mercoledì 8 dicembre 2021

Mohamed Sow

 


Ti chiedi se esista un po’ di giustizia (davvero), quando leggi queste cose. 


Mohamed Sow aveva ventisei anni nel 2001, faceva l'operaio in Italia. Un giorno chiese ai suoi datori di lavoro di essere pagato il giusto: gli spaccarono la testa e lo lasciarono a morire. Poi occultarono il cadavere. Vennero assolti perché di questo ragazzo non si trovava il corpo. 


L’avevano sepolto in un bosco, nel novarese. Nelle intercettazioni telefoniche si riferivano a lui e agli altri operai come “scimmie”, “maiali”. Lì nel bosco c’è rimasto per vent’anni, fino a pochi giorni fa quando la natura ha restituito il cranio e un passante l'ha visto. Dopo vent'anni.


I due imprenditori adesso non possono essere più processati. Erano ai domiciliari perché coinvolti con l’ndrangheta, fino a pochi mesi fa. Ma per Mohamed Sow sono passati troppi anni e i due vennero assolti perché non si trovava il corpo. 


Solo una sepoltura gli si potrà dare.

 

La cosa che fa incazzare è sapere che questo ragazzo non potrà avere giustizia. La cosa che fa un po’ contorcere lo stomaco è sapere che viviamo in una società con tanti fantasmi che spariscono da un giorno all’altro e marciscono nei tanti “boschi” che circondano, siano essi fatti d’alberi, di cemento, d’acqua, di fame. Sono gli ultimi, che non hanno colore della pelle, perché tra di essi vi sono anche tanti italiani. Sono quelli soli, senza un cane accanto. Sono gli sfruttati da chiamare “maiali” e “scimmie” che si possono ricattare o a cui si può spaccare il cranio senza pensarci troppo su e poi vivere una vita sereni, perché tanto sono animali.

 

La giustizia per loro spesso non sembra esistere, né da vivi né da morti. 


Cambiare tutto questo, dopo tutto questo tempo, dovrebbe essere il dovere di ogni uomo. Una crociata.

Leonardo Cecchi 

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