giovedì 16 gennaio 2014

I “Travagli Spezzati”

Non è bastata l’operazione mediatica e revisionista del famoso film di Marco Tullio Giordana “Romanzo di una strage”, tratto dal libro “inchiesta” del giornalista Paolo Cucchiarelli dove ripropose la vecchia teoria , già ampiamente scartata e archiviata nuovamente tempo fa, sulla doppia bomba (una degli anarchici, l’altra dei fascisti) che provocò la Strage di Piazza Fontana. Ipotesi che ha messo nuovamente in cattiva luce sia Pinelli che Valpreda. Anarchici che la pagarono cara all’epoca per essere stati i primi sospettati della strage: Pinelli la pagò con la vita, Valpreda con tre anni di carcere “preventivo”.
A distanza di poco tempo la Rai mette in onda la fiction su Calabresi, primo film della trilogia “Gli Anni Spezzati” dove viene fatta una pessima ricostruzione storica di quegli anni, stravolgendo i personaggi come il protagonista stesso e inventando dialoghi di sana pianta. E, come se non bastasse, dedicando pochi attimi alla “caduta” di Pinelli, dando così l’impressione che la sua fu solamente una terribile fatalità. Non importa sapere che l’anarchico ferroviere, durante quella maledetta notte tra il 15 e il 16 dicembre, subiva l’ennesimo interrogatorio al limite della tortura. Non importa sapere che si trovava in quella maledetta stanza assieme al commissario Calabresi, i brigadieri PanessaMainardiMucilliCarcuta e anche un ufficiale dei Carabinieri, il tenente Sabino Lograno. Non importa sapere che quando “accidentalmente” Pinelli morì, la moglie Licia non fu nemmeno avvertita dalla questura e lo seppe tramite dei giornalisti. E non importa sapere che allora chiamò Calabresi direttamente in questura, il quale le rispose: "Signora, abbiamo molto da fare!"
Per fortuna, tranne i giornali di destra, c’è stata una grande polemica contro questa fiction. Ma, puntuale come l’orologio, il vicedirettore del Fatto Quotidiano, pieno di livore e “travagli” interiori, scrive un editoriale disgustoso e velenoso intitolato “Il suicidio Calabresi”. Ancora una volta approfitta per attaccare l’ex movimento di Lotta Continua, suo punto fisso, e finalmente si lascia apertamente scappare la sua vera natura di una persona che odia i valori di sinistra. Scrive: “Ma, a leggere la stampa di sinistra di questi giorni, pare che un panorama tutto rose e fiori sia stato improvvisamente e improvvidamente guastato da una fiction brutta e abboracciata, piena di errori storici e scene menzognere..”
Finalmente Travaglio lo ha ammesso: Il Fatto Quotidiano appartiene alla stampa non di sinistra (ma lo hanno capito quasi tutti), ma reazionaria.
Poi continua a dire che la fiction era incompleta perché non hanno fatto vedere i quattro assassini di Calabresi. Scrive che dovevano mettere ben in mostra Adriano Sofri e Ovidio Bompressi per far vedere chi fossero gli assassini, e aggiunge che sono tutti liberi: in realtà dopo anni Bompressi ricevette la grazia (da Napolitano nel 2006, e non daCiampi come ha scritto stupidamente Travaglio) e Sofri ha scontato la galera ben nove dentro, e poi ai domiciliari per il tumore. Oggi è un uomo libero perché ha scontato tutti gli anni, ma per Travaglio “il manettaro” una persona dovrebbe marcire per tutta la vita nelle Patrie Galere. Inoltre tengo a precisare che la verità giudiziaria non è esattamente quella storica: Pinelli per i tribunali è stato colto da un “malore attivo”, anziché buttato dalla finestra; Adriano Sofri, Bompressi e Giorgio Pietrostefani per i tribunali sono stati i responsabili dell’uccisione di Calabresi, ma senza alcuna prova se non la parola del pentito Marino.
Insomma Travaglio ce l’ha con la fiction perché non ha mostrato gli assassini di Calabresi. A parer mio è solo arrabbiato perchè non hanno raccontato di un piccolo, e allora sconosciuto omino, che si dilettava a scrivere al Borghese trascrivendo le intercettazioni di Lotta Continua e senza alcuna rilevanza penale.
Si inizia da piccoli a servire con dovizia gli uomini e donne di Tribunale: al loro posto, lui ci sa stare.

Articolo pubblicato su "Osservatorio sulla repressione"
Foto: IJF/Flickr

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l’incarcerato

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