È davvero interessante la nuova serie tv “M il figlio del secolo”, molto interessante. Non per questioni di lana caprina che si leggono in molti post e articoli, a partire da quanto somiglia a mussolini Luca Marinelli, se è troppo o poco romanzato o altra roba stile “woke vs. antiwoke”. Stuzzica l’attenzione e la curiosità, già solo nei suoi primi quattro episodi, perché è la versione edulcorata della storia che l’antifascismo liberale istituzionale propone per dei motivi ben precisi. Molti dei riferimenti sono attinenti alla storia, come l’origine sansepolcrista. I fasci di combattimento che si riempivano di parole rivoluzionarie per, come Hitler dirà poi di sé, togliere “il socialismo ai socialisti”. Ma è chiaro fin da subito che è pura scena, solo un’altra via per un potere che non vuole “riprendere” il socialismo, ma distruggerlo.
Facendo leva sui sentimenti dei reduci della Prima Guerra Mondiale, che vedevano la vittoria mutilata declamata da D’Annunzio come un tradimento del loro sacrificio per lo stato, Mussolini crea il suo esercito e prova ad usare lo stesso D’Annunzio per ingraziarsi tutto quel sentimento irredentista postguerra. Capisce, perché non era stupido, che Fiume non era la via per il potere e lo capirà poi ancor di più alle elezioni, le prime a cui partecipa dopo aver dichiarato di essere “antipolitico” e “antielettorale”, che un partito di soli reduci non sarebbe andato da nessuna parte. A correre in aiuto di Mussolini non è stato il sistema politico liberale, ma gli industriali, la borghesia italiana, quella che non si fa eleggere in parlamento o incaricare come ministri, perché ne è al di sopra e ne controlla la linea.
La Marcia su Roma, se vogliamo usarla come allegoria per sintetizzare la lunga presa del potere da parte del fascismo, inizia proprio con l’appoggio della grande aristocrazia industriale italiana per soffocare il Biennio Rosso, usando lo squadrismo per massacrare operai e contadini al posto di una polizia “morbida” che rappresentava un regime liberale che stava dissolvendosi. Da parte sua il Partito Socialista titubava e nel farlo propagandava una rivoluzione imminente in apparenza, ma sempre rinviata e si divideva tra chi voleva riformare lo stato monarchico e borghese attraverso il parlamento, quasi chiedendolo con cortesia, mentre dirigenti come Antonio Gramsci analizzava l’attualità e proponeva invece l’azione immediata contro la reazione, prospettando la sconfitta dell’inazione dell’attendismo socialista. I socialisti immobili e la borghesia impaurita sono due fattori che scatenarono l’ascesa del Fascismo.
Nonostante la sconfitta dei socialisti e l’allontanamento del “pericolo bolscevico”, almeno per il momento, il vecchio sistema liberale, sorretto dallo statuto albertino e strascico dello status quo costruito da Cavour, comunque rimane estremamente debole ed instabile e lo stesso Giolitti, consapevole, scommette sull’utilizzare il fascismo per salvarsi e mantenersi garante del potere della borghesia. Borghesia che invece aveva già visto in Mussolini il nuovo garante dello stato di cose presenti. Il fascismo mantenne sempre una parvenza antiborghese, utile per illudere tutti coloro, la maggior parte, che vi aderirono per un sentimento rabbioso per la borghesia. Propagandare un’immagine di partito antisistema era fondamentale per non perdere la presa su una rabbia che altrimenti avrebbe trovato altri sbocchi e tra di essi c’era la falce e il martello.
Il Mussolini di Marinelli è molto teatrale e alle volte anche forzatamente grottesco, ma interpreta bene sia la sicurezza di Mussolini nel suo piano per il potere, sia l’incredulità dello stesso verso alcuni eventi che effettivamente non sospettava potessero essergli favorevoli. Pensava davvero che usare il parlamentarismo e attenuare di molto la violenza squadrista fosse imprescindibile per conquistare il favore sia della monarchia che dei partiti di governo. Oltre ogni suo più roseo pensiero Mussolini vede che nonostante la violenza squadrista fosse rimasta estrema, nessuna reazione avvenne da parte dell’ordine costituito, se non proteste da parte della classe politica liberale che sudava freddo vedendo il proprio potere scivolargli via dalle mani. Sapeva che il potere, quello vero del capitale, lo aveva promosso e se avesse osato lo avrebbe sostenuto.
Ne “Il Delitto Matteotti” del 1973 c’è una scena molto importante e significativa. Si vedono i rappresentanti della Confindustria che discutono della crisi generata dal delitto Matteotti riflettendo sul “matrimonio d’interessi tra noi e il fascismo” e di come se Mussolini non si dimostra uomo di governo “lo licenziamo”. Questo aspetto fondamentale dell’ascesa del fascismo, nella sua funzione di braccio armato del capitale che subentra alla democrazia liberale quando c’è bisogno di difendere i profitti e far stare al loro posto gli sfruttati, non esce nella serie tv, eppure questo rapporto nasce proprio nel 1919 ed è la base principale su cui si fonda tutta la storia del regime. La parte politica del liberalismo non era un monolite e aveva diverse voci e in molti sinceramente credevano ad un ordine democratico, basti pensare ad Amendola e Gobetti, oltre che a voci seppur isolate del Partito Repubblicano.
Amendola e Gobetti, seppur liberali, subirono il fascismo alla pari dei comunisti e dei socialisti. A dimostrazione di come il capitale non ha un sistema politico preferito, tantomeno è amante della democrazia. Ma segue il corso della storia e ne ricerca i fattori che ne permettono la sopravvivenza e la continuità di potere. La scelta di credere all’Italia liberale e del suo sistema parlamentare la fece, sbagliando, anche lo stesso Partito Socialista che confidava nell’impossibilità che Vittorio Emanuele III potesse permettere ad un partito armato che non faceva segreto della sua volontà di trasformare il sistema in una dittatura acclarata di realizzare questa volontà. Il re scelse mussolini come lo scelse confindustria e difficilmente con la titubanza che viene rappresentata nella serie, anche se la sua pochezza politica è ben esemplificata.
Solo Gramsci capì che lo stato costituzionale albertino non avrebbe fatto nulla contro Mussolini e i fascisti. Anche se a tempi della Marcia su Roma i comunisti di guidati allora da Bordiga sottovalutarono malamente la sceneggiata del raduno di Napoli.
In questi primi 4 episodi i riferimenti all’oggi sono palesi e nemmeno nascosti tra le righe, è facile pensare che nascondere, almeno fino ad ora, il ruolo chiave della classe borghese industriale faccia parte della volontà di collegare passato e presente. Esporre il connubio pieno tra potere borghese liberale e fascismo incrina l’immagine dell’antifascismo istituzionale di oggi, che sfoggia l’idea menzognera di un liberalismo sempre contrario al fascismo e mai complice. Amendola e Gobetti sì, loro non furono mai complici e sostenitori del fascismo, ma sono stati massacrati nel silenzio dei liberali italiani che lasciarono correre il manganello e il coltello nel nome del mantenimento del nuovo ordine fascista che risolveva il problema della rivoluzione dei dannati della terra. Lo stesso Partito Popolare di Don Sturzo venne colpito dal fascismo, esautorato dal suo ruolo assieme ad altri di garante del potere da parte dello stesso potere borghese.
Lo stile che presenta un Mussolini grottesco può anche andar bene, ma collide con l’idea di un fascismo scollegato struttura del sistema capitalista. La politica è una sovrastruttura dell’economica e non agisce mai da sola come fattore scatenante del cambiamento. Molti hanno esternato commenti molto negativi sulla serie, altri hanno avuto toni entusiastici. Entrambi sembrano però non cogliere nè le problematiche più pesanti, nè i punti più riusciti e ben rappresentati. Non si può affrontare e combattere l’antifascismo elettorale e opportunista contrapponendo ad esso l’idea che il fascismo non possa mai più tornare e che sia sepolto nei libri di storia. Fintanto che esisterà il capitalismo, esisterà la possibilità concreta che lo stesso riusi il fascismo, in forme anche assai diverse, per difendersi dall’emergere di una alternativa di sistema che ne metta in pericolo l’esistenza. Mussolini più che figlio del secolo, è figlio del terrore degli sfruttatori per gli sfruttati e di figli così ne faranno nascere e crescere sempre.
Nicolò Monti
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