mercoledì 16 luglio 2014

Il prezzo della nostra privacy? Circa due euro

Alcuni ricercatori hanno dimostrato come gli utenti siano disposti a vendere dati come gusti, pagine web e luoghi visitati per pochi spiccioli. Due euro è il valore medio dato dagli utenti ai dati prodotti quotidianamente.
Il prezzo della nostra privacy? Circa due euro-Redazione- Quanto saremmo disposti a ricevere per dar via i nostri dati personali contenuti nei nostri smartphone?
Non molto, circa due euro. A dirlo un gruppo di ricercatori , guidati daJacopo Staiano dell’Università degli studi di Trento, che hanno condotto un esperimento creando un mercato per la compravendita di questo tipo di informazioni.
I risultati verranno illustrati nel mese di settembre durante la UbiComp 2014, conferenza internazionale dedicata all’ubiquitous computing a Seattle.
I ricercatori, guidati da Telefonica, in collaborazione con la fondazione Bruno Kessler e Disi Università di Trento, hanno monitorato gli smartphone di 60 volontari, di età compresa tra 28 e 44 anni, che sono state chiamate a partecipare ad un test durato circa due mesi. Ciascuno di loro, dotato appositamente di cellulare, è stato posto sotto osservazione quotidiana da un team di ricerca che ha monitorato i comportamenti e collezionato quattro categorie di personal data (telefonate, ubicazione, app, foto).

Ai partecipanti è stato chiesto, allo stesso tempo, di prender parte, una volta la settimana, a un sistema di aste per vendere i loro dati, grezzi o più elaborati. Per mantenere la correttezza degli scambi ed evitare falsificazioni, Staiano e colleghi hanno scelto un meccanismo in cui il vincitore riceve il corrispettivo del secondo prezzo più basso. Successivamente è stata aumentata la frequenza delle aste, da settimanali a cadenza giornaliera, il che ha ridotto il livello degli importi perché le perché le persone hanno pensato di poter essere pagate più spesso. 
Il valore medio per tutte le categorie di dati è stato calcolato in due euro, ma è emerso che il dato di posizione, geolocalizzazione, è valutato come quello più prezioso, di conseguenza, si giustifica una maggiore protezione.

Conclusioni: le variabili socio-demografiche come sesso, età, e istruzione, non incidono sulla gestione delle informazioni. Chi ha partecipato ai test tende a considerare se stesso come migliore custode dei propri dati rispetto a banche, società di telecomunicazioni, assicurazioni o governi.
L’idea di un mercato dei dati personali è stata avanzata in passato con tentativi isolati di assicurarsi un compenso tramite commercializzazione diretta ma con scarsi risultati.
Aziende e intermediari, in ogni caso, continuano a vendere informazioni sostituendosi ai titolari che, però, maturando un diverso atteggiamento, potrebbero riprendersi il controllo. La nascita di un mercato di dati personali avrebbe questa funzione di aiutare l’individuo a riconquistare il potere di determinare cosa fare delle sue informazioni. 

http://www.articolotre.com/2014/07/il-prezzo-della-nostra-privacy-circa-due-euro/

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