martedì 15 luglio 2014

L’intervista. Tiziano Fratus, l’homo radix dagli occhi neri

tiziano fratus-Tiziana Salotti- “C’è una bellezza dall’inizio del mondo/ nel mettere ordine/ in cose che non ti appartengono”.
Tiziano Fratus mi dice di scrivere questi due versi di una sua poesia di alcuni anni fa. Mentre con poche parole mi parla di sé, lo osservo come si può osservare il mistero della Natura: capelli folti, un paio di occhi neri dall’espressione un po’ pacata e anche indefinibile, apparentemente è un uomo difficile da capire e con cui comunicare; in realtà la sua gentilezza e disponibilità è stata immediata, è bastato un veloce scambio di mail e lui si è presentato al nostro appuntamento sotto i portici vetusti del borgo di Avigliana. Tiziano ha il volto di un bambino cresciuto, mani ampie e fatte per accarezzare gli alberi di tutto il mondo.
Timido? Chiedo, credendo di capirlo. «No, riservato», risponde.
E’ nato a Bergamo nel 1975, poi si è diplomato al liceo scientifico e ha frequentato per un po’ la Facoltà di Scienze Politiche. «In realtà», spiega senza mezzi termini, «la struttura accademica ha allenato la mia suscettibilità… e poi in Italia oggi sembra che senza un titolo di studio non si possa fare nulla. Credo sia sbagliato. Quello che conta è l’attitudine, l’essere portati a fare qualcosa, la vecchia e buona vocazione, essere capaci di scoprirlo… »
Finora ha scritto una trentina di libri. Quale ti piace di più? «Un libro che non è ancora uscito», mi dice. Debbo intendere che con questa frase voglia comunicarmi la propria intenzione di aggiungere sempre qualcosa a se stesso, una specie di sfida? E’ difficile intuirlo.
Un accenno doveroso va al suo libro appena uscitoL’Italia è un bosco, edito da Laterza. Un viaggio tra alberi immensi e solenni che popolano non solo le montagne e le praterie, ma anche il caos delle città. Un grande affresco dedicato al nostro Paese che sta avendo un interessante successo di pubblico.
Ciò che lo caratterizza sono i suoi neologismi. Per esempio, HOMO RADIX.
In un suo videodocumentario dice: «Sono un uomo radice. Sono un uomo che si è svegliato albero con fronde che si alberano al respiro dei venti, che raccoglie storie trasportate e veicolate da altre creature. Sono un uomo radice che trova gioia e pace nella sua nuova terra. Sono un uomo che ha trovato radici viaggiando nel mondo…Sono un uomo che ha imparato ad ascoltare gli alberi e non se ne vergogna affatto…»
In Giona delle sequoie, in lavorazione, si esprime con queste parole: «Giona si immerge nel paesaggio, raggiunge questi contenitori di vita, questi totem che uniscono la materia di cui siamo fatti, la terra, e la materia dei sogni, il cielo. E forse anche uno dei luoghi dove si raccolgono, anche se non le possiamo vedere, le anime di coloro che non ci sono più. Forse l’anima di suo padre è nelGrizzly Giant, forse sua madre ha trovato riparo nelle radici di uno dei sapienti silenziosi della Giant Forest. O forse no. Ma alla fine è meglio credere, che non credere affatto.» Le pari, la grande scommessa che fu già di Pascal. Il suo modo di credere in qualcosa che può chiamarsi o non chiamarsi Dio, ma che tuttavia anima e dà vita alla Terra.
Ci salutiamo semplicemente con una stretta di mano. Chissà se ci rivedremo. Ma ho conosciuto un uomo grande.

http://www.articolotre.com/2014/07/lintervista-tiziano-fratus-lhomo-radix-dagli-occhi-neri/

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