Katarina Witt, il volto angelico della diplomazia
La chiamavano “il volto della diplomazia”, negli anni Ottanta era la tedesca dell’Est più famosa al mondo. Stiamo parlando di Katarina Witt, leggendaria pattinatrice sul ghiaccio vincitrice di due ori olimpici (Sarajevo 1984 e Calgary 1988).
Atleta di straordinario talento, era una tedesca DDR atipica: competitiva e perennemente concentrata, ma anche una vera guerriera capace di esaltarsi nelle difficoltà. Accompagnata da una grazia innata, la Witt divenne presto autentico personaggio glam da copertina. Il suo palmares è da brividi: oltre ai due ori olimpici la pattinatrice artistica può fregiarsi di quattro titoli mondiali e sei affermazioni nei Campionati Europei.
Il primo titolo olimpico arrivò a soli diciott’anni: nei Giochi di Sarajevo del 1984 sbaragliò la concorrenza di Rosalynn Sumners, atleta di punta degli Stati Uniti. Già, Germania Est opposta alla potenza nordamericana: scontato che la sfida si tramutò presto in Est contro Ovest, proprio come quattro anni più tardi. Calgary 1988, tutta la pressione gravita sulle spalle della Witt: in patria è un’atleta privilegiata (lo si scoprirà all’apertura dei dossier della Stasi) ma è condannata alla vittoria, perché la caduta di immagine legata a un eventuale insuccesso le si ritorcerebbe contro. Ancora una volta è una pattinatrice statunitense la sua rivale, la quotatissima Debi Thomas, che già l’aveva battuta nei Campionati Mondiali del 1986. La sfida tra le due campionesse passa alla storia come la battaglia delle Carmen, dato che entrambe si esibiscono sulle note della celeberrima .La Witt non sbaglia praticamente nulla: è concentrata, determinata, seduce la giuria, incanta i 22 mila dell’ Olympic Saddledome; Debi Thomas crolla all’ombra della pluricampionessa e perde anche la medaglia d’argento, finita alla beniamina di casa Elizabeth Manley. Katarina Witt è la prima pattinatrice artistica a laurearsi campionessa olimpica in due edizioni consecutive dei Giochi invernali dai tempi della campionessa norvegese Sonja Henie.
Il doppio successo sulla ribalta olimpica le regalò una popolarità universale, ma dopo la caduta del Muro di Berlino le provocò anche una buona dose di rancore e inimicizie tra i propri concittadini: non tutti gli atleti erano così privilegiati dal regime, questa l’amara verità emersa dai verbali Stasi. La sua carriera culminò con la platonica partecipazione a Lillehammer 1994: passerella anelata a ogni costo dalla campionissima per portare il suo messaggio di pace per la sanguinante popolazione di Sarajevo.
Dopo il sipario sulla carriera agonistica arrivarono le collaborazioni con Hollywood (interpretò il ruolo di una pattrinatrice russa in "Ronin"), una copertina senza veli di Playboy (il numero di Dicembre 1998 fu il secondo ad andare tutto esaurito dopo quello di Marilyn Monroe) e le tante attività di beneficienza e la presidenza del bid di Monaco 2018 al ritorno in patria. Già, a distanza di anni i connazionali le perdonarono tutto, dopotutto è mai esistita un’ambasciatrice dello sport tedesco così irresistibile?
di Paolo PEGORARO (Twitter @PaoloPego82)
http://it.eurosport.yahoo.com/blog/the-sochi-network/katarina-witt-volto-angelico-diplomazia-150943486.html?vp=1
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