Dopo mesi di tentennamenti da parte del governo, la Chiesa pagherà l’Imu sugli immobili ad uso commerciale? Ce lo siamo chiesti di nuovo quando si è scoperto che il ministero dell’Economia non aveva ancora emanato il decreto attuativo per stabilire i criteri del pagamento dell’imposta per gli immobili ecclesiastici. Sul web si è scatenata la protesta e i giornali hanno rilanciato il tema. Questione su cui avevano vigilato in pochi, tra cui ’soliti’ guastafeste dell’Uaar.
Il ministro del Tesoro, Vittorio Grilli, intanto si è mosso con una proposta (al momento ignota). Il vento potrebbe cambiare, con la fine — o quantomeno la limitazione — di uno dei tanti privilegi di cui gode la Chiesa in Italia. I riflettori puntati sull’ex Ici potrebbero ridurre a più miti consigli le gerarchie ecclesiastiche. L’impressione è che sia ripreso il dialogo con il governo di Mario Monti, per trovare una soluzione ‘amichevole’. E a giorni potrebbe esserci una svolta.
Indicative le parole del cardinale Gianfranco Ravasi, intervistato da Il Fatto Quotidiano durante il Forum Ambrosetti a Cernobbio. Pungolato benevolmente sull’Imu, il prelato ha voluto innanzitutto “sfatare la mitologia” che girerebbe sulla questione. “Proprio non pagando l’Imu in molti ambiti dell’attività ecclesiale”, ha detto, “si ha la possibilità di sostenere un orizzonte nei cui confronti lo stato è del tutto indifferente”. Tradotto, è grazie al mancato pagamento di questa imposta che la Chiesa può tenere in piedi il suo sistema di sussidiarietà. Che non abbiamo esitato a definire ‘malato’ in quanto clericalmente orientato, caratterizzato da storture, scarsa trasparenza, corsie preferenziali, e persino interferenze per bloccare la concessione di contributi ad altre realtà.
La politica in Italia è troppo prona al Vaticano? Il cardinale ha ammesso che “la presenza religiosa all’interno di un paese come questo in passato” può aver condotto a “delle prevaricazioni”. Ma ha sfoderato la famosa citazione evangelica ‘Date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio‘, per ribadire la vulgata contemporanea del Vaticano secondo cui proprio Gesù avrebbe ‘inventato’ la laicità.
Quella sarebbe la sua “unica dichiarazione” di “tipo politico”, volta a “riconoscere la legittimità di un’autonomia della politica, dello Stato e dell’economia e dall’altra parte la legittimità di un’autonomia della sfera religiosa”. Il biblista si rammarica perché “tante volte questo non è avvenuto, si sono avute anche forse delle prevaricazioni, anche reciproche”.
D’altronde è notorio come qualsiasi passo del Vangelo, della Bibbia o della sterminata produzione intellettuale cristiana che vi ruota intorno, possa essere opportunamente ‘contestualizzato’ per giustificare tutto e il contrario di tutto. Il ‘date a Cesare’, fino a non molto tempo fa era usato, anche da parte del papa, per ribadire la superiorità della Chiesa rispetto agli altri ordinamenti ‘terreni’. E non come apologia della laicità. Ancora oggi, il Catechismo lo cita esclusivamente per pretendere l’autonomia della religione dalla politica (anzi, “il rifiuto dell’obbedienza” all’autorità politica non “retta”), e non anche il contrario.
Stiamo forse assistendo all’ennesimo ‘riposizionamento’ condito di citazioni evangeliche, con cui la Chiesa pretende di porsi improvvisamente all’avanguardia? Non sarebbe la prima volta: è una pratica che ha una lunghissima tradizione. E a cui tanti per lunghissima tradizione abboccano.
La Chiesa non pagava l’Imu? Da oggi (forse) pagherà? Perché Cristo “dimostra chiaramente in quell’occasione di pagare le tasse”. E anche Paolo di Tarso nella Lettera ai Romani invita “chiaramente” a pagare le tasse, aggiunge il biblista: allora tutto torna. Ma sempre considerando, ammonisce Ravasi, che la “presenza della Chiesa nell’interno della società italiana, proprio in questo ambito – nell’ambito sociale, caritativo, nell’ambito anche culturale – è una risorsa importante per lo Stato italiano”. Quindi prepariamoci (forse) ad un via libera all’Imu da parte di una Chiesa-mamma magnanima, generosa, che si sacrifica ancora nonostante lo faccia già. E alle prossime celebrazioni da parte di mass media e politica. Come nella migliore tradizione italiana.
Intanto la realtà, come rilevato dalla nostra inchiesta sui costi della Chiesa, è molto più prosaica. E come dimostra anche la situazione in Grecia. Dove la Chiesa (stavolta ortodossa) non paga alcuna tassa e mantiene i suoi privilegi nonostante il paese sia al tracollo.
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