martedì 8 aprile 2014

IL CINEMA DEI GIUSTI – NEL SORPRENDENTE “PICCOLA PATRIA” MANCA SOLO IL TANKO! I VENETISTI, IN MUTANDE E CON I PISELLI MOSCI, VIVONO IN UN PAESE ALLO SFASCIO E PENSANO DI ARMARSI E SPARARE AI “FORESTI DE MERDA”

“Ma i foresti sono ormai più integrati di loro nella comunità, sono visti con occhi diversi dalle ragazze del posto e da questa situazione, padri razzisti e figli disposti a aprirsi, non ci sono tante vie d'uscita. O violenza o convivenza. “Piccola patria” è una bella sorpresa e dimostra che negli ultimi vent'anni, anche se poco si è visto, molto si è studiato”…

Marco Giusti per Dagospia
SCENA DEL FILM PICCOLA PATRIASCENA DEL FILM PICCOLA PATRIA
"Foresti de merda!" Ci siamo. Eccoci nel profondo Nordest italiano. Peggio del Texas di Cormac McCarhty. Non fatelo vedere a Matteo Salvini. Per carità. In Piccola patria, opera prima di fiction di Alessandro Rossetto, celebrato documentarista cinquantenne (ha girato anche un discusso film su Feltrinelli che ha avuto non poche noie), sceneggiato assieme alla scrittrice Caterina Serra e allo specialista di sfighe italiane da terzo mondo Maurizio Braucci (Gomorra, L'intervallo), già presentato a Venezia lo scorso settembre, i nativi veneti, perennemente in mutande e canotta, piselli mosci, faccia cattiva e discorsi da indipendentisti da festa di paese, si scontrano appunto con i "foresti", albanesi, cinesi, marocchini.
Ascrivendo a loro, come in ogni film sul razzismo paesano, ogni responsabilità dello stato comatoso in cui vivono, incapaci della minima reazione in un paese da anni a rotoli, pensano che la reazione sia armarsi e sparare. Non si sa bene a chi. Un po' come i "patrioti" veneti del Tanko, insomma. Ma i foresti, sono ormai più integrati di loro nella comunità, sono visti con occhi diversi dalle ragazze del posto e da questa situazione, padri razzisti, figli e figlie disposti a aprirsi, non ci sono tante vie d'uscita. O violenza o convivenza.
Piccola patria punta l'occhio su due ragazze, due uomini in crisi, due donne depresse. Le due ragazze, Luisa e Renata, interpretate dalle fenomenali Maria Roveran e Roberta Da Soller, si alleano per spillare soldi a un depravato del posto, Rino Menon, interpretato da Diego Ribon, impotente con voglie di sesso.
Lo mettono in mezzo con delle fotografie scandalo e gli chiedono soldi, coinvolgendo nell'affare, a sua insaputa, anche il bravo ragazzo albanese di Luisa, Bilal, interpretato da Vladimir Doda. I due uomini sono appunto il Rino, con sorella che gli perdona tutto, e il rozzo padre di Luisa, Franco Carnielo, interpretato da Mirko Artuso, che passa giornate seduto in mutande sul divano, non paga le tasse, litiga con la moglie, odia i foresti e non riesce a parlare con la figlia.
SCENA DEL FILM PICCOLA PATRIASCENA DEL FILM PICCOLA PATRIASCENA DEL FILM PICCOLA PATRIA jpegSCENA DEL FILM PICCOLA PATRIA 
Le due donne depresse sono infine la moglie di Franco e la sorella di Rino, interpretate da Lucia Mascino e Nicoletta Maragno. Attorno a questo nucleo di sei personaggi, ai quali si aggiungano il ragazzo albanese e i suoi amici e un vecchio bizzarro, un Giulio Brogi che un tempo fu l'Enea televisivo e oggi a stento riconosciamo, si muove tutto il film. Costruito più per immagini, montaggio e musica che per un vero e piano racconto.
PICCOLA PATRIA DI ALESSANDRO ROSSETTOPICCOLA PATRIA DI ALESSANDRO ROSSETTO
Rossetto punta alle invenzioni visive, fotografando questo entroterra veneto come fosse un entomologo, ma aprendo poi a cori mistici, a canzoni, composte e eseguite dalla stessa protagonista Maria Roveran, che rivelano un notevole talento. Come in Salvo e in L'intervallo, due tra i migliori esordi degli ultimi tempi, si cerca di fare un cinema linguisticamente internazionale e riconoscibile, e al tempo stesso fortemente concentrato su mini mondi marginali di un'Italia da terzo mondo.
PICCOLA PATRIA DI ALESSANDRO ROSSETTOPICCOLA PATRIA DI ALESSANDRO ROSSETTO
Diciamo, grossolanamente, che il modello è Gomorra di Matteo Garrone, cioè la finestra su un mondo sconosciuto raccontato però con immagini da cinema d'autore che sfruttano la forza dei posti e dei set e la verità dei protagonisti. Diciamo anche certo film messicano, costruito con pochi dialoghi e grande ricerca figurativa, come in Reygadas. Ma Rossetto, come Di Costanzo, autore di L'intervallo, non è un giovane esordiente.
E' un signore che ha alle spalle una vasta esperienza di costruzione di immagini. Se superate un minimo un po' di angoscia che provoca la storia e questa ambientazione miserabile, Piccola patria è una bella e ricca sorpresa e la dimostrazione che in questi ultimi vent'anni, anche se poco si è visto, molto si è studiato e provato. E il cinema italiano, quello d'autore almeno, da qui potrebbe anche ripartire. In sala dal 10 aprile.
PICCOLA PATRIA DI ALESSANDRO ROSSETTOPICCOLA PATRIA DI ALESSANDRO ROSSETTO

IL CAST DI PICCOLA PATRIAIL CAST DI PICCOLA PATRIASCENA DEL FILM PICCOLA PATRIASCENA DEL FILM PICCOLA PATRIA

http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/il-cinema-dei-giusti-nel-sorprendente-piccola-patria-manca-solo-il-tanko-i-venetisti-75060.htm

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