sabato 6 aprile 2013

Abu Omar, Napolitano grazia Joseph Romano



Pubbliche le motivazioni della condanna Pollari: 'Consentì alla Cia di violare sovranità dell'Italia'


 Giorgio Napolitano

 Osama Hassan Mustafa Nasr, noto come Abu Omar

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, "ai sensi dell'articolo 87, comma 11, della Costituzione, ha concesso la grazia al colonnello Joseph L. Romano III, in relazione alla condanna alla pena della reclusione e alle pene accessorie inflitta con sentenza della Corte d'Appello di Milano del 15 dicembre 2010, divenuta irrevocabile il 19 settembre 2012", si legge nel comunicato stampa diffuso dal Colle. Con la grazia il presidente della Repubblica ha inteso dare "soluzione a una vicenda considerata dagli Stati Uniti senza precedenti" e ovviare "a una situazione di evidente delicatezza sotto il profilo delle relazioni bilaterali con un Paese amico". Napolitano, nella concessione della grazia al militare Usa della Nato si è ispirato "allo stesso principio che si cerca di far valere per i nostri due marò in India". lo si è appreso da fonti del Quirinale.
L'ambasciata americana accoglie con estremo favore la decisione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di concedere la grazia al colonnello Joseph L. Romano e apprezza il contesto di amicizia italo-americana nel quale è maturata. Lo si legge in una nota dell'ambasciata Usa a Roma. ''Apprezziamo la decisione del presidente Napolitano in linea con la visione comune dei nostri governi circa i termini dell'accordo militare previsto dal Sofa (States of Forces Agreement) con l'Italia''. Cosi' il maggiore Robert A.Firman, portavoce del Pentagono, a nome degli Usa, commenta all'ANSA la grazia concessa al colonnello Joseph Romano.
CORTE: POLLARI CONSENTI' ALLA CIA DI VIOLARE STATO - L'ex direttore del Sismi, Nicolò Pollari, ha consentito agli uomini della Cia "che venisse concretizzata una grave violazione della sovranità nazionale" dell'Italia, fornendo "appoggio" al sequestro di Abu Omar. Lo scrivono i giudici della Corte d'Appello di Milano nelle motivazioni della condanna a 10 anni per Pollari. Lo scorso 12 febbraio, i giudici della quarta sezione penale della Corte d'Appello milanese (presidente Luigi Martino) hanno condannato l'ex direttore del servizio segreto militare, Pollari, a 10 anni, mentre nove anni sono stati inflitti all'ex numero due del Sismi, Marco Mancini, e 6 anni ad altri tre '007'. Si è trattato dell'appello 'bis' dopo che la Cassazione, lo scorso settembre, aveva dichiarato parzialmente illegittimo il segreto di Stato apposto sulla vicenda perché troppo esteso, annullando così i proscioglimenti ottenuti dai cinque imputati ex Sismi in primo e secondo grado. La Corte d'appello ha anche riconosciuto all'ex imam Abu Omar, difeso dall'avvocato Carmelo Scambia, e a sua moglie, rappresentata dal legale Luca Bauccio, risarcimenti per un totale di 1,5 milioni di euro. Nelle motivazioni, appena depositate, il collegio spiega che Pollari ha "promosso la cooperazione nel reato" - il sequestro dell'ex imam della moschea milanese avvenuto il 17 febbraio del 2003 - da parte dei "compartecipi", cioé gli altri appartenenti al Sismi imputati, e ha fornito "appoggio" al "progetto" di 'extraordinary rendition' di Jeff Castelli, l'ex capo della Cia in Italia. "Appoggio - scrivono i giudici - concretizzatosi con la diramazione dell'ordine ai propri sottoposti, che hanno poi aderito al piano criminoso e cooperato alla sua esecuzione". Particolarmente "grave", secondo i giudici, "é da ritenersi la partecipazione al reato di soggetti che, per la loro posizione soggettiva di appartenenti ad un'istituzione dello Stato, avrebbero dovuto garantire che simili violazioni non venissero commesse", come quella nei confronti di una persona, Abu Omar, che aveva anche lo "status di rifugiato politico" in Italia. Pollari e gli altri imputati, scrive la Corte, avrebbero dovuto "tutelare la sovranità del nostro Paese" e invece aiutando gli uomini della Cia nel sequestro hanno "permesso" una "grave violazione della sovranità nazionale".
COLLE: CON LA GRAZIA SOLUZIONE VICENDA DELICATA - "Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ai sensi dell'articolo 87, comma 11, della Costituzione, ha oggi concesso la grazia al colonnello Joseph L. Romano III, in relazione alla condanna alla pena della reclusione e alle pene accessorie inflitta con sentenza della Corte d'Appello di Milano del 15 dicembre 2010, divenuta irrevocabile il 19 settembre 2012", si legge nel comunicato stampa diffuso dal Colle.
"La decisione è stata assunta dopo aver acquisito la documentazione relativa alla domanda avanzata dal difensore avvocato Cesare Graziano Bulgheroni, le osservazioni contrarie del Procuratore generale di Milano e il parere non ostativo del Ministro della Giustizia. A fondamento della concessione della grazia, il Capo dello Stato ha, in primo luogo, tenuto conto del fatto che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, subito dopo la sua elezione, ha posto fine a un approccio alle sfide della sicurezza nazionale, legato ad un preciso e tragico momento storico e concretatosi in pratiche ritenute dall'Italia e dalla Unione Europea non compatibili con i principi fondamentali di uno Stato di diritto.
D'altra parte, della peculiarità del momento storico dà conto la stessa sentenza della Cassazione che, pur escludendo che il Romano - come gli altri imputati americani - potesse beneficiare della causa di giustificazione dell'avere obbedito all'ordine delle Autorità statunitensi, ha però ricordato "il dramma dell'abbattimento delle torri gemelle a New York e il clima di paura e preoccupazione che rapidamente si diffuse in tutto il mondo"; e ha evidenziato "la consapevolezza che ben presto maturò di reagire energicamente a quanto accaduto e di individuare gli strumenti più idonei per debellare il terrorismo internazionale e quello di matrice islamica in particolare", consapevolezza alla quale conseguì l'adozione da parte degli Stati Uniti di "drastici" provvedimenti". "In secondo luogo - prosegue il comunicato del Quirinale -, il Capo dello Stato ha tenuto conto della mutata situazione normativa introdotta dal d.P.R. 11 marzo 2013, n. 27 che ha adeguato al codice di procedura penale del 1988 le modalità e i termini per l'esercizio da parte del Ministro della Giustizia della rinuncia alla giurisdizione italiana sui reati commessi da militari NATO, consentendo tale manifestazione di volontà in ogni stato e grado del giudizio. In particolare, il sopravvenire di tale nuova disciplina costituisce sicuramente un fatto nuovo e rilevante il quale avrebbe fatto emergere un contesto giuridico diverso, più favorevole - nel presupposto della tempestività della rinuncia - all'imputato". "In definitiva - conclude la nota -, con il provvedimento di grazia, il Presidente della Repubblica nel rispetto delle pronunce della Autorità giudiziaria ha inteso dare soluzione a una vicenda considerata dagli Stati Uniti senza precedenti per l'aspetto della condanna di un militare statunitense della NATO per fatti commessi sul territorio italiano, ritenuti legittimi in base ai provvedimenti adottati dopo gli attentati alle Torri Gemelle di New York dall'allora Presidente e dal Congresso americani. L'esercizio del potere di clemenza ha così ovviato a una situazione di evidente delicatezza sotto il profilo delle relazioni bilaterali con un Paese amico, con il quale intercorrono rapporti di alleanza e dunque di stretta cooperazione in funzione dei comuni obiettivi di promozione della democrazia e di tutela della sicurezza".

(ANSA)


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