SOCRATES
Moriva il 4 dicembre 2011
"Chi è l'italiano che stima di più, Mazzola o Rivera?"
"Non li conosco. Sono qui per leggere Gramsci in lingua originale e studiare la storia del movimento operaio".
Laureato in Medicina nel 1976, e specializzato in Pediatria, pur non esercitando la professione, diventa per tutti 'O Doutor', 'Il Dottore'. Sviluppa fin dai tempi dell'Università una grande passione per la politica: in un periodo storico che vede il Brasile sotto la dittatura militare dei Gorillas, si schiera apertamente a sinistra, abbracciando gli ideali del socialismo, tanto da esultare dopo i suoi goal con il pugno chiuso rivolto al cielo, e in favore della democrazia, che elegge come 'modello vincente' anche nel calcio, dando vita all'esperimento unico della Democracia corinthiana.
Da adolescente entra a far parte del Settore giovanile del Botafogo di Ribeirão Preto, e a partire dal 1971 inizia a frequentare l'Università di Medicina, dividendosi fra l'amore per lo studio e la passione per il calcio.
Come faceva a conciliare i due impegni? Semplice, non si allenava o lo faceva poco.
"Alla società disse: 'Vengo solo alle partite'.
Inizialmente il calcio resta per lui una semplice passione, tanto che a chi gli chiede cosa faccia nella vita, lui risponde:
"Sono uno studente di Medicina".
Nel 1974 qualcosa cambia: Socrates capisce che, oltre che medico, può diventare anche un calciatore importante. Inizia così ad allenarsi con costanza, anche se non sempre è entusiasta di questo. Nonostante le notti passate a fumare e a studiare, le sue prestazioni non ne risentono: Socrates, utilizzato all'epoca da centrocampista offensivo o seconda punta, incanta nel Campionato Paulista e segna a raffica.
La sera fuma e beve regolarmente, conducendo uno stile di vita che poco si confà ad un atleta e ad un medico. Iniziano a piovere critiche nei suoi confronti.
"Sono arrivato in Italia e mi sono subito infortunato. - dice - Per il vostro mondo capitalista è incomprensibile. Impossibile fermare una macchina che tira calci a un pallone. Che fa comodo soprattutto se non pensa. È lo specchio di tutto il resto. Il calcio qui è come la religione, come la Chiesa. Immobile, tutto fermo. Guai a chiedersi il perché delle cose. In questo il Brasile è uguale".
"Ho sempre fumato pur sapendo che fa male, - dirà - così come amo bere birra. Oggi come allora. Ma il calcio è uno sport collettivo e non serve che tutti corrano. Ci sono quelli che corrono e quelli che pensano".
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