qual è il vostro intento adesso?
«Abbiamo
rivolto un appello al ministro Roberto Speranza e al Direttore Generale
Aifa Nicola Magrini affinché la terapia possa essere effettuata da
questi bambini oltre i sei mesi anche in Italia».
Basterebbe una firma.
«Una
firma e un'iniezione. Se c'è anche una sola possibilità di salvare la
vita ad un bambino bisogna provare. Discriminare sull'età significa
condannarli a morte».
Il costo del farmaco è altissimo.
«Quasi
due milioni di euro, una cifra che in pochissimi hanno a disposizione.
Ma davanti a una vita umana non devono esistere interessi economici o
logiche di business».
Come può contribuire chi ha la sua visibilità?
«Sfruttandola per aiutare a salvare questi bambini. Condividere le loro storie e far sentire le loro voci».
lohttps://www.leggo.it/sanita/zolgensma_sma_1_atrofia_muscolare_spinale_italia_aifa_approvazione_ultima_ora_oggi_22_gennaio_2021-5716350.html
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