L'Ordine
del Serpente Parte I
Prima che la vita
nascesse sulla Terra, in cielo regnavano i serpenti, custodi delle sacre
tradizioni, che donarono all’umanità il fuoco della conoscenza.
Il rettile detiene la chiave che svela
la storia dimenticata delle nostre origini.
Il simbolo più antico del mondo è il
serpente, animale affascinante e misterioso che popola i nostri sogni. La sua
storia ha origini molto remote come il culto, tramandato nei millenni da un
gruppo ristretto di iniziati. Ogni popolo venerava il rettile con riti
complessi, legati a un sapere ancestrale confluito poi nell’arte sacra e nei
miti, sorta di multiformi capsule temporali. Un raffronto a livello cronologico
e antropologico tra lontane civiltà penetra in parte il messaggio che lasciarono,
evidenziando numerose somiglianze e ricostruendo la genealogia di un simbolo
immortale.
La Vibrazione dalle Sette Teste
Gli Scritti sacri e ispirati della
civiltà Mu, fiorita oltre 50.000 anni prima nell’Oceano Pacifico, erano
tavolette di argilla effigiate dalla stirpe dei Nacaal, i Santi Fratelli. James
Churchward, ufficiale britannico di stanza in India nel 1868, entrò in contatto
con un Rishi del monastero di Brahmaputra, in Tibet, che gli mostrò le numerose
iscrizioni e il giovane dedicò la sua vita a decifrarne i caratteri, visitando
il mondo alla ricerca di conferme archeologiche che avvalorassero l’esistenza
di Mu.
La Genesi dei Nacaal tramanda che la
Potenza Autoesistente, il Serpente dalle Sette Teste, modulò sette ordini per
creare i mondi. I gas plasmarono la Terra nello spazio, l’atmosfera e le acque,
infine la luce solare dardeggiò nelle liquide profondità e il fango partorì le
uova cosmiche. Il glifo corrispondente mostra, infatti, il disco del Sole
percorso da un piccolo serpente piumato sinuoso, che secondo Cotterell ne Le
Profezie di Tutankhamon esprime l’attività delle macchie undecennali nella
regione dell’equatore solare. Interessante la sua affermazione in proposito:
"…la leggenda del serpente piumato raccontava la storia di come il Sole
influenza la vita sulla Terra. Il serpente piumato era il Sole". Questa
rappresentazione, una costante nel nostro studio, assurgerà a fulcro della vita
presso i Maya.
Il regno dei Naga
Nei miti cosmogonici indiani ricompare
inalterato il medesimo credo. Vishnu riposa sul serpente dalle sette teste
Sesha ("Durata") o Ananda ("Infinito") mentre sogna la
creazione dell’Universo, e in un gesto di consapevolezza sparge il suo seme
nelle acque cosmiche, che si muta in un uovo d’oro "uguale per splendore al
Sole", germe di ogni creatura vivente. Il sanscrito bija, seme, ha dato
origine al termine egizio bja, di identico significato, che richiama il ferro
meteorico incarnato dalla Fenice che torna ciclicamente sulla Terra per inumare
il padre dentro un uovo. Anche Sesha incarna lo scorrere delle epoche e un suo
sbadiglio provoca un fuoco rigeneratore che si abbatte sulla Terra, i
meteoriti, serpenti delle profondità siderali. Allo stesso modo di Takasaka,
uno dei naga, che incendia col solo
respiro. I naga erano divinità serpentiformi, re–cobra detentori della
supremazia celeste, dimoranti a Nagaloka. Come i Maya e gli Egizi, il pantheon
indù prevede nove deità, definite i "Nove Cobra di Brahma". L’origine
dei naga si perde nel tempo, dato che i più antichi poemi epici indiani quali
il Ramayana li collocano in un’epoca risalente a 870.000 anni fa e il libro
tibetano Le stanze di Dzyan parla di loro come "I serpenti, che
ridiscesero, che fecero pace con la quinta razza, che l’ammaestrarono e
l’istruirono". Un rilievo in pietra di Orissa, del X sec. d.C., ritrae le
divinità Naga e Nagini con lunghe code intrecciate sotto la vita, come più
tardi avverrà per Iside e Osiride tra i Frigi, scolpiti in forma di cobra.
È ad Angkor Wat che la simbologia del
rettile è magistralmente rappresentata da innumerevoli sculture di cobra che
sormontano il disco solare ed esprimono, secondo Hancock, la costellazione del
Dragone, adagiata come un cobra in atto di sfida. La corta piramide Phimeanakas
puntava verso il Draco e al suo interno avveniva "l’unione" del
sovrano con una donna–serpente, rito iniziatico di carattere astronomico.
Particolare rilievo assume, infine, la Frullatura dell’Oceano di Latte,
istoriata sui muri dei templi, ove il naga Vasuki, tirato alle estremità,
incarna il tragitto solare nella precessione degli equinozi entro le vastità
della Via Lattea e la nascita di un nuovo mondo.
La serpe della vita
Il rettile richiama altresì le forze
latenti nell’uomo. Un sigillo in terracotta di 3.000 anni fa ritrae un personaggio
assiso in posizione yogica, con due cobra ai lati e due fedeli in adorazione. La
dottrina dello yoga, diffusa nel globo intero, descrive numerosi centri vitali
del corpo, i chakras, piccole ruote che corrispondono a precisi organi interni
connessi a importantissime funzioni. Adeguatamente attivati, producono una
frequenza elettromagnetica che interagisce con i condotti vitali e l’energia
kundalini alla base della colonna vertebrale. Questa preme all’interno e sale
sotto forma di serpente elettrico sino alla ghiandola pineale, donando una
sensazione di completezza nell’uomo. Il caduceo di Thot/Hermes, derivazione del
bastone brahmanico, è avvolto dai serpenti, il flusso energetico spiraliforme,
mentre la sommità sferica rappresenta il cervello con i ventricoli, due ali,
segno di purezza spirituale. Il Buddha, nona incarnazione di Vishnu, divenne
l’illuminato quando il re–cobra a sette teste Mucalinda gli porse riparo
durante una tempesta, metafora di elevatezza nel caos della vita. Ancor oggi, i
monaci tibetani utilizzano trombe ricurve decorate da serpenti attorcigliati
per i loro riti. Il vecchio serpente La Persia nel 588 a.C. vide fiorire la
predicazione del profeta Zarathustra, che espose la sua dottrina enucleandola
dal più antico culto dei Magi.
A capo del pantheon divino stava Ahura
Mazda, la luce, con il figlio Mithra e una schiera di entità splendenti, i
daeva. Alcuni di essi disobbedirono all’ordine cosmico influenzati da Angra
Maynu, il principio oscuro, definito come "il vecchio serpente con due
piedi". Anche le tribù degli yezidi in Kurdistan credono in Lasifarus,
angelo splendente che formò il mondo dall’uovo cosmico e il sepolcro dello
sceicco Adi, a Lalish, presenta sulle pareti glifi stellari attorno a un
serpente nero, oggetto di culto profondo. Alcuni yezidi, poi, sono in grado di
addomesticare i serpenti e immuni dal loro veleno, al pari degli incantatori
indiani. Un legame tra le due culture parve trovarlo E. S. Drower, che nel 1940
esplorò una grotta yezida ornata da statue con copricapi conici nella posizione
meditativa del Buddha.
Il popolo yaresan, affine per molti
versi agli yezidi, è devoto al sultano Azhi Dahâka, re–serpente della schiera
di daeva vicini ad Angra Maynu. Gli iraniani definivano i sovrani Medi mâr,
serpente, e Astiage di Media (584–550 a.C.) aveva anche l’appellativo di
Rshti-vegâ Azhi Dahâka. In persiano moderno azdahâ è ancora il rettile, segno
di una sopravvivenza duratura degli antichi miti. Gli Armeni, dal canto loro,
ricordano la "dinastia dei draghi (vishap) di Media" – come in Cina
–, adorati presso antichi megaliti. La discendenza si propagò sino al valoroso
re Tigrane il Grande, vissuto nel secondo secolo a.C., fondatore della
metropoli Tigranavand in Kurdistan, centro di adorazione di un serpente antropomorfo.
Il culto quasi ossessivo personifica, in realtà, l’attenzione per la parte
ombra insita nell’uomo che lo voterà gradualmente alla luce, concetto
personificato dalla triade indissolubile Angra Maynu, Ahura Mazda e Mithra.
Le spire del Kosmokrator
Il dio Mithra compare nei Veda con il
significato di "amico per mezzo del patto", e invariato rimarrà in
persiano antico. Le caratteristiche precipue dei misteri del dio emergono
chiaramente dallo studio approfondito dei mitrei romani, in particolare quello
delle Sette Sfere ad Ostia antica. Il rituale prevedeva sette gradi,
strettamente legati ai pianeti ed espressi da simboli, che culminano in quello
finale di Pater, rappresentato da Mithra stesso.
Il primo grado era sotto la tutela di
Mercurio, effigiato con il caduceo in mano. Il secondo grado, invece,
simboleggiato dal serpente – legato a Venere – che ringiovanisce con la muta
stagionale delle pelle. Il rettile domina la componente architettonica
mithraica, ne costituisce anzi il fulcro. La scena più diffusa è il dio che
taglia la gola al toro bianco stellare, scaturigine della vita, mentre al di
sotto appaiono vari animali, tra cui il serpente che si nutre del seme del
toro. Il serpente assume l’identità della maestosa costellazione dell’Hydra
sulla volta celeste attraversata da Mithra in veste di governatore delle
stelle. Il rettile da solo compare lateralmente in un altare nella chiesa di
San Clemente a Roma, come la stele di arenaria rossa nel Kalasasáya dedicata a
Viracocha. Spunta, poi, da un albero, come nel racconto della Genesi; se Mithra
nasce dalla roccia, che in persiano significa anche cielo, l’animale la
circonda maestoso.
La raffigurazione più potente del dio è
incarnata dal Kosmokrator (potere creatore e reggitore del Cosmo), statua alata
a grandezza naturale dal volto di leone, avviluppata dalle spire di un serpente
che si erge sopra l’uovo primigenio. Il quarto grado dei misteri era riservato
al Leone, personificazione di Angra Maynu, mentre il rettile descrive il
percorso spiraliforme del Sole intorno alla Terra nel corso dell’anno. Infatti,
se assegniamo il corrispondente valore numerico alle lettere del nome greco di
Mithra, Mei’qraV, sommandole avremo 365.
L’accecante guerra di Ra
Riferimenti specifici al superbo
animale, in Egitto, troviamo nei primevi miti della creazione, densi di
profonde simbologie. Nei Testi delle Piramidi il dio Ra dà vita a "Gli
Inerti" nell’Oceano Primordiale ", serpenti cosmici relati forse alle
orbite di pianeti ancor privi di movimento, formati da gas inerti. In
altri racconti lo stesso dio, nel pieno del suo fulgore, plasma un "primo
universo" popolato da individui che si alleano contro di lui quando in
seguito diventa vecchio. Indignato, decide di sterminarli con l’aiuto del suo
Occhio, poi, stanco e deluso il sommo dio sale in alto nel cielo e nasce
l’attuale mondo. Per garantire la vita sulla Terra, Ra e la sua progenie
solcano la volta splendente della Galassia sulla "Barca dei Milioni di
Anni", costantemente in lotta con l’antico serpente Apep. Rivalità espressa
nei combattimenti tra Horus e Seth, quest’ultimo associato variamente alla
dissoluzione in forma di serpente. I testi del tempio di Horus a Edfu
ricordano, infatti, un grande serpente fiammeggiante che visitò la Terra in
epoca remota.
La scena della battaglia solare è
illustrata in molte pitture parietali all’interno di tombe e templi egizi,
mentre la formula 332 dei Testi delle Piramidi, un corpus di sapere esoterico,
recita: "Sono colui che è fuggito dal serpente attorcigliato, sono asceso
in un’esplosione di fuoco dopo essermi girato all’intorno. I due cieli vengono
a me".
L’intero mito di Ra andrebbe forse
ascritto al confuso ricordo di una catastrofe cosmica di una stella centrale
della Galassia, che ha interessato diversi pianeti. Murry Hope nota con acume
che il processo di contrazione (la dipartita di Ra) da una stella gialla a una
nana bianca prevede una spettacolare espansione in una rossa supergigante e
l’eiezione dell’involucro in una nebulosa planetaria. L’effetto è simile a un
enorme serpente che racchiude l’astro, l’Apep, destino che toccherà in sorte ai
corpi celesti dopo svariati milioni di anni.
Rivivere tra le stelle
La stele del re serpente, della tomba di
re Djet ad Abydos (3.100 a.C.), ricorda la suprema identificazione dell’uomo con
il rettile. Gli Egizi descrivevano l’Universo come un serpente
"Ouroboros" che si morde la coda, con scaglie simboleggianti gli
innumerevoli astri. Il rettile era anche segno di rinascita, prezioso alleato
che conduce alla comprensione di sé, come mostrano affreschi del Libro di ciò
che è nel Duat, effigiati nelle tombe della Valle dei Re. Il Duat era un
regione celeste che abbracciava Orione, il Leone e l’Orsa Maggiore, dimora
imperitura cui aspiravano i monarchi egizi al termine della loro vita.
Le complesse cerimonie descritte sulle
pareti riecheggiano l’antica lotta del Sole per risorgere di nuovo
all’orizzonte nelle acque della vita e l’ascesa dell’anima verso i lontani
pianeti. Il simbolico viaggio, di dodici ore, comincia nell’equinozio primaverile
quando il cielo muta configurazione, con l’iniziato che prende posto nel
medesimo vascello solare accompagnato dalle divinità. Interessante la I Ora che
descrive l’invocazione a Ra: "…i serpenti cantano e ti esaltano. I divini
serpenti illuminano le tenebre per te. Le tue due ‘figlie-serpenti’ ti trainano
nella tua forma…Le dee serpenti dell’Uranos ti acclamano, le dee serpenti ti
rendono lodi…". Incontro al gruppo si para il Sigillatore della Terra, in
veste di guida, che impugna una sorta di caduceo. Interessante, poi, il
parallelo tra le serpi lucenti e i dispositivi dal complesso significato della
cripta di Dendera. Il viaggio prosegue in regni sconosciuti, pieni di oscuri
anfratti, dominati da serpi alate davanti alla croce della vita ankh e a stelle
particolari, a rimarcare il loro carattere di rinascita siderale, oppure con il
globo solare sul capo. Il candidato, salito alle sfere stellari, alla fine
esclama: "Io prendo possesso del cielo, dei suoi pilastri e delle sue
stelle… Io sono un serpente pieno di spire…".
Lo sguardo del Cobra
Per gli Egizi, significative erano le
costellazioni circumpolari. Sappiamo, infatti, che le piramidi a Giza
rispecchiano gli astri della cintura di Orione, con il Nilo che striscia verso
Nord a imitazione della Via Lattea, mentre il condotto settentrionale della
Camera della Regina, nella piramide di Cheope, guarda la stella Thuban nel
Draco. I riti astrali della rinascita in epoche remote prevedevano l’utilizzo
di un oggetto di bronzo simile alla lingua biforcuta di un rettile per la
cerimonia dell’apertura della bocca; copia è stata rinvenuta proprio nel canale
nord della Grande Piramide dai fratelli Dixon, nel 1872.
A conferma di un culto per il serpente
celeste spicca la magnifica piramide a gradini di Zoser, a Saqqara, che guarda
una serie di strutture sacre contornate da file di cobra in pietra, animale che
rispecchia la forma della dea-cobra Edjo. Osiride stesso, divenuto serpente nel
Duat, aveva una dimora di "cobra vivi" nell’acqua. Ogni tempio egizio
portava scolpito sul frontone il simbolo del disco solare alato vigilato da
cobra ritti. In antico egizio, il segno per il cobra, ara, incorporava anche il
significato di "dea" e il rettile, segno distintivo di molte
divinità, andò ad ornare il magnifico copricapo del giovane Tutankhamen,
accanto all’avvoltoio, con il nome di uraeus (femmina del cobra).
Posto sul copricapo di Osiride, dono di
Ra, emanava strane radiazioni in base al Libro dei Morti e in veste di arma
lanciava raggi infuocati ("il respiro del serpente divino"), al pari
dell’Arca dell’Alleanza. Notevole, infine, il diadema di Tutankhamen con il
cobra che si erge come linea divisoria fra gli emisferi cerebrali, mentre il
secondo santuario del giovane faraone raffigura diversi uomini di fronte a un
cobra gigante colpiti dai raggi promananti da luminosi astri...
Il
Codice dei Creatori Parte II
Il popolo sumero conserva memorie ancestrali
degli Anunnaki, che forgiarono l’uomo grazie al potere del serpente, lasciando
nel nostro corpo una linea genetica che regna incontrastata da allora.
Il mito della creazione di Adamo ed Eva
descritto nella Genesi prende le mosse dalle tavolette cuneiformi, eredi a loro
volta di un sapere più antico.
Nel pantheon sumero ricettacolo di
suprema conoscenza era EN.KI/E.A ("colui la cui casa è l’acqua"), che
amava l’uomo e lo aiutò ad evolvere da semplice creatura ad essere senziente,
contrastato dal fratello EN.LIL. L’effige del dio era una freccia stilizzata
enucleante il termine BUZUR, "detentore dei segreti" e
"detentore dei metalli", con allusione alla segreta arte alchemica.
Nella Bibbia il medesimo vocabolo è nahash, "serpente", correlato
alla progenitrice Eva, tradotta come "vita", "serpente
femmina", "Signora del serpente" e "madre di tutti i
viventi". La lingua araba chiama il rettile al-ayyah, "il vivificante", omofono ad Allah, suggerendo
in tal modo che gli antichi contemplassero un’Energia Madre quale scaturigine
della vita. Un testo ebraico sostiene che Eva generò Caino insieme ad Enki,
mentre Abele nacque dall’unione con Adamo. Il segno posto su Caino, di dinastia
regale, era la rosacroce simboleggiante la Coppa delle Acque, l’utero
femminile.
Verso l’Albero della Vita
Enki si rivolge ad Eva nel giardino
dell’Eden spingendola a gustare i frutti dall’Albero della Conoscenza del Bene
e del Male, istoriato allegoricamente nei sigilli cilindrici come deità con
rami simili a sinuosi spermatozooi e alla vagina: con l’energia sessuale
controllata l’uomo ascende al cielo. Il messaggio si completa in altri
bassorilievi di epoca assira raffiguranti uomini di rango elevato che montano
la guardia ad un apparato simile alla spina dorsale e reggono in mano una
pigna, la pineale.
Nel racconto di Adapa, l’Adamo biblico,
è scritto: "La conoscenza Enki gli diede, ma non l’immortalità".
Difatti Enlil, scoperto lo stratagemma del fratello, scaccia la coppia divina
dall’Eden, negandogli l’accesso all’Albero della Vita. Secoli più tardi l’eroe
Gilgamesh partirà verso mondi lontani per carpire agli dèi l’ultimo segreto.
Quale? Gli adepti di Enki ritrassero il dio con due enormi serpenti in foggia
di veste attraversata da bande orizzontali, la doppia elica del DNA e i suoi
quattro composti organici. Sotto di lui l’ankh egizia, la vita eterna.
Tradizioni sudamericane parlano di Tomapa, che prediceva il futuro con una
croce ansata. Il suo nome significherebbe "colui che ha in sé l’Albero
della Vita da cui si tagliano verghe magiche". Clonazione deriva dal greco
kloon, ramoscello. Troppe le
coincidenze.
Il maestro della stella bianca
In nessuna parte del globo ha raggiunto
tanta potenza come in Mesoamerica il culto del Serpente Piumato. Furono gli
Olmechi a introdurlo con gli attributi suoi propri, il pettorale a sette punte
a forma di conchiglia e il glifo di Venere, che si combinano per dar luogo ad
un preciso simbolismo astronomico. L’animale rappresenta, nel contempo, il
veicolo spaziale lucescente che emette fiamme e brilla velocissimo nella notte,
secondo la descrizione che farà Sanconiatone di Berito nella sua Storia Fenicia.
Il dio Kukulkàn, Serpente Piumato dai
colori dell’arcobaleno (Quetzalcòatl per gli Aztechi), era considerato dai Maya
il creatore dell’uomo, colui che infuse l’impulso evolutivo ai nativi del
Messico. Dalla pelle chiara con la barba, sua madre lo concepì dopo aver ingerito
uno smeraldo, nascita tipica dei grandi avatàr. Promulgò leggi giuste e insegnò
la scienza astronomica attraverso il sacro calendario dal ciclo di 52 anni
legato a Venere e alle Pleiadi.
In vita si oppose al feroce
Tezcatlipoca, il quale lo costrinse a partire definitivamente, con la promessa
però di ritornare instaurando una nuova èra. Raggiunta la riva celeste
dell’acqua divina e abbigliatosi sontuosamente, si immolò nel fuoco e disparve
su una zattera di serpenti, per ricomparire otto giorni dopo sotto forma della
stella Venere. Anche in Nepal si venera una divinità distesa sopra dei rettili
dal soprannome di Narayan, "colui la cui casa è l’acqua". La
piramide–tempio di Quetzalcòatl a Teotihuacan presenta maschere serpentiformi
del dio accanto a conchiglie di area caraibica.
Fuoco dalle Pleiadi
Andrew
Collins ha visitato a Cuba, secondo lui l’antica Atlantide, la prima di sette
caverne a Punta de l’Este, segnata con graffiti di una cometa serpentiforme che
genera anelli concentrici. Il sito ha due fori per registrare sin da epoche
arcaiche il transito di Venere, pianeta connesso alla costellazione delle
Pleiadi, simboleggiata presso i Maya dal sonaglio del serpente. Tra gli
abitanti locali è viva la memoria di un asteroide caduto migliaia di anni prima
nel Mar dei Caraibi, descritto come un gigantesco rettile infuocato, e antiche
tradizioni ebraiche sul Diluvio Universale narrano che "le acque superiori
precipitarono nello spazio creatosi quando Dio rimosse due stelle dalla
costellazione delle Pleiadi". Gli Olmechi sostengono che l’umanità sia
emersa dall’interno di grotte, a imitazione delle quali costruirono i loro
osservatori stellari sotterranei. Sembra quasi che gli ignoti artisti vogliano
attirare la nostra attenzione sui misteriosi pittogrammi, unico indizio che
punta ai cieli. Che altro sappiamo di loro? Esiste un’eredità perduta di cui
non abbiamo sentore? La risposta ai molti interrogativi giace nelle giungle
tropicali.
La stirpe di Ahau Can
Nel Popol Vuh dei Maya si parla di
numerose tribù madri fuggite nell’oscurità dalle sette caverne di Aztlàn, nel
lontano est. Tutto fa pensare ai sopravvissuti di una catastrofe planetaria che
ha coperto di tenebra il pianeta, effetto creatosi in seguito ad un impatto
cometario. I sedici Libri di Chilam Balaam ricordano, invece, l’arrivo nello
Yucatan in tempi remoti di uomini biondi barbuti dalla carnagione bianca e gli
occhi azzurri, giunti a bordo di zattere che scintillavano come le squame di un
rettile. Erano guidati da Itzamna, che guariva con l’imposizione delle mani e
donava la vita ai defunti. I sacerdoti si facevano chiamare chanes,
"serpenti", o ah-tzai, "popolo del serpente a sonagli". Gli
stranieri tributavano un’importanza enorme al rettile, il Crotalus durissus
durissus, conosciuto come Ahau Can, il "Gran Signore Serpente" e
venerato parimenti nell’intera America.
Fu il motivo geometrico della sua pelle,
rombi attraversati da una croce, a ispirare l’architettura sacra (come nei
fregi di Uxmal) e l’orientamento ai quattro punti cardinali delle strutture
maya. Il simbolo vivente è il tempio di Kukulkàn a Chichén Itzà, ove la luce
solare ai due equinozi crea sulla scalinata nord un suggestivo serpente formato
da sette triangoli splendenti, il dorso del crotalo. L’animale compie la muta
della pelle una volta l’anno quando il Sole nello Yucatan è allo zenit a metà
luglio, acquisendo nel contempo un nuovo sonaglio. Cambia poi i denti ogni
venti giorni, associabili a un particolare computo temporale maya. Come
controparte delle brillanti Pleiadi, ricordava il nuovo ciclo ad opera della
costellazione sorta prima di Venere nel 3.114 a.C., data di inizio del
calendario mesoamericano. Cerimonia solennizzata dall’accensione di un fuoco
sacro sopra la statua di Chac Mool a Chichén Itzà, fiancheggiata da statue di
rettili giganti con la coda a sonagli disposti ad L. Anche il sito di
Tiahuanaco, in Bolivia, era progettato come un grandioso orologio stellare e il
fregio sulla Porta del Sole identifica una camera segreta sotto la piramide
Akapana dominata dal serpente, simbolo della conoscenza suprema.
Un rito sconcertante introdotto dai
chanes è la deformazione del capo dei bambini nobili, per conferir loro
inusitate doti intellettive e l’aspetto degli dèi serpente. Significativi i
crani allungati rinvenuti pressochè in tutto il globo, dall’America all’Egitto.
Anche Pacal, il sovrano maya di Palenque, presentava le medesime
caratteristiche e la maschera di giada che copriva il suo volto nella cripta
sotterranea è incisa con squame serpentine, mentre sui pilastri del Tempio
delle Iscrizioni compaiono donne con un bambino in braccio la cui spina dorsale
si prolunga in un rettile. Inoltre, combinando le figure della lastra di
Palenque, Cotterell ha individuato la sequenza mitologica del serpente piumato
nelle sue manifestazioni.
La schiera dei Vigilanti
L’eco
degli dèi serpente giunge sino i compilatori dell’Antico Testamento. Il Libro
di Enoch e il Libro dei Giganti (apocrifi derivanti dal Libro di Noè)
descrivono l’arrivo sul pianeta di duecento Vigilanti capeggiati da Semyaza che
si uniscono alle donne terrestri generando esseri semidivini. Rivelano agli
uomini i misteri celesti quali la metallurgia e la scrittura, nonché l’immunità
ai veleni dei rettili. L’aspetto dei Vigilanti viene chiarito da un’altra opera
apocrifa, Il Testo di Amran, ove il padre di Mosè s’imbatte in creature dal
volto di vipera, riprodotte anche nelle statuine della cultura Ubaid in
Mesopotamia. La Genesi definisce gli strani esseri "figli Dio" e non
correttamente "figli delle dee", e la loro prole nephilim, giganti,
in realtà i discendenti del serpente. Un'altra variante del mito di Kukulkàn è
Votan, dei Guardiani della razza di Can. Se questi ultimi fossero i Vigilanti,
non è casuale l’accostamento tra chan, Can e Caino.
Il Figlio dell’Universo
Il sapere giunto dal cielo si trasmise
alle scuole iniziatiche del Medio Oriente, cui era affiliato Mosè. Celebre
l’episodio del patriarca che forgia un serpente di rame nel deserto contro
un’epidemia di serpenti ai danni degli Israeliti. Chiunque avesse posato lo
sguardo sull’amuleto sarebbe guarito all’istante. Da qualificate ricerche
mediche è emerso che il radionucleide rame – 62 è un "emettitore di
positroni" benefico per il sangue e gli altri composti del metallo
potenziano le cellule viventi. L’immagine del rettile che salva dalle infermità
verrà ripresa secoli più tardi dal Vangelo di Giovanni che fa dire a Gesù:
"E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così dev’essere innalzato il
Figlio dell’uomo, affinché chi crede in lui avrà la vita eterna". Al tempo
di Erode circolava la leggenda che una vergine giudea, identificata in Maria,
fosse stata visitata da un serpente. Come Quetzalcòatl, Gesù si definiva la
stella del mattino, compiva miracoli e possedeva l’arte di incantare i rettili appresa
nei suoi viaggi in India. Accostarlo alla famiglia dei chanes sarebbe
azzardato, ma è quanto ha fatto Le Plongeon, il quale sostiene che siano di
origine maya le parole del Maestro sulla croce: "Hele hele Lama, zabac
tani", cioè "Ora, ora sto svenendo, le tenebre coprono il mio
volto".
La gnosi cristiana è fermamente convinta
che ognuno di noi nasca come un serpente destinato a strisciare sulla Terra per
raggiungere alfine le stelle. La setta degli Ofiti (dal greco ojiV, serpente)
affermava che l’uomo, nato da un uovo e da un serpente, replica l’Universo
mentre il nostro intestino richiama la forma dell’animale. Da qui il
significato simbolico del labirinto e l’osservazione delle viscere a scopo
divinatorio. I Sethiani chiamavano "serpente" il potere creatore, che
plasma sibilando tramite la vibrazione sonora, il Logos.
La tredicesima costellazione
I culti orfici, sviluppatisi in Grecia
nel V–IV sec. a.C., propugnano la stessa dottrina asserendo che in principio
esisteva soltanto la Notte scura da cui prese forma un grande vento nelle
sembianze del serpente Ofione, che unitosi all’oscurità generò l’Uovo
primordiale. Secondo eminenti studiosi dei princìpi pitagorici, il rettile è
"il fluido vitale della procreazione, il midollo spinale che si credeva assumesse
forma di serpente". Ancora al filosofo greco si deve la credenza che la
colonna vertebrale dell’uomo si tramutasse alla morte in un serpente.
Gli Ofiogeni, antica popolazione
dell’Ellesponto, facevano risalire la loro discendenza ad un rettile unitosi con
la regina Alia. Lo stesso accadde per gli Ateniesi, che inizialmente si
definivano Cecropidi, attribuendo la nascita della polis al fondatore serpente
Cecrope e al figlio Erittonio. La civiltà minoica, di stampo matriarcale,
adorava una dea che stringe due serpenti, assimilata più tardi dalla bellicosa
Atena, che subentrò a Cecrope nella protezione della capitale ateniese.
La divinità intimamente legata al
serpente è il dio della medicina Asclepio, che riportò in vita il figlio di
Minosse strofinandovi sopra un’erba medicamentosa rivelatagli da un rettile.
Nel santuario di Kos, in Asia minore, veniva costantemente nutrito e adorato in
suo onore l’animale sacro. I Romani credevano nel genius loci in forma di
serpente che accompagnava l’individuo in vita e tracciavano dei serpenti in un
luogo per renderlo puro. Alla sua morte, Asclepio viene assunto in cielo
trasformandosi in Ofiuco, che appare nel firmamento come un uomo con il caduceo
che stringe un serpente, l’omonimo gruppo stellare. Il mito personifica la
tredicesima costellazione originaria dello Zodiaco, destinata a ricomporre il
destino astrologico dell’essere umano nella faticosa esplorazione della
Galassia ove regna la quiete assoluta.
Riti delle origini
Il culto del serpente è al giorno d’oggi
più vivo che mai. In Tanzania, il zoologo Fred Carnochan è stato iniziato alla
misteriosa casta dei guaritori immuni al morso del rettile grazie alla profonda
conoscenza dei sieri vegetali ancor oggi sconosciuti ai medici ortodossi,
mentre in Mali la popolazione dogon compie cerimonie rituali millenarie in
onore degli esseri serpente provenienti da Sirio. Nel Volta, invece, le donne
gravide visitano la casa decorata da rettili.
Gli indiani Moki del New Mexico eseguon
la danza della pioggia indossando sonagli rumorosi e tenendo serpenti vivi tra
i denti, custoditi per diversi giorni in camere sotterranee e immersi, come gli
iniziati, nell’acqua consacrata. Nel sito maya di Copán, la scultura di un dio
è scolpita nella stessa posa. Anche in Italia, a Coccullo (Abruzzo), si svolge
la processione della statua di San Domenico avviluppata da serpenti vivi,
cerimonia tributata all’antica dea Angizia. E l’elenco potrebbe continuare.
Siate furbi come serpenti
Il viaggio termina qui. L’intento
primario era mostrare il fascino segreto che il serpente ha esercitato sui
nostri predecessori, consci del ruolo che ogni creatura ricopre all’interno del
Macrocosmo grazie alla vita che si manifesta nella sua totalità. La nostra
ricerca, lungi dall’essere completa per l’incredibile vastità del materiale, è
suscettibile di cambiamenti ed apre il campo a numerosi e interessanti
sviluppi. Centro d’interesse rimane sempre l’uomo, erede della sapienza
universale che, ignaro, possiede le chiavi del cambiamento nella struttura
biologica del suo stesso corpo. Il nostro cervello consta di tre strati
sovrapposti il primo dei quali collegato al midollo, era prerogativa dei
rettili primordiali apparsi sul pianeta Terra milioni di anni fa. Potenziando
il suo pensiero, l’uomo pone in essere il grande cambiamento che gli antichi
misteri insegnavano tramite i Maestri. Gesù lascia un messaggio importante nel Quinto Vangelo di Tommaso: "I farisei e gli scribi hanno preso le
chiavi della conoscenza e le hanno nascoste. Essi non sono entrati e non hanno
lasciato entrare quelli che lo volevano. Voi però siate furbi come serpenti e
semplici come colombe".
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