mercoledì 3 aprile 2013

Emma Bonino for president



Nel clima di incertezza politica che regna sovrano, il dibattito politico sulle elezioni del Presidente della Repubblica è sempre più ricorrente, per la prossima scadenza del mandato di Napolitano, ma anche per i suoi intrecci con la formazione del governo.
Il PDL pretende di sceglier il capo dello Stato, e se non lo ottiene minaccia di ostacolare la formazione del governo, di bloccare il parlamento, e rivolte di piazza. Basterebbe solo questo per chiudere ogni dialogo con chi riduce la formazione del governo ad un fatto di poltrone...con chi non riesce a capire che dare al Paese un presidente moderato è, per l'attuale maggioranza, un atto di sensibilità politica e non un atto dovuto, e che esso è rivolto all’opposizione nella sua complessità, e non ad un singolo partito.
PD e SEL controllano 466 voti, più 30 dei delegati regionali. In complesso 496 voti, ne mancano 8 per un’elezione autonoma del capo dello Stato.
Ma l'instabilità politica consiglia prudenza e moderazione, ciò non significa consentire al PDL e alla destra di scegliere, ma solo coinvolgerli in un processo di condivisione.
La nomina del Presidente della Repubblica è intrecciato con la formazione del governo. Se Bersani avesse formato il governo, si sarebbe posto il problema di un rapporto squilibrato tra maggioranza ed opposizione di cariche istituzionali, per una eccessiva concentrazione di tali cariche nel centro sinistra.
Ma Bersani ha fallito e allora potrebbe nascere la tentazione, per il PD, di arrivare ad una prova di forza. Ma la gravità della situazione politica consiglia di evitare prove di forza.
Mai come in questa fase, è necessario un presidente di garanzia che consenta di parlare in Italia, in Europa e nel mondo con una sola voce, e che sappia gestire bene i rapporti tra i partiti e con i partiti, tra la politica e gli altri poteri dello Stato.
Bisogna guardare il panorama politico ed individuare una figura politica di prestigio, conosciuta e stimata a livello internazionale, gradita alla destra e alla sinistra e che conosca bene la macchina politica.
I nomi che rispettano questo identikit non sono molti. Nel PDL è possibile trovare qualche figura che conosce profondamente la macchina politica ma senza caratura internazionale e un autonomo rapporto con il leader del partito. Nel PD è possibile trovare qualche figura di caratura internazionale, conoscitore della macchina politica e tuttavia incandidabile perché non gradito a buona parte del suo stesso partito. Il riferimentoa D'Alema è chiaro.
Zagrebelsky e Rodotà sono figure sicuramente affidabili e di consolidato prestigio internazionale, ma più accademico che politico, e comunque non possono essere nomi di garanzia, perché non sono graditi alla destra.
Diverso il giudizio per Emma Bonino, una donna di destra che conosce la macchina politica, gode di prestigio internazionale ed è stimata a destra, ma anche a sinistra. Berlusconi l’ha proposta e sostenuta come commissario UE, è stata ministro dei rapporti con l’Unione europea del governo Prodi; e questo gradimento trasversale è presente anche in Europa e nel Mediterraneo.
Ma gli ostacoli sono tanti, i cattolici PD non hanno mai gradito la laica Emma Bonino, e i rapporti tra il partito democratico e radicali non sono buoni. Ma se davvero questo partito vuole perseguire la linea del cambiamento deve uscire dai ristretti limiti delle appartenenze e dalle bramosie di potere personali e di corrente, per un interesse piu ampio, l'intersse del Paese... Per questo deve appoggiare Emma Bonino. 
Il PDL voleva un figura moderata di destra. Emma Bonino è una moderata di destra. Se il PDL non la sostiene rivela il suo vero obiettivo che non è un presidente di garanzia per il Paese, ma un presidente di garanzia per Berlusconi. Insomma un presidente che, costituisca per il capo, un salvacondotto processuale.

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