domenica 30 marzo 2014

Dossier Telecom: Tronchetti indagato


MILANO - L’INCHIESTA SUGLI ILLECITI COMPIUTI DALLA «SECURITY» DI TELECOM


Ipotesi di associazione a delinquere anche per Buora


MILANO—Marco Tronchetti Provera e Carlo Buora sono indagati a Milano nell’inchiesta sul dossieraggio illegale praticato dalla «Security» di Telecom negli anni in cui a guidarla era Giuliano Tavaroli. E la loro messa sotto inchiesta non avviene ora, ma è rimasta «blindata» da almeno 6 mesi. A cavallo, peraltro, degli uffici giudiziari di Roma e Milano.
Gli ex presidente e vicepresidente di Telecom, infatti, non sono indagati ora come conseguenza del supplemento di indagini sollecitato di fatto alla Procura milanese dal giudice Mariolina Panasiti con la trasmissione il 28 maggio ai pm di alcuni atti dell’udienza preliminare, e in particolare degli interrogatori dei testi ammessi dal gup su richiesta delle difese degli imputati (come lo 007 privato Cipriani) o delle parti civili (come il giornalista Mucchetti) più attive nel sostenere la consapevolezza dei vertici aziendali rispetto agli illeciti commessi dalla loro «Security» e sinora sanzionati con sedici patteggiamenti (tra cui quelli di Tavaroli e delle persone giuridiche Telecom e Pirelli per corruzione in base alla legge 231) e dodici rinvii a giudizio al 22 settembre.
Carlo Buora e Marco Tronchetti Provera (Imagoeconomica)
Carlo Buora e Marco Tronchetti Provera (Imagoeconomica)
L'emersione dell'indagine su Tronchetti e Buora è invece l’ultimo atto di una carambola giudiziaria nata nel 2006 a Roma dove, dopo i primi arresti milanesi di settembre, il procuratore aggiunto Pietro Saviotti era titolare di un fascicolo di modesta origine (beghe di un divorzio nel quale la moglie aveva rinfacciato al marito circostanze tratte da suoi tabulati telefonici) ma di importante materia: il mercimonio di tabulati telefonici (registri di chi e quando parla con chi) attuato all’epoca in Telecom grazie a un applicativo informatico della Tim (il sistema Radar) che, nato per contrastare legalmente le frodi contrattuali, era però poi stato utilizzato per le impreviste potenzialità di un suo difetto, e cioè il fatto che consentiva di conoscere il traffico telefonico di qualunque persona senza che rimanesse traccia di chi aveva interrogato il sistema. A Roma il pm Saviotti inizia dunque a procedere «contro ignoti» e finisce per chiedere al gip Aldo Morgigni l’archiviazione. Ma il gip la respinge perché non condivide l’impostazione «contro ignoti» e valuta, alla luce di quanto le indagini milanesi avevano via via evidenziato, che, se il sistema Radar aveva quelle caratteristiche, esse non potevano che rientrare in una responsabilità aziendale in ipotesi riportabile ai vertici societari. Così ordina al pm di formulare un’imputazione a carico di Tronchetti e Buora, nel contempo ravvisando un profilo di incompetenza territoriale.
Dalla Procura di Roma, dunque, alla fine del 2009 vengono trasmesse per competenza territoriale a Milano le posizioni di Tronchetti e Buora, indagati per alcune delle stesse ipotesi che Milano stava contestando a Tavaroli-Cipriani-Mancini nell’inchiesta principale, e cioè associazione a delinquere finalizzata agli accessi abusivi informatici e alla corruzione dei pubblici ufficiali prestatisi a consultare abusivamente le banche dati. A Milano, a quell’epoca, i pm Napoleone-Civardi-Piacente avevano già chiesto il rinvio a giudizio di una trentina di indagati e delle due società, ma non di Tronchetti e Buora, sui quali non avevano ritenuto di avere elementi per procedere a una iscrizione nel registro degli indagati: neppure per la vicenda del sistema Radar, che pure avevano vagliato sin da quando a segnalarla era stata la stessa Telecom in un esposto presentato nel giugno 2006.
A posteriori, adesso, sono dunque logicamente ricostruibili le due scelte dei pm milanesi tra fine 2009 e inizio 2010. Da un lato non hanno archiviato il fascicolo romano, ritenendo invece di coltivarlo nei primi 6 mesi di termini e, al loro scadere qualche settimana fa, anche di chiedere al gip una proroga per altri 6 mesi di indagini, sulla quale il difensore Roberto Rampioni non ritiene oggi di fare commenti non avendone ancora notizia formale dagli ufficiali giudiziari: tanto che solo ora si comprende perché nella primavera scorsa circolarono voci, evidentemente mezze sbagliate ma nel contempo mezze giuste, che indicavano i vertici Telecom indagati sulla scorta di un’imprecisata denuncia proveniente da Roma, si diceva forse di associazioni di consumatori.
Dall’altro lato i pm hanno scelto di «blindare» totalmente la notizia. Dovunque. E con tutti. Con le parti processuali, anche a costo di subire le critiche degli imputati e delle parti civili che rimproveravano ai pm d’aver risparmiato penalmente Tronchetti. E perfino con la giudice dell’udienza preliminare su Tavaroli e gli altri. Quando infatti la giudice Panasiti, nell’ammettere alcuni testi (compreso Tronchetti) invocati da Cipriani, in febbraio chiese alla Procura in quale veste giuridica (testi o indagati) dovessero essere convocati, la Procura rispose che non riteneva di dover fornire, e quindi non avrebbero mai dato, alcuna indicazione sull’iscrizione o meno delle varie persone nel registro degli indagati. Una risposta sibillina, che non a caso aveva fatto ripartire l’odierno tam tam sul coinvolgimento degli ex vertici Telecom. Il primo segnale che qualcosa di nuovo fosse accaduto.
Luigi Ferrarella
24 luglio 2010

http://www.corriere.it/economia/10_luglio_24/ferrarella-telecom-tronchetti_267f6836-96e9-11df-bd32-00144f02aabe.shtml

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