sabato 21 aprile 2012

Le stanze di Fermi diventano un museo. La fisica ha casa a Roma


di Carla Massi
ROMA - Via Panisperna 89a. Il Padreterno, il Papa, il Cardinale vicario, il Basilisco, il Grande inquisitore e il Cucciolo lavoravano qui negli anni Trenta. Qui passavano giornate e nottate intere nei laboratori, facevano esperimenti e, di fatto, hanno dato inizio alle scoperte che portarono allo sviluppo e controllo dell’energia nucleare.

Erano i fisici Orso Mario Corbino, Enrico Fermi, Franco Rasetti, Emilio Segrè, Ettore Majorana e Bruno Pontecorvo che si erano dati dei goliardici soprannomi. Come tutti i ragazzi. Anche i ragazzi di via Panisperna, lì nella sede del Regio istituto di fisica nel cuore del rione Monti a due passi dal Quirinale, scherzavano mentre lavoravano al primo esperimento di scissione nucleare. Solo Edoardo Amaldi, di soprannomi, non ne hai mai voluto sapere. Quei laboratori, quelle biblioteche, quei lunghi e quel giardino vennero abbandonati dai professori e dagli studenti nel’37 quando l’istituto venne trasferito nella città universitaria. Da allora, l’immobile costruito nel 1880, divenne parte del ministero dell’Interno.

Circa dieci anni fa, era il centenario della nascita di Fermi, la decisione di riportare gli scienziati in quella palazzina. E trasformarla nel museo della Fisica e Centro studi e ricerche Enrico Fermi. Stamattina l’inaugurazione dei lavori. Alla presenza del presidente Napolitano, dei ministri dell’Interno Anna Maria Cancellieri e dei Beni culturali Lorenzo Ornaghi.
Nel cortile verranno posti un cippo e un targa. Lì, proprio lì accanto alla famosa fontana dei pesci rossi, quella in cui si svolse l’esperimento chiave per la prima fonte di energia non derivante da combustione.

Una prima rudimentale verifica avviene, appunto, nell’acqua della vasca del giardino dell’istituto. Lo stesso Fermi ha confessato di non sapere bene che cosa lo spinse, il 20 ottobre del ’34, a prendere la decisione che gli avrebbe fatto avere il premio Nobel per la Fisica nel 1938. Anno in cui, per le leggi razziali, il gruppo dei ragazzi si disperse. Parte di loro emigrò all’estero. Ettore Majorana, fisico catanese, scomparve nel nulla la sera del 27 marzo 1938 in occasione di un viaggio sul piroscafo che da Palermo lo avrebbe portato a Napoli. Dove, però, non arrivò mai.

Il Viminale si separa da una sua costola, dunque, per ridare spazio ai luoghi dove i ragazzi hanno costruito le basi di un’autentica rivoluzione: un modo nuovo di concepire la Fisica. Con i professori, giovanissimi, che si confondevano con gli studenti. Con i ragazzi che partecipavano alle intuizioni dei maestri e con loro dividevano pranzi e cene. Tanti consumati nella trattoria La Carbonara vicino all’istituto. Dove, si narra, davanti a piatti di amatriciane e cacio e pepe siano stati avviati i progetti di ricerca. La trattoria, aperta nel 1906, ancora vanta quegli illustri clienti. Quei ragazzi che, raccontano gli storici della scienza, hanno condiviso tante giornate e tanto lavoro con la Sora Cesarina. Un’accudente donna delle pulizie del Regio istituto che andava a riempire i secchi nel laboratorio di Rasetti (contravvenendo alle regole dei laboratori) e poi li andava a nascondere sotto il tavolo di Pontecorvo. La Sora Cesira aveva contaminato l’acqua. Si rese così colpevole di una contaminazione scientifica della quale i ragazzi tennero conto nei loro esperimenti in via Panisperna 89a.

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=191888&sez=EVENTI

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