Ebbene, tali manufatti che sfidano l'archeologia ufficiale sono chiamati "OOPART" - acronimo di Out Of Place ARTifacts ovvero "Oggetti fuori posto" - e la loro origine risulta ignota ma gli studiosi non ortodossi sono soliti attribuirne l'origine ad alieni o a sopravvisuti dell'antica e mitica Atlantide o a ben specificati visitatori ultra-temporali e/o ultra-dimensionali. Manufatti che minano la storiografia ufficiale e universalmente accettata dall'umanità. E che il più delle volte sono censurati, insabbiati o confiscati, da gruppi occulti, come: i MIB o Men in Black, i "Blue_Berrets" del famigerato "Project Aquarius" o appartenenti al "OSI" - acronimo di Office of Scientific Intelligence ovvero i servizi segreti scientifici degli Stati Uniti, gli stessi che nel 1922 corruppero Howard Carter per occultare la mummia aliena trovata nella tomba di Tutankhamen, scomparendo nel nulla durante il trasporto del materiale al Cairo, e con esso gran parte delle foto che ne dimostravano l'esistenza -.
Ora andremo ad esaminare due tra i più significativi reperti ritrovati in Italia e snobbati dalla scienza ufficiale.
1. Anello piceno della dèa Cupra.
La civiltà di Cupra, che comprendeva, nel VI secolo a.C., una vasta regione comprensa tra il fiume Pescara e il fiume Foglia, e il cui epicentro si trovava a Cupra Marittima e nell'ascolano, venne alla ribalta allorquando tra i territori delle città di Cupra, Cassignano, Ripatransone e Spinetoli, furono rinvenuti, in alcune tombe, molti anelloni in bronzo. Questi erano caratterizzati da sei guarnizioni puntute convergenti verso il centro, e furono ritrovati nelle tombe di alcune donne, deposte sul loro ventre e che vi poggiavano sopra la loro mano destra. La loro funzione, almeno per quanto riguarda la scienza ufficiale, è sconosciuta; si sa solo che tali monili erano dedicati alla dèa Cupra, una misteriosa creatura priva di volto e raffigurata con uno schermo sul viso e un paio d'ali, simili, per molti versi, alle raffigurazioni attribuite ai Veglianti di biblica memoria. Mentre la spiegazione data dai ricercatori non ortodossi afferma che tali monili dovevano servire per far aprire un varco spazio-temporale che la conduceva sulla Terra da un altro mondo. Comunque l'unica prova certa si riferisce a due statuine in osso rinvenute all'inizio del XX secolo dall'archeologo Dell'Osso in una tomba a Belmonte Piceno che sono tuttora conservate presso il Museo Nazionale delle Marche ad Ancona. Un altro dato curioso che fa riflettere: l'anellone, che veniva utilizzata dalla dèa di Cupra, compare anche nelle mani del dio persiano Ahura Mazda, come si può vedere nel bassorilievo posta sulla porta est del Tripylon di Persepoli e risalente al VI o V sec. a.C. quindi allo stesso periodo degli anelloni ritrovati nell'ascolano. Comunque ancora oggi il dilemma rimane: come è possibile che lo stesso reperto fosse conosciuto simultaneamente dai Cuprensi e dagli antichi persiani ? Al momento, altro in merito non si sa o non viene detto per ovvii motivi di censura ed insabbiamento.
La civiltà di Cupra, che comprendeva, nel VI secolo a.C., una vasta regione comprensa tra il fiume Pescara e il fiume Foglia, e il cui epicentro si trovava a Cupra Marittima e nell'ascolano, venne alla ribalta allorquando tra i territori delle città di Cupra, Cassignano, Ripatransone e Spinetoli, furono rinvenuti, in alcune tombe, molti anelloni in bronzo. Questi erano caratterizzati da sei guarnizioni puntute convergenti verso il centro, e furono ritrovati nelle tombe di alcune donne, deposte sul loro ventre e che vi poggiavano sopra la loro mano destra. La loro funzione, almeno per quanto riguarda la scienza ufficiale, è sconosciuta; si sa solo che tali monili erano dedicati alla dèa Cupra, una misteriosa creatura priva di volto e raffigurata con uno schermo sul viso e un paio d'ali, simili, per molti versi, alle raffigurazioni attribuite ai Veglianti di biblica memoria. Mentre la spiegazione data dai ricercatori non ortodossi afferma che tali monili dovevano servire per far aprire un varco spazio-temporale che la conduceva sulla Terra da un altro mondo. Comunque l'unica prova certa si riferisce a due statuine in osso rinvenute all'inizio del XX secolo dall'archeologo Dell'Osso in una tomba a Belmonte Piceno che sono tuttora conservate presso il Museo Nazionale delle Marche ad Ancona. Un altro dato curioso che fa riflettere: l'anellone, che veniva utilizzata dalla dèa di Cupra, compare anche nelle mani del dio persiano Ahura Mazda, come si può vedere nel bassorilievo posta sulla porta est del Tripylon di Persepoli e risalente al VI o V sec. a.C. quindi allo stesso periodo degli anelloni ritrovati nell'ascolano. Comunque ancora oggi il dilemma rimane: come è possibile che lo stesso reperto fosse conosciuto simultaneamente dai Cuprensi e dagli antichi persiani ? Al momento, altro in merito non si sa o non viene detto per ovvii motivi di censura ed insabbiamento.
2. La bussola Pelasgica
La bussola Pelasgica configurata come una sfera ad antenne fa venire in mente i disegni antichi raffiguranti proprio tali manufatti. Tale bussola pelasgica la si può già trovare rappresentata sul capo del faraone Ramsete II in una statuina in oro alta 7,2 cm e per molti studiosi di paleoastronautica, come Erich von Denicken, forse potrebbe simboleggiare un antico contatto dei sovrani con esseri di altri mondi. Mentre per l'archeologia ufficiale è un simbolo la cui funzione è esclusivamente rituale, anche se esso ricorre in alcune culture antiche, come quella fenicia, greca e romana. In quest'ultima cultura, esso rappresentava nel caduceo di Mercurio la possibilità di poter entrare in un'altra dimensione: il regno dei morti. Alla fine degli anni ' 70 del XX secolo, l'archeologo bolognese Mario Pincherle sosteneva che il caduceo di Mercurio era una bussola Pelasgica di origine atlantidea e come prova portava il fatto che nell'antico recinto cartaginese di Tanit era stata ritrovata una raffigurazione con tale oggetto sulla tolda di una nave. Esso serviva come bussola d'orientamento. Tale tesi è stata ripresa dalla rivista scientifica "Teknos" nel numero del dicembre 1996. Altri fanta-archeologi ritengono che tale manufatto aveva le funzioni di passaggio da un pianeta all'altro. Quindi il caduceo o tale bussola pelasgica rappresentava il tramite per altri mondi, e ricorda altresì uno dei motori anti-materia studiati dal fisico Bob Lazar nella famigerata Area 51: in tale base segreta i servizi segreti militari americani custodirebbero un motore alieno capace di alterare la materia e soprattutto di creare un varco fra due dimensioni, come il manufatto di cui ci stiamo occupando. (In merito si veda: il film "My Science Project" o "Ritorno dalla 4^ dimensione" del 1986; l'episodio del serial T V "Dark Skies" dal titolo "La Terra dei Sogni") In conclusione possiamo affermare che forse tale manufatto potrebbe essere il ricordo mitizzato e deformato di una tecnologia aliena, osservato e non compresa dagli antichi . A tottoggi tale enigma rimane avvolta da un assoluto mistero, non ancora del tutto chiarito.
La bussola Pelasgica configurata come una sfera ad antenne fa venire in mente i disegni antichi raffiguranti proprio tali manufatti. Tale bussola pelasgica la si può già trovare rappresentata sul capo del faraone Ramsete II in una statuina in oro alta 7,2 cm e per molti studiosi di paleoastronautica, come Erich von Denicken, forse potrebbe simboleggiare un antico contatto dei sovrani con esseri di altri mondi. Mentre per l'archeologia ufficiale è un simbolo la cui funzione è esclusivamente rituale, anche se esso ricorre in alcune culture antiche, come quella fenicia, greca e romana. In quest'ultima cultura, esso rappresentava nel caduceo di Mercurio la possibilità di poter entrare in un'altra dimensione: il regno dei morti. Alla fine degli anni ' 70 del XX secolo, l'archeologo bolognese Mario Pincherle sosteneva che il caduceo di Mercurio era una bussola Pelasgica di origine atlantidea e come prova portava il fatto che nell'antico recinto cartaginese di Tanit era stata ritrovata una raffigurazione con tale oggetto sulla tolda di una nave. Esso serviva come bussola d'orientamento. Tale tesi è stata ripresa dalla rivista scientifica "Teknos" nel numero del dicembre 1996. Altri fanta-archeologi ritengono che tale manufatto aveva le funzioni di passaggio da un pianeta all'altro. Quindi il caduceo o tale bussola pelasgica rappresentava il tramite per altri mondi, e ricorda altresì uno dei motori anti-materia studiati dal fisico Bob Lazar nella famigerata Area 51: in tale base segreta i servizi segreti militari americani custodirebbero un motore alieno capace di alterare la materia e soprattutto di creare un varco fra due dimensioni, come il manufatto di cui ci stiamo occupando. (In merito si veda: il film "My Science Project" o "Ritorno dalla 4^ dimensione" del 1986; l'episodio del serial T V "Dark Skies" dal titolo "La Terra dei Sogni") In conclusione possiamo affermare che forse tale manufatto potrebbe essere il ricordo mitizzato e deformato di una tecnologia aliena, osservato e non compresa dagli antichi . A tottoggi tale enigma rimane avvolta da un assoluto mistero, non ancora del tutto chiarito.
IL BASTONE DIMENSIONALE
di Gabriele Zaffiri
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