Una nuova terapia genica messa a punto dall'Università di Zurigo, fa sì che il tumore si autoelimini
22 Maggio 2021
Giorno dopo giorno, la scienza aggiunge pezzi al puzzle della lotta alle malattie ad oggi incurabili. I tumori, attualmente, sono purtroppo molto diffusi e, sebbene il tasso di mortalità stia diminuendo, molte tipologie di cancro sono ancora totalmente incurabili. Inoltre, la maggior parte delle terapie risulta aggressiva causando gravi effetti collaterali nei pazienti e indebolendo il sistema immunitario. Sta prendendo molto spazio, tra i vari tipi di trattamenti, la terapia genica per la cura del tumore.
Che cos’è la terapia genica
Per la cura delle malattie genetiche rare si ricorre spesso e con successo alla terapia genica. Proprio perché le malattie genetiche sono determinate dal malfunzionamento di un gene. Ciò che si fa con la terapia genica è sostituire la copia mutata con una perfettamente funzionante. Una sorta di correzione del nostro Dna, che garantisce alla cellula un corretto funzionamento. In ambito oncologico, la terapia genica può essere sfruttata per insegnare al sistema immunitario a riconoscere ed eliminare le cellule del tumore. Quindi, la terapia genica, non ha come bersaglio le cellule del tumore, ma le cellule normali del sistema immunitario.
Credits: mutagens
Una speciale terapia genica contro il tumore
Un team di ricerca internazionale, guidato da scienziati dell’Università di Zurigo, che ha collaborato a stretto contatto con i colleghi della Divisione di Biologia e Ingegneria Biologica del California Institute of Technology (CALTECH), Stati Uniti ha messo a punto una nuova tecnica di terapia genica contro il tumore. Il coordinatore del team, Andreas Plückthun, anche docente docente presso il Dipartimento di Biochimica dell’ateneo svizzero ha nominato SHREAD, la nuova tecnica. Il nome della terapia è nato dalla contrazione delle parole: SHielded, REtargetted ADenovirus.
Come agisce SHREAD
I ricercatori, hanno raggiunto tale risultato modificando con l’ingegneria genetica un adenovirus, un patogeno che provoca il comune raffreddore e che è stato già utilizzato in diversi vaccini anti Covid. Dall’ AstraZeneca, al Johnson & Johnson e anche per lo Sputnik V. In pratica, il team ha trasformato l’adenovirus in una navetta di trasporto, che fornisce i geni alle cellule tumorali. In questo modo le cellule vengono esortate a produrre agenti terapeutici, i quali sono alla base del processo di autodistruzione. La nuova terapia genica genera composti, quali anticorpi, citochine e altre sostanze di segnalazione che favoriscono l’eliminazione del tumore.
Vista di un tumore dall’interno – Credits: Plückthun Lab
La dottoressa Sheena Smith, a capo del team che ha progettato la tecnica ha spiegato: “Induciamo il tumore a eliminarsi da solo attraverso la produzione di agenti anti-cancro da parte delle sue stesse cellule”. Il professor Plückthun ha, poi, aggiunto “Gli agenti terapeutici, come gli anticorpi terapeutici o le sostanze di segnalazione, rimangono per lo più nel punto del corpo in cui sono necessari, invece di diffondersi nel flusso sanguigno dove possono danneggiare organi e tessuti sani”. Sfruttando un sofisticato sistema di imaging 3D, il team di ricercatori ha potuto notare che grazie alla tecnica SHREAD vengono a crearsi dei fori nei vasi sanguigni del tumore, distruggendo, così, le cellule dall’interno. Dall’immagine si può notare il movimento delle diverse cellule. In rosso abbiamo i vasi sanguigni, le cellule tumorali sono turchesi e in giallo gli anticorpi terapeutici.
Esperimenti fatti per raggiungere risultati eccellenti con la terapia genica
In uno degli esperimenti condotti dal team di ricerca, gli scienziati sono riusciti a far generare nelle cellule cancerose di un topo, con cancro alla mammella, l’anticorpo monoclonale trastuzumab. Quest’ultimo è un anticorpo monoclonale che agisce riconoscendo le cellule tumorali e impedendo loro di crescere e riprodursi. Attraverso questo metodo gli scienziati hanno fatto sì che la concentrazione di anticorpi prodotta fosse significativamente maggiore rispetto alla concentrazione indotta dalla semplice inoculazione del medicinale. In questo modo, inoltre, il trastuzumab è stato veicolato esattamente nelle zone d’interesse, evitandone la presenza in altri tessuti e nel flusso sanguigno, a vantaggio della riduzione della tossicità. I ricercatori spiegano il successo della nuova tecnica. “Questo approccio aumenta i livelli di un anticorpo modello nel tumore di 1.800 volte rispetto alla somministrazione diretta. Pertanto, il sistema potrebbe consentire la produzione locale di farmaci altamente potenti con un rischio notevolmente ridotto di tossicità sistemiche”.
Studentessa di ingegneria industriale presso l’Università degli studi dell’Aquila e appassionata, da sempre, dell’ambito biomedico.
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