CORTE DI CASSAZIONE
Sezioni Unite Civili,
25 gennaio 2006,
Sentenza n. 1379
Sezioni Unite Civili,
25 gennaio 2006,
Sentenza n. 1379
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE
Sezioni Unite Civili,
Sezioni Unite Civili,
25 gennaio 2006,
Sentenza n. 1379
Sentenza n. 1379
(Presidente V. Carbone, Relatore M. Marrone - — -Ric. Rutelli ed altri)
Omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Così l'impugnata sentenza:
"Con sentenza n. 1544/OOR, depositata il 25 settembre
2000, la Sezione Giurisdizionale per il Lazio condannava - a titolo di risarcimento
del danno subito dal Comune di Roma - il Sindaco RUTELLI FRANCESCO, nonché gli
assessori e funzionari TOCCI WALTER, LANZILLOTTA LINDA, CECCHINI DOMENICO, PIVA
AMEDEO, BORGNA GIOVANNI, SANDULLI PIERO, FARINELLI FIORELLA, MINELLI CLAUDIO,
BARRERA PIETRO, GAGLIANI CAPUTO VINCENZO e CORDELLI ADRIANO al pagamento, in
favore del "pubblico erario", della somma complessiva di L.
1.090.547.564, oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese di giudizio; il
tutto ripartito - senza vincolo di solidarietà - tra i singoli soccombenti in
funzione della incidenza causale di ciascuno nella produzione del danno.
La condanna traeva origine dal fatto che tutti i
summenzionati, quali amministratori o alti funzionari del Comune di Roma,
avevano votato o assentito numerose delibere di Giunta, con le quali erano
stati conferiti e/o rinnovati incarichi e consulenze professionali esterne in
violazione di norme contenute nella legge n. 142 del 1990 e nel d. lgs. n. 29
del 1993, recepiti nello Statuto Comunale e nel Regolamento per
l'Organizzazione degli Uffici e dei Servizi dell'Amministrazione Comunale.
Le delibere sanzionate in sentenza si riferivano ai seguenti
conferimenti di incarichi o consulenze, ritenuti produttivi di danno alle
finanze comunali:
1. CIVITA
PIER MICHELE, incaricato, dal 1.1.1994 al 31.12.1.996, del "coordinamento
dello staff dei consiglieri e dei consulenti del Sindaco e della cura delle
relazioni esterne;
2. PICCA
MAURIZIO, incaricato, per lo stesso periodo, di coadiuvare il Sindaco nelle
funzioni di cui all'ordinanza n. 33150 dell' 11.12.1993;
3. STOLA
CAMILLA, incaricata a decorrere dal gennaio 1995 al 31.12.1996, della
predisposizione e sperimentazione delle modalità organizzative della comunicazione
diretta tra sindaco e cittadini, nonché per i rapporti diretti con Associazioni
e singoli cittadini, in particolare nell'ambito della conferenza sanitaria
cittadina;
4. TRUDIJ
CARLA, incaricata quale segretaria particolare del Sindaco dal gennaio '94 al dicembre
1996;
5. D'ANDREA
ALESSANDRA, incaricata, per lo stesso periodo, quale assistente del Capo di Gabinetto
con particolare riferimento alla cura dei rapporti con le Associazioni rappresentative
degli Enti Locali;
6. NOVELLI
SILVANA, incaricata, dal giugno 1995 al 31/12/1996, quale consulente del Sindaco
nel campo dell'immagine, della comunicazione e delle pubbliche relazioni".
Avverso tale sentenza tutti i soccombenti proponevano
appello, con atti ritualmente notificati e depositati (oltre a RENZO LIJSETTI
il cui gravame verrà dichiarato inammissibile per non essere stato parte nel
giudizio di primo grado).
Riuniti i gravami ed in parziale accoglimento degli stessi,
la Seconda Sezione Giurisdizionale Centrale della Corte dei Conti, con sentenza
n. 137 del 22 aprile 2002, riduceva l'entità degli addebiti risarcitori e, per
l'effetto, condannava i singoli appellanti a pagare, a favore del Comune di
Roma, le seguenti somme:
1. RUTELLI
Francesco: L. 77.495.000, pari ad €40.022,00;
2. TOCCI
Walter: L. 31.627.000, pari ad € 16.333,00;
3. LANZILLOTTA
Linda: L. 24.310.000, pari a € 12.555,00;
4. CECCHINI
DOMENICO: L. 31.627.000, pari a € 16.333,00;
5. PIVA
Amedeo: L. 31.627.000, pari a € 16.333,00;
6. BORGNA
Giovanni: L. 31.627.000, pari a € 16.333,00;
7. SANDULLI
Piero: L. 31.627.000, pari a € 16.333,00;
8. FARINELLI
Fiorella: L. 39.600.000, pari a € 20.451,00;
9. MINELLI
Claudio: L. L. 31.627.000, pari a € 16.333,00
con la rivalutazione monetaria dal 25/9/2000, oltre agli
interessi legali ed alle spese del grado.
Poiché gli appellanti avevano eccepito anche il difetto di
giurisdizione del giudice contabile (in quanto quest'ultimo
A) per stabilire la responsabilità degli amministratori,
deve necessariamente, in via pregiudiziale, valutare la legittimità dei
provvedimenti di conferimento degli incarichi, e quindi conoscere della
discrezionalità delle scelte, riservata alla conoscenza del giudice
amministrativo;
B) per accertare il danno, deve effettuare un controllo
sull'efficienza dell'azione amministrativa che non può inerire al giudizio di
responsabilità contabile) il giudice di appello, richiamata la diversità fra la
giurisdizione amministrativa, che s'inserisce nella dialettica autorità-libertà
e tende a mantenere o rimuovere l'atto amministrativo, e quella contabile, che
attiene al rapporto fra l'amministrazione e il suo funzionario e tende a
risarcire l'eventuale danno arrecato dal comportamento di quest'ultimo, rigettava
l'eccezione affermando che,
« se fosse fondata, condurrebbe sempre all'impossibilità
dell'esercizio della giurisdizione del giudice contabile, il quale certamente,
per formulare il proprio giudizio, non può non delibare la antigiuridicità del
comportamento dell'amministratore o del funzionario, che può comportare anche
una valutazione di illegittimità di atti amministrativi, e non può non dare una
propria valutazione del risultato di quel comportamento, dovendo anzi tener
conto, nella globalità del suo giudizio, dei vantaggi da esso derivati. Nel
concreto esercizio della giurisdizione, il giudice contabile deve certamente
evitare di entrare nel merito delle scelte discrezionali; però, questa è
questione attinente al merito del giudizio, che può costituire capo
d'impugnazione in quanto l'appellante lamenti il cattivo uso del potere
giurisdizionale da parte del giudice di primo grado, ma non formare oggetto di
eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione, che, in quanto tale, va
respinta ».
Hanno proposto ricorso per cassazione in via principale
RUTELLI, BORGNA, PIVA, SANDULLI, BARRERA e GAGLIANI CAPUTO al quale hanno
aderito, in via incidentale, il CECCHINI e la FARINELLI con distinti
contro-ricorsi, mentre la LANZILLOTTA ed il TOCCI hanno proposto un ricorso
sostanzialmente analogo in via autonoma, da qualificare anch'esso incidentale
essendo successivo a quello principale n. 4772/03 avverso la stessa sentenza.
Ha resistito il Procuratore Generale della Corte dei Conti con contro-ricorso.
La causa già fissata per la discussione all'udienza del 9 giugno 2005, è stata
rinviata a nuovo ruolo per la morte dell'avv. Nicola Carnovale, unico difensore
e domiciliatario del CECCHINI e della FARINELLI.
I ricorrenti principali hanno depositato anche note di
udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Vanno preliminarmente riuniti tutti i ricorsi, proposti
avverso la stessa sentenza, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.
Essi sono, inoltre, sostanzialmente analoghi a quelli n.
4768-8141-8143-7250/03 discussi nella stessa presente udienza e definiti con
sentenza la cui motivazione può quindi essere integralmente riportata.
Conviene prendere le mosse dal ricorso principale che si
affida a quattro pluriarticolati motivi, e precisamente:
Con il primo motivo viene denunciata
la violazione dell'art. 1 L. n. 20/94 come mod. dal n.
543/96 conv. in L. n, 639/96 nella parte in cui impedisce il sindacato delle
scelte discrezionali operate dall'amministrazione. La scelta da parte di
Sindaco ed Assessori di collaboratori di fiducia ha per forza di cose carattere
discrezionale. I parametri di giudizio elaborati dal giudice contabile nel
tentativo di dare consistenza oggettiva ai giudizi negativi formulati nei
riguardi dei singoli incarichi hanno fallito in pieno, come è dimostrato, sia
dal fatto che su di un numero nemmeno trascurabile di casi le sentenze di primo
e secondo grado sono giunte a formulare giudizi contrastanti; sia dalle
numerose contraddizioni riscontrabili anche all'interno della sentenza di
appello.
Con il secondo motivo si denuncia
la violazione delle norme generali che delimitano,
ripartendola, la giurisdizione del giudice contabile e del giudice amministrativo.
Erroneamente l'origine prima dell'illecito è stata ravvisata nella delibera
G.C. n. 1/94, laddove a carico di quest'ultima sarebbe stato imputabile, al
più, un vizio di incompetenza relativa sindacabile dal giudice amministrativo,
ma insufficiente a dar corpo, da solo, ad una ipotesi di responsabilità
amministrativa.
Con il terzo motivo si deduce
che i vizi sopra denunciati trovano conferma nell'art. 2,
co. 2 bis, L. n. 75/99. L'esatto valore di tale norma, infatti, consiste nel
riconoscimento della utilità della costituzione di uffici di supporto di
sindaci ed assessori con personale esterno scelto con criteri fiduciari, sicché
la sua effettiva portata è stata quella di legittimare a posteriori gli uffici
costituiti medio tempore con autonoma, discrezionale decisione dell'Amministrazione,
quali che fossero le modalità di costituzione utilizzate.
Con il quarto motivo si lamenta, infine,
la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e
pronunciato, nella convinzione che il vizio sia denunciabile quale motivo
attinente alla giurisdizione a seguito della costituzionalizzazione dei
principi sul "giusto processo" quali risultanti dalla nuova
formulazione dell'art. 111 Cost. Rappresentano, quanto meno, evidente violazione
del principio del contraddittorio ex art. 111 cit., 2° co., avere, senza
previa, valida contestazione in primo luogo, posto a fondamento del carattere
antigiuridico attribuito al comportamento dei prevenuti la mancanza del
regolamento consiliare previsto dalla L. n. 127/97, laddove la sentenza di
primo grado, non appellata in parte qua, aveva ritenuto la costituzione dei
contestati uffici di staff' censurabile perché in contrasto con l'ordinamento
legislativo; e, secondariamente, posto la delibera G.C. n. 1/94 al centro della
contestazione, quale componente primaria dell'illecito imputato, malgrado la
delibera stessa fosse stata ritenuta priva di contenuti illeciti con un capo
della sentenza di primo grado passato in giudicato in mancanza di impugnativa.
I quattro motivi, che per ragioni evidenti di
consequenzialità logico-giuridica vanno esaminati congiuntamente, non sono
fondati. Al riguardo, giova premettere che il sindacato giurisdizionale sulle
pronunce della Corte dei Conti è ammesso per verificare che il giudice
contabile non abbia emanato un provvedimento non riconducibile a quelli che, in
astratto, ha il potere di emanare ovvero non abbia travalicato i limiti della
c.d. "riserva di amministrazione". Per non travalicare tali limiti, una volta
accertata la compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici dell'ente,
la Corte dei Conti non può estendere il suo sindacato all'articolazione
concreta e minuta dell'iniziativa intrapresa, la quale rientra nell'ambito di
quelle scelte discrezionali di cui la legge stabilisce l'insindacabilità,
mentre può dare rilievo alla non adeguatezza dei mezzi prescelti nell'ipotesi
di assoluta ed incontrovertibile estraneità dei mezzi stessi rispetto ai fini.
Nella specie, il giudice contabile non ha ecceduto -
contrariamente a quel che sostengono i ricorrenti - dal suo potere giurisdizionale
in quanto si è limitato a valutare se i mezzi, liberamente scelti dal sindaco e
dagli assessori, fossero adeguati oppure esorbitanti ed estranei al fine
pubblico da perseguire, quest'ultimo identificabile nel potere-dovere di
conferire incarichi o consulenze nel rispetto delle condizioni stabilite dalla
legge (ed anche da disposizioni regolamentari interne del Comune) e tenendo conto
delle risorse di personale comunque a disposizione, nel senso che si sarebbe
potuto ricorrere alla collaborazione di estranei all'amministrazione solo nel
caso di inadeguatezza del personale in servizio.
Questo precisato, va rilevato che il limite della "riserva di amministrazione" non è
stato violato per il fatto che il Procuratore regionale abbia selezionato in
via istruttoria gli addebiti da azionare nel giudizio di responsabilità. Come
giustamente viene osservato nel controricorso, la determinazione all'esercizio
dell'azione di responsabilità e l'istruttoria non costituiscono esplicazione di
funzione giudiziale, e quindi non sono sindacabili in questa sede sotto il
profilo della "giurisdizione".
I ricorrenti sostengono che, poiché la legge n. 20/1994
impone di tenere conto dei vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione in
relazione al comportamento degli amministratori o dipendenti pubblici soggetti
al giudizio di responsabilità, la Corte dei Conti, avendo tenuto conto di tali
vantaggi solo per ridurre la risarcibilità del danno erariale, ha errato perché
ha violato il limite esterno delle sue attribuzioni. In realtà, la censura
investe potestà decisionali "interne"
all'esercizio della giurisdizione, in quanto si riferisce al tema dell'esistenza
in concreto del danno.
Neppure attiene alla giurisdizione la censura secondo cui la
sentenza impugnata fa discendere l'affermazione della responsabilità da una
mera illegittimità formale della delibera G.C. n. 1/1994. Infatti, la questione
della "illegittimità" di tale delibera è stata esaminata dal giudice
contabile nell'ambito dell'accertamento valutativo sull'antigiuridicità dei
comportamenti degli amministratori, e in tale ambito non è certo inibito a
detto giudice una valutazione della illegittimità di provvedimenti amministrativi.
Quello che gli è inibito - ma nella specie non è attuale - è un sindacato diretto
sulla legittimità di atti e provvedimenti amministrativi.
Non attiene poi alla giurisdizione la censura secondo cui la
legge n. 75/1999 avrebbe apposto un limite esterno per "sanare"situazioni
pregresse. Tale censura attiene, invero, al tema dell'antigiuridicità dei
comportamenti. In ogni caso va rilevato che la successione delle leggi dal 1993
al 1999 non ha modificato la regolamentazione giuridica contenuta nella legge
n. 142/1990, consentendo la costituzione di uffici di supporto alla funzione di
indirizzo e controllo in base al criterio dell'intuitu personae o della "fiducia
politica individuale", del tutto diversi da quelli originari, o sanando
e rendendo leciti comportamenti tenuti in passato da amministratori, in
contrasto con i criteri di cui alla normativa del 1990.
Non attiene infine alla giurisdizione la violazione del
principio del giusto processo (art. 111 Cost.), per non esservi stata corrispondenza
tra chiesto e pronunciato. Secondo i ricorrenti, essendo stato individuato il
fulcro della responsabilità amministrativa nella disciplina quadro adottata
dalla Giunta con la delibera del 1994, è stato mutato il fatto contestato dal
conferimento degli incarichi all'aver previsto la possibilità del conferimento
dei medesimi. Avendo in tal modo il giudice contabile ecceduto dalle regole
poste dalla legge a garanzia della giustizia del processo, che gli è affidato,
si sarebbe verificato eccesso di potere giurisdizionale, sindacabile in questa
sede.
Ma i ricorrenti non denunciano in realtà un vizio attinente
ai limiti esterni della giurisdizione della Corte dei Conti, bensì piuttosto
violazione della legge processuale attinente alle modalità di esercizio della
funzione giurisdizionale del giudice contabile.
Resta da aggiungere che anche dopo l'inserimento della
garanzia del giusto processo nell'art. 111 Cost., il sindacato di questa Corte
sulle decisioni del giudice contabile continua ad essere circoscritto al
controllo dell'eventuale violazione dei limiti esterni della giurisdizione di
tale giudice e non si estende alle modalità del suo esercizio.
In virtù delle considerazioni esposte il
ricorso principale va quindi rigettato.
Uguale conclusione riguarda anche i ricorsi incidentali n.
8142 ed 8144 del 2003 in quanto meramente adesivi a quello principale.
Parimenti infondato è anche il ricorso n. 6826/03 proposto
in via autonoma dalla LANZILLOTTA e dal TOCCI ma da qualificare come incidentale
essendo successivo al ricorso n. 4772/03 avverso la stessa sentenza. Al
riguardo, valgono le stesse considerazioni fatte a proposito del ricorso principale
di RUTELLI ed altri, con riguardo alle censure di analogo tenore.
Bisogna peraltro aggiungere che costituiscono violazioni di
legge attinenti alle modalità di esercizio della funzione giurisdizionale del
giudice contabile e non vizi attinenti ai limiti esterni della giurisdizione di
quel giudice:
a) aver esso mutato la causa petendi (non più violazione di
legge, ma
violazione del regolamento comunale);
b) aver violato l'art. 102 c.p.c. per mancata rilevazione di
litisconsorzio necessario;
c) non aver effettuato alcun accertamento probatorio in
ordine allo svolgimento degli incarichi,
con particolare riferimento ai vantaggi conseguiti;
d) aver omesso di accertare l'elemento psicologico della
responsabilità.
Infine, con riguardo alla denunciata incostituzionalità di
numerose specifiche norme del processo contabile (artt. dal 44 al 55 del T.U.
delle leggi sull'ordinamento della Corte dei Conti, emanato con r.d. 12 luglio
1934 n. 1214, e degli artt. 14 e 15 del Regolamento di procedura per i giudizi
innanzi alla Corte dei Conti, emanato con r.d. 13 agosto 1933 n. 1038, per
contrasto con la nuova formulazione dell'art. 111 della Costituzione) è
sufficiente rilevare che la questione doveva eventualmente essere sollevata
(non nel presente giudizio di legittimità ma) nel processo davanti al giudice
contabile.
Anche il ricorso n. 6826/03 va,
pertanto, rigettato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, stante il carattere
di parte meramente formale del P.G. della Corte dei Conti.
P. Q. M.
la Corte riunisce i ricorsi e li rigetta, dichiarando la
giurisdizione della Corte dei Conti; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2005, nella camera di
consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione,
M A S S I M
E
Sentenza per esteso
Pubblica Amministrazione - Procedure e varie Corte dei Conti Conferimento di incarichi a
personale esterno Giurisdizione - C.d.
riserva di amministrazione Fattispecie:
assessori e funzionari comunali, condannati per l´avvenuto conferimento di
incarichi a personale esterno all´amministrazione comunale. In relazione a
giudizio innanzi alla Corte dei conti per responsabilità amministrativa nei
confronti di sindaco, assessori e funzionari comunali, condannati per
l´avvenuto conferimento di incarichi a personale esterno all´amministrazione
comunale, chiamato a far parte dei cosiddetti "uffici di staff" del Sindaco, della Giunta e degli assessori
comunali, le Sezioni unite hanno confermato la giurisdizione del giudice
contabile rilevando che, anche dopo l´inserimento della garanzia del giusto
processo nell´art. 111 Cost., il sindacato di giurisdizione sulle decisioni
della Corte dei conti resta circoscritto al controllo della eventuale violazione
dei limiti esterni della giurisdizione, e della c.d. riserva di
amministrazione. Nella specie, il giudice contabile non ha esorbitato dal suo
potere giurisdizionale, essendosi limitato a valutare se i mezzi, liberamente
scelti da sindaco e assessori, fossero adeguati oppure esorbitanti ed estranei
al fine pubblico da perseguire, identificabile nel potere-dovere di conferire
incarichi o consulenze nel rispetto delle condizioni stabilite dalla legge, (ed
anche da disposizioni regolamentari interne del Comune) e tenendo conto delle
risorse di personale comunque a disposizione, nel senso che si sarebbe potuto
ricorrere alla collaborazione di estranei all´amministrazione solo nel caso di
inadeguatezza del personale in servizio.
(Conf. Cass. Sez. Un.
25/01/2006 Sentenza n. 1378) Presidente V. Carbone, Relatore M. Marrone - Ric.
Rutelli ed altri. CORTE DI CASSAZIONE
Sezioni Unite Civili, 25 gennaio 2006, Sentenza n. 1379
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