mercoledì 29 gennaio 2014

La Maledizione della J27


La Maledizione della J27

3 Luglio 1969  muore in circostanze misteriose nella sua villa Brian Jones fondatore e chitarrista dei Rolling Stones3 Luglio 1971 muore in un motel parigino Jim Morrison  leader dei The Doors. Lo stesso giorno a soli 2 anni di distanza scompaiono due stelle del rock. Una tragica coincidenza o l’implacabile maledizione?  Prima di loro Janis Joplin e Jim Morrison: una J nel nome, 27 anni come termine ultimo per il loro viaggio terreno. La leggenda della maledizione della J27 comincia così. Con una serie di decessi, dai risvolti oscuri, che  colpisce  il mondo della musica rock.
di GIADA LONGO
Il 3 luglio 1969, Lewis Brian Hopkin Jones ex leader dei Rolling Stones viene trovato sul fondo della sua piscina della villa di Hartfield, Sussex, Inghilterra. Durante una festa. Ha 27 anni e una J come iniziale. Quando i dottori arrivano  non possono far altro che constatare il decesso di Brian. Nel suo  rapporto il coroner dichiara “Morte per incidente”. Dicitura laconica che non sembra, però, convincere tutti. Sulla  morte di Brian Jones i media ventilano una serie di ipotesi alternative.
C’è chi insinua  una congiura ordita dai compagni di gruppo Mick Jagger e Keith Richards. Chi sostiene la tesi di una serie di contatti  intrattenuti dal  musicista  con il mondo dell’occulto che si sarebbero rivelati fatali.
Alle illazioni dei media si aggiunge fatalmente il valzer delle dichiarazioni intempestive.  La fidanzata di Brian Anna Wohlin dichiarò nel 2000, più o meno 31 anni dopo la morte del suo compagno, che Brian fu assassinato dal costruttore Frank Thorogood, che si trovava con loro in casa per seguire i lavori di ristrutturazione. L’autista dei Rolling Stones, Tom Keylock, raccontò che Thorogood confessò la propria responsabilità nell’omicidio di Brian sul letto di morte. Ovviamente molti anni dopo! Questa tardiva ipotesi viene  confermata dal libro di A.E. Hotchner, Blown Away: The Rolling Stones and the Death of the Sixties. L’autore sarebbe riuscito a rintracciare uno degli operai di Thorogood, Marty. Il manovale afferma che il suo datore di lavoro, mentre erano in piscina, avrebbe afferrato Brian per una gamba e lo avrebbe tenuto sotto fino a farlo annegare. Il racconto di Marty è confermato dalla confessione resa a Geoffrey Giuliano dal misterioso Joe. “Io e Frank (Thorogood) stavamo parlando con Jones. Eravamo ubriachi e quel ragazzo era diventato la nostra vittima. Così lo spingemmo sotto e ce lo tenemmo per un po’”.  Testimonianze alle quali l’anonimia dei dichiaranti tolgono credibilità. Testimonianze tardive che nulla aggiungono alla verità, ma aprono solo il campo a infinite possibili ipotesi.
18 settembre del 1970  Un anno dopo Brian Jones muore  il più grande chitarrista di tutti i tempi: Jimi Hendrix.  27 anni e una J come iniziale. Anche in questo caso si tratta di un decesso misterioso. Anche questa volta  si ventila l’ipotesi di un omicidio: le pillole e il vino sarebbero state versate nella gola di Hendrix dal suo manager col preciso intento di eliminarlo per incassare la sua assicurazione sulla vita ed evitare che il cantante lo abbandonasse.
La notte tra il 17 e il 18 settembre  il musicista si addormenta nell’appartamento della sua ragazza  Monika Danneman dopo qualche pillola di sonnifero.  Alle 10.30 la ragazza si accorge che qualcosa non va.  Monika telefona a Eric Burdon, manager di Jimi che li raggiunge immediatamente. Viste le condizioni disperate dell’amico chiama un’ambulanza. Jimi vomita più volte nel suo tragitto verso un ospedale nel quale nessuno si preoccupa di sottoporlo a terapie di rianimazione. Destino bastardo.
A fugare ogni sospetto bastano le poche righe di The story of life, scritte dal chitarrista poco prima di addormentarsi per l’ultima volta: “La storia della vita / è più rapida / di un battito di ciglia / la storia di un amore / è ciao e addio / finché non ci ritroveremo“.
Quelle poche frasi buttate giù di getto in un periodo in cui Jimi sta lavorando a un nuovo disco alimenteranno per anni l’idea di un suicidio, di una morte cercata.
Due settimane soltanto e muore la cantante folk-blues texana Janis Lyn Joplin. 27 anni e una J come iniziale.  E’ il 4 ottobre del 1970. Al Landmark Motor Hotel di Hollywood, California. John Cooke, il road manager di Janis, la trova riversa per terra, nella sua camera, con la bocca piena di sangueJanis Joplin è stata stroncata da un di un mix di droghe, tra cui eroina pura 40-50%, e alcool. In seguito al collasso la cantante sarebbe caduta per terra fracassandosi il volto.
Il referto del dottor Noguchi, capo coroner della contea di Los Angeles, non lascia spazio a dubbi: la cantante è morta stroncata da una overdose di eroina. Noguchi dichiara in conferenza stampa che nella camera da letto della cantante è stato trovato un ago ipodermico e nel cestino del bagno un piccolo contenitore con una polvere bianca. Il suo sangue aveva un tenore alcolico di 0,11. Mancava solo il cartello “nota bene mi sono suicidata.” Tutto molto chiaro. Troppo forse. E allora anche per la Joplin comincia il valzer delle ipotesi. Tutte possibili. Tutte indimostrabili. 
Il 3 luglio 1971, viene trovato morto il cantante-poeta-filosofo Jim Morrison. 27 anni e una J come iniziale. Il suo corpo viene ritrovato in una vasca da bagno di un hotel parigino. Causa probabile del decesso overdose di alcool e droghe, ma per il referto medico ufficiale la morte è sopraggiunta per arresto cardiaco.
Verrebbe da dire che è improbabile morire se non si arresta il cuore. Ma la medicina è una scienza inesatta che non ama l’ironia.  Anche sulla morte di Jim Morrison  le ipotesi alternative non mancano. Alimentate anche dalla mancata autopsia, procedura quanto meno singolare dopo una morte accidentale, più che mai in Francia dove un’autopsia non si nega nemmeno all’ottuagenario diabetico, con insufficenze cardiache e scompensi renali.
Una delle storie che circolano riguardano  la fidanzata di Jim, Pamela Courson. Pare che la ragazza  gli avesse detto di avere con sé cocaina anziché eroina. Distrazione fatale, o progetto criminale? Quel che si dice è solo che Jim ne avrebbe assunto  una dose eccessiva accompagnandola con generose quantità di alcool. 
Sam Bernett, manager di un club di Parigi, sostiene invece che Jim sia spirato nel suo locale dopo aver assaggiato dell’eroina cinese. I due spacciatori che erano con lui anziché darsela a gambe lo avrebbero riportato nel suo albergo, sistemato nella sua vasca da bagno e poi sarebbero finalmente fuggiti. Singolare, ma possibile. Basta con i luoghi comuni sugli spacciatori senza personalità!
Anche nel caso di Jim, la pista del paranormale non è stata lasciata imbattuta. Nel libro “Nessuno ne uscirà vivo” viene raccontato come Jim avesse appreso dalla strega Ingrid Thompson a bere il sangue, rito molto diffuso in diverse tradizioni esoteriche. Il cicchetto ematico secondo alcuni rituali è propedeutico alla trasmigrazione dell’anima da un corpo ad un altro. Stazione intermedia del viaggio da corpo a corpo sarebbe un’anfora di argilla chiamata canari.
La digressione esoterica è doverosa per chiarire l’ipotesi del suicidio di Jim in vista di una promessa resurrezione. Il medico di Jim,  infatti, avrebbe dichiarato che il musicista aveva un tumore pineale. Le frequentazioni eccentriche di Morrison sommate al ritrovamento  di un canari nella sua stanza potrebbero rendere plausibile anche la pista esoterica.
Per non far torto alla fantasia di nessuno c’è un’altra versione sulla scomparsa di Jim Morrison che va ricordata. Nel 1986 lo scrittore francese Jacques Rochard,  dichiarò che in realtà l’ex leader dei Doors sarebbe stato vivo e vegeto.  Lui stesso lo avrebbe incontrato diverse volte. Jim gli avrebbe spiegato che aveva inscenato la sua morte per sfuggire alle pressioni della sua vita da divo, per potersi dedicare alla sua passione più grande: la poesia.
Commovente, bisogna convenire!

http://www.gialli.it/la-maledizione-della-j27

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