La signorina è servita
Vi sentite migliori di chi si prostituisce? Questa frase è un banale trucco retorico che posiziona chi fa la domanda ad un livello superiore (più “morale”, mi scuso per la parolaccia) di coloro a cui è rivolta. Anni fa lo usava un’associazione (sedicente) di volontariato, i cui membri bloccavano i passanti per strada, apostrofandoli bruscamente con la letterale domanda: “Hai pregiudizi contro i tossicodipendenti?” Il poveraccio di turno era costretto a fermarsi per rispondere di no, ovviamente, perché dire di avere pregiudizi – o di sentirsi migliore – lo avrebbe messo automaticamente dalla parte del torto. Dopo di che il volontario passava al tentativo di spremergli il portafogli. L’associazione di senza-pregiudizi è stata successivamente riconosciuta come una truffa.
Premesso che mi sento molto migliore non usando il suddetto metodo in un discorso, sulla prima questione ho qualche piccola perplessità. Diamo per scontato, ad esempio, che per un’universitaria non in grado di pagarsi gli studi, prostituirsi sia una “opportunità” come un’altra. La garanzia di avere pari opportunità di prostituzione per tutte le universitarie come la otteniamo? Una giovane che risponda in alta percentuale al modello di “scopabilità” vigente potrà ottenere i soldi delle tasse scolastiche in breve tempo, ma se la ragazza è una “cozza”? Se ha la gobba, i denti storti, il didietro un po’ moscio e il naso a becco da strega? Se è disabile? Se è – orrore! – grassottella? Se soffre di vaginite? Certo, potrà frequentare clienti meno esigenti nelle periferie più disastrate o negli ospizi comunali per anziani, ma il ricavato delle prestazioni sarà decisamente più basso e ottenere la cifra necessaria prenderà molto più tempo. Non è scontato che ce la faccia, siamo seri, e questo viola un fondamentale principio di eguaglianza.
Seconda cosa: l’alto grado di scopabilità potrebbe o non potrebbe essere accoppiato ad una mente geniale. La nuova Marie Curie o la nuova Ada Lovelace potrebbero avere un corpo che soddisfa gli standard richiesti, proseguire gli studi e regalare all’umanità le loro ricerche; ma potrebbero non averlo e restare fuori dall’università, mentre le capaci (a letto) e le meritevoli (di eccitazione maschile) potranno utilizzare le loro prerogative anche per velocizzare l’ottenimento della laurea, offrendo di prostituirsi ai loro docenti in cambio di risultati positivi negli esami. Quanto ti manca alla tesi? Pochissimo, due fellatio e una sveltina in piedi. L’idea di avere una schiera di mediche, insegnanti, ingegnere, ricercatrici, ecc. così perfettamente preparate per svolgere la loro professione è esaltante.
Noto però che lo scenario è davvero discriminatorio per gli uomini. Il giovane che voglia prostituirsi per pagarsi gli studi quali opportunità ha? Quante docenti ha in facoltà? Quante sono le donne economicamente in grado di comprarlo, in un’Italia che ha un tasso di occupazione femminile inferiore a quello di Malta? Quanto deve abbassare il suo prezzo e quante prestazioni deve fornire per arrivare al traguardo? Prendendo anche in considerazione la popolazione omosessuale, e accettando la stima che la pone al 20%, non tutti gli appartenenti a questa percentuale avranno la disponibilità o la volontà di accettare il suo servizio.
Ma d’altronde c’è chi afferma essere questi gli effetti della “liberazione sessuale”: pensate, ci sono voluti decenni e decenni di lotte per affermare il rivoluzionario principio che sono gli uomini a decidere quale valore abbiamo come donne e se comprarci o no, mentre noi, soggetti desideranti e autonomi, liberamente cerchiamo di avere tette migliori e di alzare il prezzo. Il problema della diseguaglianza di opportunità forse dobbiamo riconsiderarlo all’interno dei paradigmi della modernità, fuori dai falsi moralismi che vorrebbero un accesso equo alle risorse, e dare alle sfortunate non scopabili l’esatta misura della nostra considerazione con un lessico adeguato: Se non servi il c. non servi a un c., racchia sfigata. Wow, mai sentito niente di simile prima, com’è nuovo e trasgressivo!
Maria G. Di Rienzo, femminista, giornalista, formatrice e regista teatrale, è autrice del bloghttp://lunanuvola.wordpress.com
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