mercoledì 4 dicembre 2013

Perché dobbiamo imparare ad ascoltare


Abbiamo bisogno di un mondo diverso, di guardare e ascoltare le cose in modo diverso. Del resto, compito dell’adulto è sollecitare l’accesso “alla meraviglia” e accompagnare, assistere in questo cammino di crescita i più piccoli: a cominciare dalla scuola, si tratta di poter ascoltare che cosa, spesso, bambini e ragazzi comunicano riguardo al proprio mondo interno. Apparire svogliati, chiusi in se stessi, indisciplinati o aggressivi, ad esempio, possono essere i diversi e personali tentativi di risolvere i propri disagi personali. Ovviamente questi tentativi sono improduttivi e rischiano di reiterarsi all’infinito, tanto più se l’insegnante o il genitore identifica l’allievo o il figlio con le sue modalità difensive. Ma per ascoltare in prodondità dobbiamo prima di tutto saperci ascoltare
ascLa funzione della mente dell’adulto – genitore, insegnante, operatore psicosociale, educatore … – è, in modo fondamentale, una funzione di ascolto, di consapevolezza di ciò che accade nella relazione, ma anche dentro di noi in un rapporto continuo fra noi e l’altro, con noi e con l’altro, costantemente centrati su quello che si sente, su quello che si fa, su come lo si fa. Questa strada risulta percorribile solo se si è capaci di sentire e di ascoltare, ascoltarsi.
Compito dell’adulto è sollecitare l’accesso “alla meraviglia” e accompagnare, assistere in questo cammino di crescita. Se le dinamiche emotive possono essere verbalizzate, espresse, mandate fuori dal mondo interno di bambini e ragazzi, queste potranno essere vissute come meno opprimenti e condivise con altri che hanno potuto provare sentimenti simili. Meltzer e Harris, due autori che si sono interessati dell’argomento, assegnano a genitori e insegnanti, sia pure con valenza diversa, il compito di cercare di farsi strada “dentro il mondo in cui abita l’individuo”.  Si tratta di poter ascoltare che cosa, spesso, gli allievi e i figli comunicano riguardo al proprio mondo interno.
Così comportamenti aggressivi, incapacità a concentrarsi, tentativi di evadere il compito, possono, se non respinti o condannati moralisticamente, condurre a comprendere che le difficoltà di apprendimento spesso non sono altro che difficoltà di relazione con sé e con gli altri. Non serve, quindi etichettare come “pigri”, “indisciplinati”, “svogliati”, ragazzi che effettivamente si comportano come tali.
La psicologia del profondo, al contrario della psicologia del comportamento, si interroga sulle dinamiche sottese, che stanno dietro a comportamenti ritenuti disadattivi; secondo questo approccio, questi comportamenti non sono altro che modalità difensive che l’individuo mette in atto per relazionarsi con se stesso e con gli altri. Apparire svogliati, chiusi in se stessi, indisciplinati o aggressivi, possono essere i diversi e personali tentativi di risolvere il proprio disagio personale. Ovviamente questi tentativi sono improduttivi e rischiano di reiterarsi all’infinito in una prospettiva di insuccesso, tanto più se l’insegnante o il genitore collude identificando l’allievo o il figlio con le sue modalità difensive.
Genitori e insegnanti potrebbero, allora, impegnarsi a stabilire con i loro ragazzi o figli, interazioni sane e significative ponendosi come mediatori tra essi e i loro disagi esistenziali, aiutandoli a elaborare i contenuti emotivi della frustrazione, riconoscere le ansie e aiutarli ad interagire con esse affinché non possano sovrapporsi fra loro e l’apprendimento quali elementi inquinanti il pensiero. Secondo Blandino e Granieri, una qualunque attività finalizzata alla crescita delle persone ottiene dei risultati quando è organizzata in modo da promuovere l’integrazione, nella mente, delle sue varie parti e in particolare quelle problematiche o “cattive” che invece, usualmente, nella scuola vengono espunte o stigmatizzate moralisticamente.
L’adulto “sufficientemente buono” – di winnicottiana memoria – potrà, allora, essere capace di “ascoltare” se saprà concedersi la possibilità di poter prendere qualcosa dall’altro, anche se quest’ultimo è suo figlio o un suo allievo o un utente. Questa modalità di ascolto è possibile solo se l’adulto è aperto a compiere “l’ascolto di sé”, l’ascolto del suo mondo interno. “Cosa mi succede dentro”, “cosa si sta muovendo dentro di me”, “quali emozioni mi suscita l’ascolto delle emozioni dell’altro?”, sono solo pochi esempi che illustrano una verità fondamentale: la verità che per ascoltare in profondità abbiamo bisogno di “fare silenzio dentro”, per ascoltare l’altro abbiamo bisogno di “ascoltarci”, abbiamo bisogno di “fare spazio”, “essere dentro di noi”; solo dopo questa operazione, questo primo filtro, possiamo concederci di tentare di effettuare un ascolto significativo. L’ascolto così inteso si apre all’incontro, ad un incontro di tipo particolare dato dalle profondità di mondi interni diversi, personali, che insieme possono incontrarsi per condividere pensieri, emozioni, sentimenti ed esperire affetti.
L’asascoltare.previewcolto dell’altro è realizzabile solo se c’è dentro di noi la possibilità di incontrare il mondo dell’altro (la sua visione, personale, del mondo, il suo mondo interno, le sue emozioni) e, spesso, l’ascolto profondo è possibile se siamo capaci di ascoltare “quello che gli altri non dicono” attraverso le parole ma comunicano attraverso altri canali. Va da sé che questo tipo di ascolto non si può improvvisare, né è di facile realizzazione. Non a caso Freud ammoniva che l’attività educativa così concepita è difficilissima e soggetta ad errori, egli diceva che ci sono tre operazioni costituzionalmente “impossibili” da svolgere: educare, governare, psicoanalizzare.
Per ascoltare non basta “aprire orecchie” e percepire parole, dobbiamo compiere lo sforzo di metterci nei panni dell’altro cercando di sentire dentro di noi il messaggio e le emozioni che l’altro ci vuole comunicare. Dobbiamo renderci disponibili a sentire dentro di noi l’esperienza dell’altro al fine di entrare in una relazione profonda con lui, in modo autentico. In questo senso, quindi, ascoltare non vuol dire solo raccogliere stimoli sonori, ma vuol dire soprattutto rielaborare questi stimoli per comprenderli in profondità. Questa attività coinvolge la persona nella sua totalità. “L’uomo ha due orecchie e una bocca sola perché dovrebbe più ascoltare che parlare” così recita un vecchio proverbio danese. Ascoltare non è percepire solo parole, ma anche i pensieri, lo stato d’animo, il significato personale e più nascosto del messaggio che ci viene trasmesso. Per ascoltare bisogna esser-ci, “essere con noi insieme all’altro”, per ascoltare è necessario che ci si stacchi dai propri interessi e dai propri schemi di pensiero e di vita per avvicinarsi gradualmente e con rispetto e umiltà nel mondo dell’altro.


A cura del Centro Specialistico Psiche
Questo Centro, da svariati anni, è in grado di offrire, durante tutto l’anno, una prima consultazione in sede gratuita e uno Sportello di Ascolto Psicologico – Telefonico e Telematico – lo stesso in forma gratuita. Il Centro è in grado di operare Interventi, Studi, Ricerche in Psicologia Clinica, Psicoterapia Psicoanalitica, Medicina Psicosomatica, Analisi Bioenergetica. Il Centro Specialistico Psiche si trova a Priverno
Cos’è la Mindfulness? …è conoscere cosa stiamo sperimentando, nel momento esatto in cui lo proviamo. Infatti è consapevolezza momento per momento. Mindfulness è libertà perché, prestando attenzione al flusso della percezione, piuttosto che alla nostra interpretazione di ciò che accade, permettiamo ad ogni attimo di essere nuovo e vitale. La vita diventa così una celebrazione dei sensi, della percezione di noi stessi, così come siamo nel presente della nostra vita. Torniamo a guardare le cose con gli occhi di un bambino, pieni di stupore e curiosità, di meraviglia e amore per le novità. “Potevo essere me stessa – ma senza stupore, e ciò vorrebbe dire qualcuno di totalmente diverso.” Wislawa Szymborska

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