Egitto e libertà di stampa. Sette anni di carcere per tre reporter di Al-Jazeera

Condannati perché, attraverso il loro lavoro, avrebbero sostenuto il governo dell'ex presidente Morsi. La sentenza riapre la questione sulla libertà di stampa in Egitto, attualmente al 158esimo posto della classifica mondiale.

-Redazione- Dopo cinque mesi di processo, un tribunale egiziano ha condannato, ieri, tre giornalisti di Al Jazeera, l’emittente con sede in Qatar, Paese che detiene la proprietà della stessa televisione e che in Egitto ha avuto un ruolo significativo a sostegno dei Fratelli musulmani, a pene da sette a dieci anni di carcere, tra l'indignazione delle organizzazioni per i diritti umani e dei governi stranieri.

I condannati sono Mohamed Fadel Fahmi (egitto-canadese), capo del locale ufficio di al-Jazeera e l’australiano Peter Greste a sette anni; l’egiziano Baher Mohamed a 10 anni.
Altre 11 persone sono state condannate in contumacia a 10 anni di carcere.

La colpa dei giornalisti di Al-Jazeera, secondo l'accusa, è stata quella di averdiffuso false informazioni e di aver lavorato in Egitto senza l’accredito obbligatorio. Inoltre, avrebbero sostenuto, con il loro lavoro, le attività dei Fratelli Musulmani quando al governo c'era l'ex presidente Mohammed Morsi. In aula, ad ascoltare la sentenza oltre ai tre imputati, posto riservato dentro la gabbia, ambasciatori locali, familiari e avvocati di entrambe le parti. 

Gli imputati si sono difesi affermando di aver subito un processo iniquo e su basi politiche con prove fabbricate ad arte.

Attualmente, l'Egitto occupa il 158° posto nella classifica mondiale della libertà di stampa, penalizzato secondo Reporter senza frontiere: "dai vuoti legislativi, cariche arbitrarie dei responsabili dei media di Stato, attacchi fisici, processi e mancanza di trasparenza".

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