martedì 8 aprile 2014

MISTERI GRECI




Sopra, l'Athena Lemnia,
opera di Fidia (V sec. a.C.)


         Il palazzo di Alcinoo, secondo le fonti, era illuminato da una luce di origine ignota: “C’era uno splendore come di sole o di luna per la casa dall’alto tetto del magnanimo Alcinoo. E pareti di bronzo si stendevano”. Di guardia al palazzo c’erano due cani, d’argento ma semimoventi: “E d’oro e d’argento da un lato e dall’altro erano i cani che Efesto aveva forgiato con genialità di artista per far la guardia alla casa di Alcinoo. Erano immortali e immuni da vecchiaia per sempre”. Sembra quindi fossero stati dei robot, opera del dio della tecnologia, Efesto. Vi erano anche dei fanciulli d’oro che reggevano delle fiaccole accese, probabilmente anch’essi dei robot: “Giovinetti d’oro stavano sui piedistalli ben costruiti, recando in mano fiaccole accese: facevano lume durante la notte ai convitati nella sala”.
Dall’antica Creta minoica, giunge fino a noi, superando cinquemila anni di storia, la leggenda di Talos, l’uomo di Bronzo. Si trattava di una sorta di “robot”, opera o di Efesto (un dio greco lavoratore dei metalli), che ne aveva fatto dono al leggendario re di Creta Minosse, o di Dedalo (considerato l’inventore della statuaria in Grecia). Callimaco fu uno scultore, pittore ed orefice greco del V secolo a.C. Discepolo di Fidia insieme ad Alcamene, le fonti gli attribuiscono l'invenzione del capitello corinzio. Sua era l'invenzione di una lampada d'oro che bruciava giorno e notte nell'Eretteo di Atene.

Fonte:
Giorgio Pastore, Dèi del Cielo, dèi della Terra, Eremon Edizioni.

Sopra: l'Eretteo di Atene
Giorgio Pastore

        Secondo le fonti, a Delfi vi era la Pizia, una sacerdotessa la quale dava responsi sul futuro. Per avere delle risposte, re, condottieri e uomini politici del tempo, giungevano da ogni dove, e tale usanza durò fino all’epoca romana, in quanto il santuario era conosciuto in tutto il mondo di allora.La Pizia ascoltava la domanda e, sorseggiato l'acqua pura della fonte Castalda, si sdraiava vicino ad una fessura all’interno del tempio, da dove fuoriuscivano vapori caldi, ritenuti il respiro di Apollo, quindi la sua voce. In preda all’estasi e posseduta dal dio (In realtà lo stato di eccitazione "divina" era procurato dal biossido di carbonio che esalava naturalmente dalla cavità del pavimento) riusciva a dare responsi.
Giorgio Pastore


’ATHENA PARTHENOS
    Sopra: una copia dell'Athena Parthenos              La grande statua crisoelefantina alta circa 11 metri, raffigurante la dea Atena, era situata nel grande tempio sull’acropoli d’Atene, il Partenone (dedicato appunto alla dea). Atena era rappresentata in piedi, con una nike (vittoria) sul palmo della mano destra, simbolo della vittoria sui persiani da parte di Atene, e uno scudo appoggiato per terra, tenuto su con la mano sinistra. Su questo scudo era rappresentata un’amazzonomachia, cioè un rilievo raffigurante la battaglia tra uomini ed amazzoni. L’opera, che doveva essere stata molto suggestiva, è attribuita dalle fonti a Fidia, scultore già artefice dello Zeus di Olimpia e di altre opere importanti dell’antichità classica. Dell’Athena Parthenos oramai non ne resta più traccia, scomparsa nel corso dei secoli.


Sopra: Sezione del Partenone.
Nel mezzo si vede il profilo della statua crisoelefantina di Athena Parthenos.
Giorgio Pastore


IL PALAZZO DI CNOSSO, MINOSSE E IL MINOTAURO
          A Creta, dal III millennio a.C. almeno, sorse la civiltà Minoica (da Minosse, uno dei tanti figli di Zeus, che divenne il leggendario re dell'isola). Secondo le leggende greche, Zeus si innamorò di Europa, ma ella scappò per mare ed arrivò sullisola di Creta. Zues la raggiunse e la trasformò in giumenta, così poté possederla. Da tale unione nacquero tre figli, tra cui appunto Minosse, che divenne re di Cnosso. Non si hanno prove archeologiche della sua esistenza, ma agli inizi del '900, Arthur Evans scoprì, proprio sulla costa nord dell'isola, il suo leggendario palazzo, avvicinando così la leggenda alla realtà storica. Tuttavia, il palazzo che trovò, era quello ricostruito intorno al 1700 a.C. Qui, si trovarono diverse stanze con begli affreschi (restaurati dal Gillieron) e le sale del trono del re (con trono in pietra) e della regina (con trono in legno). La leggenda parla anche del minotauro, un essere per metà uomo e metà toro che la leggenda vuole fosse rinchiuso in un labirinto, così da non farlo scappare. Gli ateniesi dovevano un tributo a Cnosso e, ogni quattro anni, erano costretti a mandare sull'isola nove maschi e nove femmine, per "soddisfare la fame del minotauro".
          Ma un bel giorno arrivò Teseo, che voleva porre fine a tale orrore, così partì per l'isola, entrò nel labirinto, uccise il minotauro e liberò gli ostaggi ateniesi, tra cui la bella Arianna, di cui era innamorato.  Sarà esistito davvero il minotauro ed il suo labirinto? E Minosse? Gli archeologi pensano che il labirinto non fosse altro che il palazzo stesso, per via della sua complessa architettura, infatti è formato da numerose stanze e corridoi. Ma, se così fosse, il minotauro avrebbe dovuto girare libero per il palazzo, e ciò non quadra. Probabilmente, se la leggenda è ispirata a fatti realmente accaduti, dev'esserci davvero un labirinto non ancora scavato dagli archeologi. E il minotauro? Di cosa poteva trattarsi? Potrebbe essere stato il risultato di un esperimento genetico mal riuscito? Oppure si tratta solo di pura fantasia? Il mistero rimane.
In alto: Una stanza del palazzo di Cnosso (II millennio a.C.)
In alto: il trono di Minosse, Palazzo di Cnosso (II millennio a.C.)
A destra: un Rython in steatite raffigurante un toro, animale sacro a Cnosso
Giorgio Pastore


LA GUERRA DI TROIA E MICENE
          Intorno al 1200 a.C. venne combattuta una grande guerra a Troia, sulla costa anatolica. Un tempo si pensava fosse una leggenda, quella narrata dal poeta greco Omero nella sua Iliade, ma oggi possiamo quasi con certezza dire che quella guerra fu combattuta veramente e ciò lo dobbiamo a un uomo che fece della ricerca di questa leggendaria città lo scopo principale della sua vita. Stiamo parlando di Heinrich Schliemann. Da bambino, suo padre gli regalò un libro illustrato con favole di tutto il mondo e, tra tutte, vi era anche quella della guerra di Troia. Schliemann si appassionò subito a quella vicenda e si mise in testa che da grande avrebbe trovato davvero i resti di tale città. In effetti, ci riuscì. Nel 1871, la stessa persona, che nel frattempo aveva fatto carriera divenendo ricco ed aveva imparato da solo una quindicina di lingue straniere, trovava le mura di Troia e con esse il tesoro di Priamo.



Sopra: Heinrich Schliemann e consorte (la quale indossa alcuni monili trovati a Troia.
 Tuttavia, quelle che si pensava fossero le mura della Troia dell'Iliade, erano in verità i resti più antichi della città. I veri resti si trovavano più in superficie, e comunque vennero lo stesso trovati. Fu una grande scoperta e, per la prima volta, un uomo dimostrò che, a volte, una leggenda può anche nascondere una verità storica. Ritornato nel continente greco, Schliemann trovò anche i resti di Micene, la città dei conquistatori di Troia, e in una necropoli, la cosiddetta Maschera di Agamennone (che possiamo vedere nella foto sopra l'indice, a inizio pagina). Tuttavia, la maschera funeraria in questione non appartenne all'eroe omerico, ma ad un personaggio regale vissuto almeno nel 1500 a.C., quindi 300 anni prima. Ma la scoperta della civiltà micenea fu comunque una grande scoperta. E pensare che Schliemann non era nemmeno un archeologo. Molte volte è capitato che uomini comuni facessero grandi scoperte archeologiche, non è un caso unico. Sarebbe bello se, come è capitato per Troia, potesse accadere lo stesso anche per la mitica Atlantide, ritenuta ancor oggi parte della leggenda...
Sopra: La "Porta dei Leoni" a Micene (1200 a.C. circa)
Giorgio Pastore

Fonte:


http://www.croponline.org/misterigreci.htm#2 - ROBOT ED ENERGIA ELETTRICA NELL’ANTICA GRECIA


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