La storia di Giorgio Perlasca è una di quelle storie che, per troppo tempo, sono state condannate all’oblio.
La storia di un uomo geniale e coraggioso che ha rischiato la propria vita per salvarla a migliaia di altri esseri umani.
Una storia che comincia nel 1944 quando Perlasca, ex fascista pentito, che si trova a Budapest per lavoro, fuggito e ricercato dai tedeschi, inizia ad aiutare l’ambasciatore spagnolo Angel Sanz Briz nel tentativo di salvare gli ebrei ungheresi rastrellati dai nazisti grazie a speciali salvacondotti diplomatici.
Quando Sanz Briz lascia l’Ungheria in seguito all’insediamento di un governo filo-nazista, Perlasca potrebbe fuggire, darsi alla macchia.
Invece fa qualcosa di inaudito: decide di restare e fingersi il sostituto del console col nome di Jorge Perlasca, all’insaputa di tutti, Spagna e Sanz Briz compresi.
E, grazie a quel ruolo, riesce nell’impresa di salvare dalla deportazione circa 5.000 ebrei ungheresi tra il 1944 e il 1945, dando loro la cittadinanza spagnola, nascondendoli in ambasciata e in altre “case protette” della città, in alcuni casi strappandoli letteralmente dalle mani dei nazisti davanti ai treni diretti ad Auschwitz.
Ci sono voluti altri quarant’anni, un memoriale e la testimonianza di alcune ebree ungheresi emigrate nel fratempo in Israele perché l’Italia e il mondo conoscessero e riconoscessero definitivamente la sua eccezionale opera di umanità.
Arrivarono i libri, le medaglie, i riconoscimenti mondiali, persino la proposta di un vitalizio da parte del governo, che lui, con grande dignità, rifiutò, prima di andarsene a Ferragosto del 1992, a 82 anni.
Nasceva oggi, il 31 gennaio del 1910, Giorgio “Jorge” Perlasca, un italiano di cui, soprattutto oggi, non perdere mai, per nessuna ragione, la memoria.
Lorenzo Tosa
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