lunedì 5 novembre 2012

Marsili: quali sarebbero i rischi di un risveglio?




Nei primi anni del secolo scorso, un ricercatore italiano, Luigi Marsili, individuò, nelle profondità delle acque del mare mediterraneo, la presenza di un vulcano che, stando alle stime del CNR, sarebbe il più grande d'Europa, misurando quasi 70 chilometri di lunghezza e 30 di larghezza; al suo interno, sarebbe ospitata una camera magmatica delle dimensioni di km 4 per 2.
Topograficamente, il vulcano Marsili, che ha assunto il nome del suo scopritore, si ubica nella porzione meridionale del mare mediterraneo, alla distanza di 140 chilometri dalle coste siciliane e a 150 chilometri da quelle calabresi. Se esso non fosse sottomarino, si offrirebbe come una montagna alta circa 3.000 metri; per raggiungere la sua vetta, è sufficiente scendere ad appena 450 metri di profondità. Orograficamente, appartiene all'arco insulare delle Eolie.
Le rilevazioni condotte, soprattutto ultimamente, sulla sua attività, ne documentano la presenza di numerose frane lungo le pareti, le quali sarebbero foriere del suo imminente risveglio. Il cedimento dei suoi versanti, sarebbe suscettibile di muovere milioni di metricubi di materiale, i quali potrebbero determinare la comparsa di un maremoto di notevole portata. In conseguenza di tali smottamenti, si originerebbero movimenti tellurici capaci di incrementare ulteriormente la già considerevole consistenza dei maremoti, tanto da portare alla distruzione, nel volgere di pochi minuti, delle vicine coste calabresi e siciliane, e, successivamente, di quelle più lontane. Il fenomeno non assume il carattere di novità per le nostre coste, che nel passato hanno già subito ben 72 maremoti.
Riguardo la probabile eruzione del vulcano, soprattutto recentemente, si sono levate diverse opinioni: da coloro che ne contengono l'impatto alle sole regioni limitrofe, ad altri che ne dilatano le conseguenze su scala planetaria.


In ogni modo, gli studi riferiti sinora alla sua attività, non sono sufficienti per chiarire quando sia avvenuta la sua ultima eruzione, la quale si perde sicuramente in epoche assai remote. È però importante non sottovalutare il fatto che, in particolare negli ultimi mesi, esso stia emettendo appositi segnali costituenti oggetto di studio da parte della nave oceanografica “Urania” del CNR. Si tratta di segnali che destano non poche preoccupazioni, i quali non consentono tuttavia di raccogliere indizi significativi tali da azzardarne una attendibile previsione circa la sua più o meno imminente eruzione.
Quel che invece dovrebbe essere prioritario fare, sarebbe sottoporre a un più accurato controllo la sua attività, magari dotando l'area interessata di una rete di sismografi. Purtroppo, questo pare non sia possibile. A non consentirlo, sarebbe l'apposito e più che contenuto bilancio di spesa. Dimostrando così come torni a riproporsi drammaticamente la più assoluta irresponsabilità dei nostri governanti di fronte a oggettive e impellenti contingenze: infatti, mentre non esitano a distrarre tranquillamente cospicue somme di denaro da destinare all'alimentazione di scellerate avventure belliche, non si preoccupano minimamente di stanziare i fondi necessari per fronteggiare preoccupanti emergenze ambientali che potrebbero mettere in serio pericolo l'intera collettività.

Nessun commento:

Posta un commento