mercoledì 29 gennaio 2014

Rapido 904: un treno, una bomba, e una
strage a poche ore da Natale. Era il 1984


Rapido 904: un treno, una bomba, e una <br/> strage a poche ore da Natale. Era il 1984

Il 23 dicembre 1984 sul treno rapido 904 proveniente da Napoli e diretto a Milano, presso la galleria di San Benedetto Val di Sambro in Provincia di Bologna, la strategia della tensione mise in atto l’ennesimo attentato uccidendo 17 persone e ferendone 267. A pochi passi da dove dieci anni prima la stessa sorte era toccata al Treno Italicus. La strage del treno di Natale, come viene ricordato, fu in realtà indicata dalla Commissione Parlamentare per il terrorismo come il punto di contatto tra gli anni di piombo e il periodo della guerra di Mafia. Napolitano ha ricordato la strage e commemorato le vittime nella Stazione Centrale di Napoli.
di CLAUDIA MIGLIORE
Avrà avuto tra i cinquanta e i sessant’anni Gian Claudio Bianconcini. Era al suo ultimo viaggio da controllore ferroviario e in quei giorni di Natale non vedeva l’ora di tornare a casa. Il lavoro di sempre forse gli sarebbe mancato. Un lavoro tranquillo e ripetitivo che gli permetteva di conoscere la gente. A volte di sentire delle storie. Ma quel 23 dicembre del 1984, partendo da Napoli nel suo ultimo viaggio prima della pensione, Gian Claudio non sapeva ancora che il protagonista della storia sarebbe stato lui.
L’esplosione e i soccorsiIl treno parte come sempre in quel periodo carico di passeggeri diretti dalle proprie famiglie per le feste. E’ quasi Natale, la gente ha fretta di stringersi attorno al calore degli affetti, di festeggiare. Il treno è un rapido ma il viaggio è lungo, circa 9 ore. La bomba viene caricata sul treno alla Stazione di Santa Maria Novella di Firenze e posizionata sul portabagagli della carrozza 9 di II classe. Esattamente al centro del treno. Per essere certi di spaccarlo in due.
Alle 19.08 il treno entra nella Galleria di San Benedetto Val di Sambro ed è in quel tunnel della morte che la bomba esplode. Per rendere più violento l’effetto della detonazione. Per impedire i soccorsi. La galleria diviene in breve tempo  una tomba. Isolata elettricamente e piena di fumo.
Gian Claudio Bianconcini non avrebbe mai pensato di concludere così la sua carriera professionale. E’ stato ferito da alcune schegge nella nuca ma è vivo e organizza i primi soccorsi con l’aiuto di altri passeggeri mentre da un telefono di servizio presente in galleria chiama i soccorsi.
Sono le 21.00 quando i primi veicoli di servizio arrivano sul posto senza sapere nulla di quanto accaduto. Viene immediatamente attivato il piano di emergenza messo a punto dopo la strage di Bologna accaduta meno di quattro anni prima. Le carrozze di testa del treno vengono caricate con i feriti, agganciate ad una locomotiva diesel elettrica e portate fuori dal tunnel. Il bilancio è comunque pesante: 17 vittime di cui due morti successivamente e 267 feriti. Una strage. La strage di Natale.
Le indagini, i colpevoli e l’eternità della giustiziaDopo soli 3 mesi dalla strage i colpevoli vengono arrestati. Si tratta di Guido Cercola e “Pippo” Calò. E questo qui chi non lo conosce. Nel loro covo vicino Rieti vengono ritrovati detonatori, materiale esplosivo, ricetrasmittenti, armi. Tutto il necessario. Non si sono fatti mancare proprio nulla. Perché il piano non doveva fallire.
Intanto l’8 novembre 1985 nel maxi processo di fronte al giudice istruttore Giovanni Falcone vengono fuori le solite relazioni, i soliti collegamenti ormai noti a tutti. Mafia, Camorra, P2, Banda della Magliana, terrorismo eversivo fascista. Le deposizioni le spiegano nei dettagli.
La verità è che la strage è stata compiuta per distogliere l’attenzione degli apparati statali dagli affari della mafia.
Il 9 gennaio 1986, dopo quasi un anno dalla strage, il Pubblico Ministero Pier Luigi Vigna li condanna per strage. Sembra la fine ma è solo l’inizio di un viaggio che porta dritto all’inferno i parenti delle vittime di una strage che presto viene dimenticata.  Occorre attendere altri 3 anni per la condanna. La emette la Corte d’Assise di Firenze. Ergastolo per Cercola, Calò e per altri personaggi a loro collegati. Anche questi nomi noti. Alfonso Galeota, Giulio Pirozzi e Giuseppe Misso, detto il “Boss del Rione Sanità”. Passa un altro anno per il II grado che conferma le pene. Dopo un altro anno ancora, nel marzo del 1991, la prima sezione della Corte di Cassazione presieduta dal giudice Corrado Carnevale annulla la sentenza d’appello, rinviando a giudizio gli imputati presso un’altra sezione della Corte d’Assise di Firenze. Il 14 febbraio del 1992 vengono confermati gli ergastoli a Cercola e Calò e ridotte le pene per gli altri tre.
Quello stesso giorno, Galeota e Pirozzi, insieme alla moglie Rita Casolaro e alla moglie di Giuseppe Misso, Assunta Sarno sono vittime di un agguato camorristico. Galeota e la Sarno vengono uccisi, Giulio Pirozzi e sua moglie ne escono vivi. Le loro bocche dovevano essere chiuse.
Solo il 18 febbraio 1994 la Corte di Assise di Appello di Firenze conclude il giudizio. Sono passati nove anni. Pippo Calò ha avuto anche il tempo per essere coinvolto nell’omicidio di Roberto Calvi e di subire un processo conclusosi nel 2007 con l’assoluzione per insufficienza di prove.
Guido Cercola si è invece suicidato in carcere a Sulmona il 3 gennaio 2005, soffocandosi con dei lacci di scarpe. Stentiamo a credere che lo abbia fatto per il senso di colpa.

http://www.gialli.it/in-ricordo-della-strage-del-rapido-904

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