Un ufficiale turco, dovendo sbrigarsi, ne buttò duecento in un enorme falò. Erano tutti orfani, bambini armeni a cui avevano già ucciso la famiglia. Mentre a un altro gruppo, circa cinquecento, venne schiacciata la testa facendoli allineare sdraiati sul ciglio della strada e passando loro sopra con un camion.
Erano sbrigativi, i turchi. Non avevano i mezzi per uno sterminio scientifico. Per questo uccidevano subito gli uomini: avevano paura che potessero reagire, in gruppo. Mentre per donne e bambini il destino era diverso, peggiore. A volte li uccidevano in quei modi. Più frequentemente li mandavano sulle montagne o nel deserto e li lasciavano morire di stenti, fame, sete, fatica.
Si arrangiavano, nel massacro. Ma ciò nonostante ne uccisero 1,5 milioni. Quasi tutti Armeni, ma anche Assiri, un’altra popolazione cristiana del Medio Oriente. Antichissima, fiera, come il nome stesso evoca. E assieme a loro i Greci, che vivevano in Anatolia e nel Ponto, Turchia, da millenni, dai tempi di Omero e dell’Iliade.
Là dove vi erano comunità antiche, di un tempo remoto, non rimase più niente, se non cadaveri. Venne cancellata la storia in quegli anni.
Oggi, 24 aprile, ricordiamo questo. Il genocidio armeno, assiro, greco, intercorso tra il 1915 ed il 1916.
Le prove generali per quello di anni dopo, ai danni degli ebrei e non solo loro.
Ancora oggi, la Turchia nega quello sterminio, che fu tra i più efferati della storia.
Ancora oggi, noi lo ricordiamo per non dimenticare mai di cosa son capaci gli uomini.
Leonardo Cecchi
Nessun commento:
Posta un commento