domenica 17 marzo 2024

CAIO

 



Aveva l'aria del manager rampante, quello che a 20 anni sta in consiglio d'amministrazione raccomandato dallo zio che conta: gessatino firmato in frescolana, cravatta intonata, valigietta di cuoio, pelle da beauty farm e sorriso a scatto, da esibire ogni volta che. Mica per niente lo chiamavano il Doutorinho, il "Dottorino". A 20 anni stava nella rosa dell'Internazionale, più comodamente Inter. Si chiamava Caio Ribeiro Decoussau, più comodamente Caio. A raccomandarlo era stato Roberto Carlos, talentuoso terzino di passaggio a Milano. Infatti, il giorno della presentazione disse: "Sono amico di Roberto Carlos". Come biglietto da visita poteva bastare. S'iscrisse subito alla Bocconi: gli parve più utile che imparare gli schemi di Hodgson. Preceduto da una fama che lo voleva fenomenino nel Brasile U20 e nel San Paolo lanciato da Telè Santana, Caio era un asso nelle public relations. Quando i tifosi glie lo chiedevano, non si limitava ad un banale autografo. Faceva di più. Faceva di meglio. Scriveva: "Grazie per l'affetto che dimostri. Spero di continuare a meritare la tua attenzione". Non era un autografo, era un opuscolo di un rappresentante di detersivi. L'Inter lo pagò 7 miliardi. Andò ad abitare a via Monte Napoleone, su consiglio della bellissima sorella Thais, aspirante modella con le idee più chiare del fratellino. A San Siro non vide praticamente mai il campo. Moratti rifilò il pacco al Napoli. "Sono il nuovo Careca" disse con voce ferma. Qualche tempo dopo, qualcuno fece notare che anche uno dei cani del presidente Ferlaino si chiamava Caio. Non è noto se il nome fu dato prima o dopo l'arrivo del centravanti-manager. Che si chiamava Caio come tanti. Che fu brocco come solo lui seppe esserlo.

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