AL FORUM AMBROSETTI DI VILLA D'ESTE SBARCA LA GIOCONDA BOSCHI. MA NEL RUOLO DI BECCHINA DI UN POTERE ECONOMICO FINITO IN UN VICOLO CIECO - TUTTI I GOVERNI NATI A CERNOBBIO, L’ULTIMO MONTI, SONO FALLITI
Con la Gioconda del governo Renzi anche Casaleggio, Marchionne, mezzo governo e tre ex premier: Monti, Enrico Letta e Romani Prodi. Mai come adesso i poteri forti e gli eurocrati di questo club sono stati così divisi…
Marcello Zacchè per Il Giornale
Non ci sono dubbi su chi sarà la star del Forum Ambrosetti che inizia alla Villa d’Este di Cernobbio venerdì e che compie 40 anni. Maria Elena Boschi, esordio assoluto, rappresenterà prima di tutto e tutti il premier Matteo Renzi, che non ha accettato l’invito per continuare a tenere le distanze da ogni occasione di contatto con i poteri forti, impopolari e pericolosi.
E poi è destinata a sollevare tutte le curiosità possibili e immaginabili di una platea di 250 selezionati invitati tra economisti, finanzieri e consulenti di tutto il mondo - in prevalenza del sesso forte, come lo è l'establishment che esprimono - per la ministra che ha cancellato il Senato e che 40 anni fa non era nemmeno nata.
Boschi se la vedrà - almeno mediaticamente - con Gianroberto Casaleggio, che per il secondo anno consecutivo ha accettato di essere «docente» a porte chiuse, in una sessione sui modelli educativi: il guru di Grillo è ormai un professore di banchieri ed eurocrati.
E incontrerà sulla sua strada anche Sergio Marchionne, mai visto prima a Cernobbio, ma quest'anno più carico che mai, come si è visto ieri al meeting di Rimini. A contorno, i presidenti di Senato e Camera, Grasso e Boldrini, e mezzo governo Renzi: da Lupi a Lorenzin; da Padoan a Guidi; da Poletti ad Alfano. Ma questa non sarà un’edizione come le altre.
Per il 40esimo anniversario del Workshop inventato da Alfredo Ambrosetti, verrà regalato un libro dedicato alle centinaia di personaggi che lo hanno frequentato nel primo weekend di ogni settembre, dal 1975 in poi, e nello stesso tempo sono stati protagonisti diretti e indiretti della storia, economica e politica, di questi ultimi 40 anni.
Una piccola auto celebrazione che cade, però, nel momento più delicato di sempre: nel corso di una crisi economica e finanziaria senza precedenti, che dura da sette anni e che è scoppiata proprio nelle mani di questa classe dirigente che ha fin da tempi non sospetti ha messo al centro di tutto l’internazionalizzazione dell’economia e l’europeismo che oggi vengono messi in discussione.
Così questo del prossimo weekend non sarà solo il primo Forum dell’era Renzi. Ma anche il primo, dopo 39, nel quale i presenti si schierano più che mai divisi. Sull’euro, sull’Europa, sull’Italia. Ricette certe e condivise dai nipotini di Beniamino Andreatta, che nel 1974 fu il convinto ispiratore di questo appuntamento annuale, non ce ne sono più.
Qui nascevano i "governi Ambrosetti". L’ultimo - e a Cernobbio se ne fanno vanto - è stato quello dell’autunno 2011, che ha preso forma dall’intesa tra due habitué di Villa d’Este quali Giorgio Napolitano e Mario Monti. Adesso questa classe dirigente si divide. Tre ex premier «supercernobbiani» come lo stesso Monti, Enrico Letta e Romani Prodi, saranno ancora sul lago, ma dopo aver tutti fallito. Avranno poco da volare alto, anche se l’autoreferenzialità di un club esclusivo come questo, oltre a segnarne il limite, rende difficile l’autocritica.
Draghi divide. Renzi divide. Tra la minaccia di togliere sovranità del primo e la strategia da premier nuovo e forte del secondo si catalizzano gli schieramenti, inevitabilmente politici. Così un forzista come Renato Brunetta diventa «draghista» («Non solo Draghi ha ragione, ma dà un giudizio drasticamente negativo sul riformismo a parole di Renzi»).
Draghista, per il suo rigore sui conti, è il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. E lo può essere anche Letta che, da premier cacciato via sei mesi fa, ha ancora qualche carta da giocare. Renziano deve invece essere Napolitano, che non può certo entusiasmarsi all'idea di una sovranità nazionale da limitare.
Renziano anche un ministro economico Ncd come Maurizio Lupi, impegnato in piani di grandi investimenti su strade, aeroporti e alta velocità. Renziano più che mai, dopo un po’ di scaramucce, anche Marchionne, come si è visto.
Apolide, infine, Monti: non ama Draghi tanto da non citarlo nemmeno nell’unica sua recentissima intervista, ma certo non può permettersi di prendere posizioni renziane. E forse così incarna più di tutti il vicolo cieco in cui è finito l’europeismo dei poteri forti.
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