domenica 21 aprile 2013

Robot, quale pensiero?

LUIGI DELL'AGLIO
Robot, quale pensiero?

Ora ricercatori stanno tentando di simulare la logica del cervello umano
Due soggetti, A e B, comunicano , senza vedersi, per mezzo di messaggi scritti. Ma A, interlocutore umano, deve capire se B è un essere umano come lui oppure una "macchina pensante". Questa prova, teorica e finora soltanto simulata, è stata immaginata - nel 1950 - da un geniale matematico inglese, Alan Mathison Turing. Lo studioso si era già fatto un nome svelando il codice "Enigma", grazie al quale il Terzo Reich riusciva ad assestare agli Alleati colpi micidiali perché del tutto imprevisti.
"Enigma" trasmetteva infatti alle forze armate tedesche ordini segreti che nessun servizio di spionaggio al mondo era in grado di decrittare. Turing inventò il contro-Enigma. Poi si dedicò a uno dei primi calcolatori elettronici. Ma è considerato soprattutto il padre dell'intelligenza artificiale. Quest'area di ricerca prende forma negli anni '50, quando diventa chiaro che il calcolatore non si limiterà a trattare numeri: è in grado di elaborare qualsiasi tipo di dati.
Secondo alcuni, l'intelligenza artificiale ha anche un "nonno": Thomas Hobbes, autore del Leviatano (l'uomo-macchina, l'uomo artificiale, simbolo dello Stato). Secondo Hobbes, "ragionare non è altro che calcolare". E qui entra in ballo la questione cruciale: il rapporto (e la differenza) tra intelligenza naturale e intelligenza artificiale. E questo è il tema della mostra Cybugs ("Possono le macchine pensare?") che viene presentata oggi alla Triennale di Milano, dove potrà essere visitata fino al 28 luglio.
Che cos'è l'intelligenza artificiale, espressione coniata nel 1956 da John Mc Carty? Lo spiega il filosofo Diego Marconi: "È la progettazione di sistemi artificiali, capaci di prestazioni paragonabili a quelle umane, cioè di attività "intelligenti", come risolvere problemi e comprendere il linguaggio naturale".
Ma presto emerge un divario di obiettivi. C'è la cosiddetta intelligenza artificiale "debole", che - pur cercando di trasferire nelle macchine i processi cognitivi umani - non si propone né s'illude di dare ai computer una capacità "mentale" simile a quella dell'uomo. E c'è l'intelligenza artificiale "forte", che invece punta più in alto.
Nel 1972, esce un libro che stronca la pretesa di realizzare sistemi artificiali veramente intelligenti: "Quel che i calcolatori non sanno fare", afferma l'autore, H. Dreyfus, nel titolo. Un gruppo di studiosi, come D.E.Rumelhart e Mc Clelland, insorgono: bisogna ideare sistemi nuovi, troppo profonda è la differenza tra le architetture cognitive del cervello umano e quelle del calcolatore classico. I "connessionisti" propongono come via d'uscita le reti neurali: un complesso di "nodi" collegati tra loro da connessioni che trasmettono attivazione o inibizione da un nodo a un altro.
L'architettura delle reti neurali è concepita in analogia con l'architettura del cervello umano, spiega Diego Marconi. Si cerca di ricostruire, con strumenti informatici, la fitta rete di sinapsi che legano fra loro i neuroni.
E qui il presente è proteso nel futuro. Cybugs illustra la storia dei tentativi di riprodurre artificialmente le funzioni umane. Ma come possono "pensare" le macchine? La mostra conduce il visitatore dentro il cervello di una macchina, dove oltre cento mini-robot, affamati di luce, rappresentano le miriadi di impulsi elettrici che trasportano informazioni. Cybugs spiega anche quanto è utile la fuzzy logic, nuova frontiera dell'informatica. Diceva Henri Matisse: la precisione non è la verità. Gli esperti ricorrono a un esempio. Se mi sta cadendo in testa un peso, la logica della precisione vuole che qualcuno mi annunci: ti sta piombando in testa un'incudine di 450 chili alla velocità di 20 metri al secondo. La fuzzy logic impone invece di gridarmi: scansati!

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