martedì 12 marzo 2024

Juan Sebastian Veron

 


Quando arrivò al campo per iniziare gli allenamenti con le giovanili dell'Estudiantes, per tanti era solo il solito "figlio di papà". 

Era il figlio di Juan Ramon Veron, centrocampista roccioso della prima squadra soprannominato "la Bruja (la strega). 

Nemmeno il tempo di allacciare le scarpe che gli avevano già attaccato l'etichetta del "raccomandato". 

Poi però l'allenamento cominciò e restarono tutti a bocca aperta: il "figlio di papà" era un fenomeno.


"Il fatto è che calciava a 12 anni molto meglio di tanti giocatori della prima squadra: non era velocissimo ma da 25 metri era già in grado di mettere la palla nel sette. Capii dopo poco che sarebbe diventato un calciatore" ricorda ancora il suo allenatore.


Quel ragazzino, Juan Sebastian Veron, diventò "la Brujita" (la streghetta), in onore di suo papà. 

Presto il ragazzo esordì in prima squadra e le sue grandi doti convinsero, nel 1996, i dirigenti del Boca Juniors a prenderlo e metterlo al fianco di Diego Armando Maradona per formare un centrocampo niente male.

Ma l'Argentina ormai era diventata troppo stretta per il suo talento, e la chiamata dall'Europa non si fece attendere.

Arrivò da un tecnico svedese che allenava in Italia, a Genova per la precisione. Quando Sven Goran Eriksson si trovò a scegliere il sostituto di Seedorf, ceduto al Real Madrid, non ebbe dubbi e portò in Italia questo giovane argentino che in poco tempo fece innamorare i tifosi italiani.

Tifosi che capirono subito che Veron non era il classico giocatore da frasi fatte in conferenza stampa e da atteggiamento da superstar. Bastava guardarlo: testa rasata, tatuaggio del Che sul braccio, calzettoni abbassati e fascia sul ginocchio.

Ma se l'aspetto suscitava sorpresa, il suo modo di giocare suscitava meraviglia infinita: lanci precisi anche a 50 metri, tiri violenti in grado di spaccare le porte, tanta "garra" e il suo pezzo pregiato: il calcio di esterno collo.

In Inghilterra, con Manchester United e Chelsea, non è mai stato amato, ma qui in Italia ci luccicano ancora gli occhi pensando al modo in cui il piede destro di Veron accarezzava il pallone:


“Io lo so dal primo tocco se quel giorno il pallone in campo mi è amico o no. Se lo è, so che posso fare qualunque cosa, rischiare qualunque tipo di giocata. Ma se è nemico, posso anche alzare la mano e chiedere il cambio dopo dieci minuti”


Tanti auguri Brujita

Facebook 

Nessun commento:

Posta un commento