sabato 16 marzo 2024

DARIO HUBNER

 


"Esordii in Serie A nella stessa partita di Ronaldo il fenomeno: Inter-Brescia del 31 agosto 1997.

Verso le 23,30 della sera prima ci fu l’incidente di Diana Spencer. Volevo sapere e così sono rimasto sveglio fino alle 4 del mattino davanti alla tv. Poi ho preso sonno e mi sono svegliato alle 8. Entrare a San Siro un’ora e mezza prima della partita è stato veramente bello. Lo stadio pieno, la sensazione di aver coronato un sogno, che poi non era nemmeno un sogno ma qualcosa che andava persino oltre. Ho segnato un gran gol su passaggio di Pirlo, ma a 20 minuti dalla fine è entrato Recoba e mi ha fregato. In dieci anni in Italia ha giocato dieci partite belle e una proprio contro di me: la sua doppietta li ha fatti vincere 2-1.


Da lì Ronaldo l’ho incontrato un altro paio di volte. E non era umano. Ho giocato con e contro grandissimi calciatori, Pirlo appunto, ma anche Baggio, Zidane, Totti, Del Piero: quegli anni erano pieni di campioni. Ma uno come Ronaldo non s’era mai visto. Aveva qualcosa di speciale in velocità, palla al piede, era imprendibile. No, non era umano.


Roberto arrivò in squadra l’anno prima: una persona squisita, a modo, ci puoi stare insieme giorni e giorni. Ma tatticamente non andavamo d’accordo. Lui voleva una punta centrale che giocasse di sponda, io amavo andare in profondità. Non è che non ci passassimo il pallone, eh, io segnai 17 gol, lui 10. Ma a fine stagione Mazzone decise di prendere un centravanti che andasse bene a Baggio e scelse Luca Toni al posto mio.

Nella Roma dello scudetto Capello schierava Totti e Batistuta, che avevano caratteristiche simili alle nostre. Non mi sto paragonando a nessuno, sia chiaro, tutti gli attaccanti sono diversi, si fa lo stampo e poi si butta via.


Mi aveva cercato il Nottingham Forest ma ho avuto un po’ paura di trasferirmi con una figlia piccola dove non conoscevo niente e nessuno. Allora non era di moda come adesso, non ci andava quasi nessuno. A Nottingham ho giocato la coppa Anglo-Italiana: un bel posto, con la foresta di Robin Hood e la fabbrica delle sigarette John Player, lo sponsor in Formula Uno della Lotus del mio grande idolo, Ayrton Senna.

Piacenza è stata la scelta più azzeccata della mia carriera. A 40 chilometri da casa, facevo comodamente il pendolare. Novellino mi ha voluto, ha costruito la squadra intorno a me e io con 24 gol sono diventato capocannoniere della Serie A con Trezeguet.


Quella che venni alle mani con Bladini ai tempi del Brescia era una bufala. C’è stata qualche baruffa, un rapporto tormentato perché era un allenatore preparatissimo ma non aveva mai giocato a pallone e quindi non capiva i momenti. Quell’anno eravamo in Serie B e appena ci avvicinavamo alla zona promozione perdevamo le partite decisive. Già eravamo fuori di testa perché i tifosi ci contestavano, poi lui veniva al campo e, incazzato com’era per le sconfitte, ci martellava con due ore di sedute tattiche. Io, da giocatore esperto, gli dicevo: ‘Mister, facci sfogare con mezz’ora di partitella, poi facciamo tutta la tattica che vuoi’. Perché i calciatori sono come bambini, devi farli contenti, anche con poco. Ma Baldini non mollava e quindi ci scontravamo. Però poi, quando ci siamo ritrovati da avversari dopo il suo esonero, mi ha detto ‘Dario, tu mi stavi sui coglioni però eri l’unico che mi diceva le cose in faccia, gli altri mi parlavano alle spalle’. Perché io sono fatto così e so di averne pagato il prezzo.


Fossi stato più ruffiano, ora allenerei da qualche parte. Ho seguito tutti i corsi, teoricamente potrei fare il ct della Nazionale ma non ho richieste perché non ho accettato compromessi, neanche nelle squadre giovanili. Non posso scegliere soltanto quattro giocatori e vedermi imporre gli altri perché sono il figlio dello sponsor, il cugino del procuratore e il nipote del presidente. 

A volte ci penso e dico: ma che carriera ho fatto? Bellissima, impensabile. Poi magari quando diventi capocannoniere del campionato, non dico un Mondiale o un Europeo ma una maglia azzurra, anche in un’amichevole che non conta nulla, forse te la sei anche meritata. Venti anni fa vedevo in Nazionale giocatori fortissimi, adesso ci vanno anche ragazzi con 40 presenze in A e allora dico porca puttana, ho sbagliato tempo

Ma la gente capisce che sono una persona vera. In estate sono stato in vacanza a Gallipoli, in spiaggia mi fermavano i tifosi del Taranto, del Napoli, del Palermo: ‘Non tifavo per te ma eri un idolo’. 

Bella soddisfazione".


DARIO HUBNER

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